Fini, Renzi, Bersani: nessuna idea nuova per uccidere l’Italia provinciale

par Francesco Piccinini
lunedì 8 novembre 2010

"Palermo, non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla, perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace, per poterlo cambiare".
P. Borsellino

Alla fine dell’‘800, Francesco De Sanctis invitava ad uccidere “l’uomo guicciardiniano” che c’è in ogni italiano. Penso a questo mentre una parte d'Italia si entusiasma all’ombra dei discorsi di Fini, dei “rottamatori” e di Bersani.

L’Italia affonda economicamente mentre la scena è dominata da una serie di conflitti interni e beghe tra prime donne. Mentre si parla di Ruby, di Minzolini, di Masi e di Nadia, lo spread con i titoli di stato tedeschi cresce, la disoccupazione giovanile aumenta e vengono tagliati i fondi per le università.

La “colpa” di tutto questo è, ovviamente, Silvio Berlusconi: male assoluto e rovina dell’Italia. Chi mi legge sa che il nostro Presidente non è in cima alla mia lista delle preferenze ma non credo neanche che sia il solo responsabile della deriva del nostro paese. Come ho scritto nel mio precedente articolo il premier ha semplicemente cavalcato il seme del "consumismo laico" che pervadeva l’Italia postboom. Le televisioni commerciali, che solo una furbata tutta italiana ha trasformato in “berlusconiane”, l’hanno fatto germogliare e crescere. La sinistra, smarrita dalla fine del comunismo, perdeva la sua “terra promessa” e, invece di guardare avanti, si arroccava su vecchi miti (vedi Berlinguer). Si cercava, così, di tenere unita e stretta a sé la sua base dimenticando, completamente, che il ruolo della politica non è quello di ricordare il passato ma governare per e nel futuro.

Senza un progetto, senza un’idea, senza un obiettivo (che non fosse quello di opporsi a Berlusconi) la sinistra ha perso, lentamente, la sua base. Alle persone, agli operai, a quello che una volta veniva definito proletariato, poco importa delle frequentazioni del Presidente del Consiglio o di Masi: il suo contratto collettivo nazionale è un argomento, per lui, molto più importante, perché la rata del mutuo non la paga Minzolini. Montale diceva “con Dante non ci pago il salumiere”. Anche se, forse con Ruby...

In questo mare magnum di mancanza di visione è emersa una categoria quasi “sanfedista” che vive di antiberlusconismo e che, in fondo, alimenta il berlusconismo stesso. Fuori da questa dicotomia da stadio non è nata nessun’Italia, o meglio è nata ma lontano dai confini nazionali e fuori dai grandi media.

Un’Italia che non crede nei discorsi di Fini e non crede in Bersani, un’Italia che immagina Vendola Presidente del Consiglio ma lo fa sedere a tavola con la Merkel, Obama e Cameron e vede che il confronto non regge. Un’Italia che non è provinciale (l’uomo guicciardiniano guarda al proprio particulare) e che vede le dinamiche interne come il peggio della grettezza culturale.

Chi legge AgoraVox sa che questo non vuole essere un discorso personale, nonostante a Parigi, a solo 26 anni sia diventato docente titolare di cattedra e a 28 ne avevo già tre ma uno stimolo al cambiamento. Vuole essere un discorso che riguarda la sinistra e i cervelli che ha lasciato fuggire. Il nostro paese è riuscito a far scappare quasi tutte le teste pensanti giovani e sono rimaste quelle "provinciali".

G.R., ad esempio, 30 anni ricercatore. In Italia sarebbe ancora considerato un giovane (probabilmente disoccupato), mentre nella sua Boston fa ricerche al MIT con un Premio Nobel per l’Economia. G. R. è di sinistra: siamo sicuri che l’Italia non avesse bisogno anche di lui? Siamo sicuri che questo PD, questa Sinistra e Libertà, incapaci di elaborare una visione economica dell’Italia non ne avessero bisogno?

Perché anche Reagan, uno dei Presidenti con meno esperienza politica della storia di quel paese, ha preso nel suo staff Krugman (un neokeynesiano), mentre da noi gli staff sono nominati in base alle amicizie di turno? Reagan prese Krugman per l’economia e Prodi Mastella per la Giustizia.

E di chi è la colpa? Di Berlusconi? O della sinistra casta/baronale che guarda al suo piccolo orto e preserva le dinastie sempre meno colte e sempre più provinciali?

Adoro il provincialismo italiano, quello che non è aperto al futuro. Quello che guarda al Web come un giocattolo, alle rinnovabili come qualcosa che richiede tempo e alla cultura come un bene secondario. Tim Berners Lee, inventò il protocollo WWW in Europa, al CERN, ma i suoi superiori italiani gli dissero di “lasciar stare quelle cose da ragazzi e concentrarsi sulle cose serie”. Il MIT convocò M. Barners Lee e gli propose di sviluppare l’idea lì… Il resto è storia.

Siamo il paese che taglia i fondi alla ricerca, un paese tanto ignorante da dimenticare che Google e Facebook (il primo e il secondo sito al mondo) sono nati rispettivamente a Stanford ed Harvard. Un paese tanto ignorante da non ricordare che Google ha 23 mila dipendenti (5 volte la Fiat di Pomigliano) e 23 miliardi di dollari di revenue (se Tremonti capisse che Google vale quanto una finanziaria…). Facebook vale 25 miliardi di dollari di valore e 1 miliardo e cento milioni di revenue. Bastano questi due soli dati a giustificare la necessità di non tagliare i fondi alle Università?

L’Italia che vuole tornare ad avere un ruolo deve richiamare a sé i suoi giovani che sono in giro per il mondo, riportarli a casa e metterli intorno ad un tavolo a elaborare le politiche per il futuro. Un politico serio dovrebbe dire queste cose, richiamare a sé il meglio dell’Italia e non crogiolarsi tra lacché ossequiosi. Un vero leader non ha paura delle voci contrarie… Un vero leader non è un re. Un leader, oggi, deve proporre innovazioni economiche e non, solo, stantie forme di welfare da anni '70, copiate (male) da una socialdemocrazia nordica (per poi spacciarle come conquiste).

Il resto è la storia di un paese che dilapida le sue intelligenze e dedica mesi a case a Montecarlo, puttane, ballerine e direttori di rete. Un paese affossato nel provincialismo. Un paese che se G.R. tornasse domani lo guarderebbero dall’alto in basso… Perché non scrive sui siti “cool”, perché non vive di Santoro, perché la sua biblioteca non è fatta da Chiarelettere, perché “chi è questo G.R.”? Però vi do un consiglio, chiamate la Casa Bianca, chiedete a Obama chi è G.R. e sapranno rispondervi perché lui e il suo staff, al laboratorio di G.R. vanno a cercare le idee per gli USA del futuro.


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