Finanziamento ai partiti: l’imbroglio continua

par paolodegregorio
lunedì 3 giugno 2013

Siamo alle solite! La Casta politica compatta, dopo essersi messa sotto i piedi il risultato del Referendum popolare del 1993 che aveva deciso l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, con incredibile disprezzo per il “popolo sovrano”, oggi con il governo dell’inciucio tra PD e PDL, spinta dal bisogno di togliere argomenti al M5S, fa finta di abolire i rimborsi elettorali (prendendosela comoda, non prima del 2017) e attivando un meccanismo del 2 per mille, simile all’8 per mille riservato alle religioni, sempre prelevato dalle tasse dovute allo Stato (come se questo non fosse finanziamento pubblico). 

Per prima cosa vorrei sottolineare che sia i partiti che le Chiese sono soggetti privati che vivono del consenso dei loro iscritti o fedeli e la vera misura di questo consenso si può misurare solo lasciando totale autonomia a queste organizzazioni, che devono dimensionare le loro spese rispetto a quanto ricevono in offerte dai loro adepti che per tali contributi non devono beneficiare di nessuna agevolazione fiscale.

Gli uffici dell’erario non devono più erogare alcun servizio a questi soggetti e, nell’immediato non devono più perpetrare l’imbroglio di assegnare denaro per conto di chi non ha fatto esplicita dichiarazione (l’8 per mille) che sono la maggior parte dei contribuenti.

Come ignobile scusa si argomenta che la politica ha dei costi, e che senza finanziamenti pubblici le elezioni le vincerebbero solo quei partiti che hanno dietro i miliardari.

Anzitutto questa è una clamorosa bugia di fronte al fatto storico che un piccolo movimento, senza soldi né televisioni, ha preso più voti di Berlusconi, miliardario e con le televisioni. Se si trattasse con gente in buona fede e sinceri democratici, basterebbe stabilire che la politica, per tutti, non deve avere costi, se non quelli coperti dalle offerte degli iscritti, vietando la propaganda attraverso manifesti e spot televisivi, e permettendo solo il porta a porta sul territorio del proprio collegio e comizi in spazi gratuitamente messi a disposizione dai Comuni.

La regola, severa per tutti, garantirebbe la presenza degli aspiranti deputati e senatori sul territorio per capire i problemi dei cittadini, invece di quelle inutili risse nei salotti televisivi (che tra l’altro rendono visibili i soliti noti), che ci hanno offerto un servizio politico di bassissima qualità, visto che la maggior parte dei politicanti attuali non ha nemmeno individuato le cause della crisi, le sue ragioni, e tanto meno sanno come uscirne.

Un’altra indecenza della nostra improbabile democrazia è quella del finanziamento pubblico all’editoria, che tiene artificialmente in vita giornali e riviste anche senza lettori, a spese dei cittadini, fattore che rende difficilissimo l’emergere di nuove avventure giornalistiche, eccettuato il miracolo de Il Fatto quotidiano che è l’unica testata ad aver rinunciato volontariamente a qualunque contributo pubblico.

Invito tutti ad avere particolare riguardo e considerazione per gli unici in Italia che non approfittano dei soldi pubblici: il M5S e il Fatto Quotidiano.


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