Fiat: all’estero le grandi produzioni

par RobertaLemma
martedì 30 giugno 2009

Fare della strategia aziendale è difficile di questi tempi, soprattutto considerando che le aziende e il loro futuro, come le loro scelte imprenditoriali, dipendono dalla scacchiera internazionale, dal pericoloso gioco politico, dal mantenere i giusti rapporti ed equilibri.

Non si tratta di produrre bene, mantenendo costi e prezzi competitivi per poi vendere all’estero la propria produzione, no, nell’economia, come in tanti altri settori, la patria non trova più spazio, solo il pensiero è fare retorica, demagogia, solo il termine è superato, obsoleto, non più competitivo.

Bisogna sottostare alla legge del potente altrimenti ti tagliano fuori dal mercato, non ti fanno più vendere nemmeno uno spillo, ti fanno terra bruciata tutt’attorno.

Il comitato Interministeriale per la Programmazione Economica ha stanziato 300 milioni di euro per Pomigliano. Marchionne insiste: «Fiat punto fermo di questo Paese».

Vi racconto una storia.

Un signore due mesi fa, spinto dagli incentivi e da qualche soldo messo da parte, decide di rottamare la sua auto euro 2 con una nuova Fiat punto.

Eravamo nel mese di aprile, fine aprile.

Sceglie la sua bella auto, rigorosamente Fiat perchè, questo signore, ci tiene al made in italy, ci tiene a dare una mano ai suoi connazionali in un difficilissimo momento di crisi, lui che ora è in pensione sa cosa vuol dire la cassa integrazione, la paura di perdere il posto, il terrore di non poter pagare le bollette o l’affitto di casa.

Tutto concordato: il colore, gli optional e tutto il resto. Domanda il signore: - quando sarà pronta?

Questo l’epilogo.

Questo signore, molto determinato e giustizialista vive a Prato ed ora è in pensione.

Gli ultimi anni della sua vita lavorativa sono stati costellati di difficoltà ed umiliazione: lui lavorava nel tessile. La pregiata stoffa pratese che viaggiava in tutto il mondo rifornendo i laboratori. Dopo anni e anni di duro lavoro con turni di notte, ha vissuto l’inizio della fine. Dapprima son venuti a mancare le ore di straordinario, poi i turni di notte, poi il ridimensionamento del personale e infine la chiusura. Il tessile, come tutta Prato, era stata conquistata dalla Cina con furore.

Per questo ora voleva acquistare una Fiat, per dare un contributo, un aiuto agli operai in crisi e invece, scopre che la macchina più richiesta della Fiat non la producono in Italia.

Si giustificano così:

la Fiat non può non cedere agli accordi e alle pressioni dei potenti, se rifiutasse gli accordi non potrebbe vendere più all’estero. Dovrebbe, questa giustificazione, spiegare e rasserenare le tute blu?

E alla domanda se Fiat sarà disposta ad emettere bond per il mercato istituzionale o retail, Marchionne annuncia che «siamo disposti a fare tutti e due, o un misto. Poi con i tassi di interesse che ci sono in giro in questi giorni sarebbe un affarone per tutti».

L’alleanza Fiat-Chrysler si concentra sul piano-prodotti e già nel weekend potrebbe essere deciso dove verrà realizzata in America l’auto simbolo dello sbarco degli italiani negli Usa, la Fiat 500.

Davvero non potevamo trattenere in Italia la produzione delle auto Fiat più richieste qui e all’estero?

No.

Perche l’economia, come la politica, come le case farmaceutiche e tutto il resto non rappresentano più il bene della nazione, ma merce di scambio per allargare il potere e il giro d’affari anche a costo di ghigliottinare i propri connazionali.

Roma, 27 giu - Il ministro Rotondi è uno dei cinquemila italiani che hanno ordinato la Fiat 500 cabrio.

Peccato che questi 5000 italiani non hanno contribuito ad aiutare le nostre tute blu vittime, del sistema capitalista e della globalizzazione.


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