Fertility Day e propaganda | La fertilità è un bene comune? Una prospettiva storica

par Silvia Chiletti
venerdì 2 settembre 2016

Davanti alla campagna per il #fertilityday, in tanti - giustamente - hanno parlato di un ritorno al passato. L’esempio più immediato, il collegamento con la propaganda fascista, dovrebbe, per lo meno, aver fatto riflettere chi ha avuto questa bella trovata. 

C’è una sorta di choc del non riconoscersi nelle attuali coordinate spazio-temporali. E questo choc ha toccato anche me. 

Al di là del paragone con il ventennio fascista, mi è capitato spesso, infatti, di avere tra le mani documenti delle campagne nataliste e popolazioniste di fine Ottocento e inizio Novecento. Così come spesso accade quando guardiamo cose che sono lontane da noi, mi potevo permettere il lusso di guardarli con un certo distacco, quasi divertito, rassicurata dal progresso della scienza e della condizione delle donne.

Li leggi e dici: "Pensa te che tempi... ora però, per fortuna, abbiamo capito che il ruolo della donna non è per forza quello della madre di famiglia, che fare figli è una scelta e non un dovere, e che il dovere di fare figli è spesso imposto da una cultura che non si fa problemi a chiamare biologia quello che biologia in realtà non è". 

Il destino biologico della donna…. Esiste? No. È la biologia stessa ad avercelo detto più di una volta. 

Nel cosiddetto Piano Nazionale per la Fertilità, leggo però che la denatalità penalizza il welfare, perché non permette il ricambio generazionale. Questo è allora il punto. Non la biologia ma l'economia. 

Ma se così davvero fosse (ed è lecito discuterne), perché solo le donne dovrebbero farsi carico di risanare il welfare di un intero paese? Perché dovrebbero mettere a disposizione il proprio corpo per il bene comune?

Le immagini aberranti promosse dal Ministero dell Salute, che incitano le donne «a darsi una mossa» sono state, giustamente, ampiamente respinte e derise dalla rete. 

Al di là delle immagini, anche il testo del Piano Nazionale per la Fertilità è ricco di slogan. 

«Difendi la fertilità!». Leggo. E subito mi ritorna quello choc che non mi fa più capire dove sono e chi mi sta parlando. 

Io posso difendere le mie scelte e i miei principi e, nel caso, se sono una persona compassionevole, posso difendere una persona in difficoltà o un amico/a. "Difendi la fertilità" è già, di per sé, una frase senza senso.

Ma mettiamo che un qualche senso lo abbia, non spetta a me cittadino/a difendere qualcosa che è e deve restare una scelta. Semmai posso prendermene cura, per me stessa, nel caso desideri avere figli, e per ciò mi serve solo la possibilità di disporre di un'informazione corretta, di servizi sanitari adeguati, di condizioni economico-lavorative che mi permettano di poter crescere dei figli. BASTA. 

"Difendi la fertilità. Per te". Se voglio, sì. Sennò no (Vedi sopra). In ogni caso, non è un mio dovere di cittadino/a mettere in gioco il mio corpo e la mia salute per il bene della comunità. Questo si chiama martirio. Ed è un'altra cosa. 

"Difendi la fertilità. Per noi". Noi chi? Noi giovani? Noi ministri? Noi italiani?… Tutti uniti nella difesa del bene comune nazionale! Sembra davvero una retorica di guerra. 

"Difendi la fertilità. Per tutti". Davvero? Tutti tutti? Tutti tutti tutti? 

Nei documenti storici che ero solita leggere si incitavano le donne francesi a riprodursi per rinvigorire l'esercito patriottico, in vista della vendetta contro i cattivi tedeschi. «Tutti» quindi vuol dire: «i francesi sì, i tedeschi no».
Si coltivava il mito della madre borghese, angelo del focolare, mentre si cercava di far fronte all'ondata di proletari che figliavano come conigli e minacciavano la società degenerandone le virtù. I borghesi quindi sì, i proletari no
Si incitavano le donne bianche a mettere al mondo dei bei bimbetti bianchi, perché le donne nere, si sa, hanno già troppi figli. I bianchi quindi sì, i neri no. 

La storia ci ha insegnato molto bene che la "difesa della fertilità" non è per tutti, ma per alcuni. E che non è un bene comune, ma il bene di una parte. Una parte piccola e timorosa, che spesso si ostina a ritornare sul proprio passato per non aver saputo trovare una soluzione migliore. 

PS. Si è saputo nel frattempo che il Ministero della Salute ha ritirato la campagna, annunciando di voler rivedere gli spot. Mi sembra il minimo. Mi auguro che sappiano rimediare al tempo che ci han fatto perdere per ribadire dei punti che dovevano essere ben chiari almeno quarant’anni fa. 

 

https://www.histoire-image.org/etud...

https://books.google.it/books?id=QA...

https://books.google.it/books?id=Z1...


Leggi l'articolo completo e i commenti