Femminicidio: un fenomeno tutto italiano

par Antonella Policastrese
martedì 26 agosto 2014

Più di 120 donne uccise dal proprio partner. Una ogni due giorni. Una mattanza perpetrata su corpi di donne che non accenna a placarsi. Una furia che si traduce decapitando le proprie vittime, come successo a Roma, in una villetta dell'Eur. Casi di morte da arma bianca o tramite arma da fuoco ne succedono così tanti che sembra normale aprire un giornale e trovare episodi di mogli come Mary Cirillo, freddata dal marito, o come il caso di una coppia di Nuoro conclusasi con il suicidio dell'uomo, dopo aver giustiziato la propria donna.
 
Ciò a cui assistiamo sono delle esecuzioni in piena regola espressione della forza e della capacità, da parte dell'uomo, di centrare un obiettivo da realizzare, o delusioni da eliminare. Come dire, si aggredisce il problema di una moglie che non vuol sottostare per far valere la volontà dell'uomo frustrato ed abbandonato, modificando la situazione a proprio vantaggio. L'arma utilizzata dunque diventa il simbolo di un conflitto, dove a prevalere è la voce del più forte che afferma prepotentemente il proprio diritto e la propria vittoria, perché si ritiene nel giusto. Una mentalità integralista in un Occidente ormai in crisi di ideali che non riesce più a trovare la giusta rotta e pensa che la giustizia sia un fatto privato, da risolvere tra i diretti interessati. Giustizia che viene compiuta tra le mura domestiche, al riparo da occhi indiscreti, dove l'unico giudice diventa un marito o un compagno, pronto ad emettere il verdetto ed eseguire, seduta stante, la pena da infliggere.
 
Una faida che non preoccupa nessuna istituzione se, nonostante l'allarme sia altissimo, le riforme da attuare riguardano una giustizia che deve attrarre gli imprenditori e togliere le castagne dal fuoco ad un Cavaliere, padre ispiratore di un Presidente del Consiglio che evidentemente non avverte la recrudescenza di un fenomeno così abietto e vile. Eppure la squadra governativa è formata da una pletora di donne che evidentemente avvertono la necessità di dimostrare la loro preparazione legando il loro nome a codicilli legislativi, ignorando il diritto delle "ultime". Sì, delle "ultime", ossia delle donne divenute ostaggio nelle mani di uomini perversi, frustrati, schiavi di se stessi, che trascinano nel loro fallimento chi gli vive accanto. Una pratica simile a quella che si attuava in India, quando le donne dovevano essere immolate alla morte del marito.
Uno status, quello delle donne nell'opulento Occidente, da non fare invidia a quanto avviene in India attualmente, dove ancor oggi le donne continuano a subire violenze sessuali, sfregiamenti con l'acido, uccisioni per accaparrarsi la dote, quando non vengono costrette a prostituirsi da trafficanti e sfruttatori. E che le cose non siano dissimili dalle nostre parti, lo ricorda il fenomeno delle baby prostitute, ragazzine appena tredicenni finite in pasto ad uomini che contano, che non hanno esitato a comprarsi il loro corpo, ignorando volutamente che quelle bambine potessero avere l'età delle loro figlie. Una situazione al limite, che pur tuttavia ripropone ogni giorno che passa una terribile verità: in un clima di violenza celata per via di una crisi che ha eroso il significato del rispetto tra gli individui, è venuto meno il rispetto di generazioni di uomini e donne sempre più vessate, maltrattate, ignorate, ridotte al rango di schiavitù. Di cosa meravigliarsi se uomini barbuti che rappresentano i talebani, terrorizzano, sottomettono, uccidono? Una vera indecenza. Tutto si consuma nell'indifferenza, mentre ogni giorno che passa la lista delle morte ammazzate in Italia si allunga.
 
 

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