Federico Aldrovandi: quanti gradi di giustizia esistono?

par Samanta Di Persio
sabato 30 marzo 2013

Ma quanti gradi di giudizio esistono in Italia?” Sono le parole di Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, dopo aver appreso la notizia degli arresti domiciliari per l’agente Monica Segatto. Per arrivare ad una sentenza della Cassazione, che ha confermato la pena per gli assassini di un ragazzo di 18 anni, c’è voluto il coraggio, la forza di Patrizia, Lino e di chi ha sempre creduto che Federico era stato ammazzato. Dopo il fatto, le indagini sono state affidate alla polizia, inquirente e indagato coincidevano ed infatti nei primi mesi: depistaggi, fascicoli vuoti, indagini lente.

Nel 2012, dopo 7 anni, la condanna definitiva: tre anni e sei mesi (tre anni rientrano nell’indulto) quindi sei mesi. Da una parte un ragazzo di 18 anni che non tornerà mai più a casa, dall’altra uomini in divisa che violano le leggi, sulle quali prestano giuramento,che vengono condannati a scontare una pena insignificante. Ma l’orrore non finisce con una sentenza ingiusta, continua: il sindacato Coisp si è presentato sotto la finestra dove lavora Patrizia con un cartello sul quale c’era scritto: “La legge non è uguale per tutti”. Già, la legge non è uguale per tutti.

Le norme in materia di sospensione delle forze di polizia sono chiare: l’articolo 8 all’art. 8 del D.P.R. 737/1981 prevede la destituzione di diritto  per condanna, passata in giudicato, che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. L’estinzione del rapporto di lavoro o di impiego può essere pronunciata a seguito di procedimento disciplinare. Il procedimento disciplinare deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare.” La sospensione dal servizio e la destituzione vengono inflitte a seguito del giudizio del consiglio centrale o provinciale di disciplina (poliziotti che devono decidere l’allontanamento di altri poliziotti, quindi mai sospesi nemmeno dopo la sentenza di primo grado, sic!).

C’è qualcosa di inspiegabile che è accaduto nella nostra società. Ognuno si arroga il diritto di poter interpretare qualsiasi fatto in maniera soggettiva. Non esistono più le sentenze, non esiste più l’oggettività della magistratura, non esistono più le leggi: c’è chi può non rispettarle, c’è chi decide se andare o meno ad un’udienza dove si dibatte per la propria innocenza o colpevolezza. Un Paese affetto da follia. Ci sono madri che piangono i loro figli perché sono stati ammazzati da chi dovrebbe rappresentare lo Stato e dovrebbe dare il massimo esempio del rispetto delle leggi italiane.

Le parole di Haidi Giuliani, intervistata per il libro, “La pena di morte italiana“, oggi ancor di più, dovrebbero essere seriamente prese in considerazione da chi ha un ruolo di dirigenza nelle forze di polizia:

E’ possibile che una persona, lavorando all’interno della polizia, non si trovi mai ad assistere a comportamenti scorretti? No, non è possibile. Se ciascuno denunciasse responsabilmente ogni irregolarità, ogni abuso, ogni prepotenza, tutto questo non sarebbe avvenuto, non sarebbe esistito. Ma si sa: una mano lava l’altra; si sa: tutti hanno famiglia, tutti hanno paura delle ritorsioni, di compromettere le proprie possibilità di fare carriera, o peggio, di perdere il lavoro. Così si comincia a chiudere un occhio, poi entrambi e si finisce per sentirsi dire: “I poliziotti sono dei bastardi” E’ sempre sbagliato generalizzare: bisogna guardare al comportamento di ognuno ed evitare i giudizi sommari; tuttavia conosco parecchie persone che, ormai, quando vedono una divisa cambiano strada (…) Nelle testimonianze delle persone che hanno subito violenze a Bolzaneto si legge che alcuni agenti hanno avuto un comportamento “più umano”; però poi quegli stessi agenti non hanno denunciato le violenze cui hanno assistito. Questo non è soltanto corporativismo, questa è omertà. Con l’omertà non si riconquista la propria dignità.

Ps: ho meditato molto sulla scelta della foto, avrei voluto mettere una foto sorridente, ma poi mi sono detta : “C’è qualcuno che ancora non ha capito e allora è il caso di non dimenticare mai il volto di Federico dopo il pestaggio da parte delle forze dell’ordine”


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