Farage, Farage, Farage. E Farage fu

par Fabio Della Pergola
venerdì 13 giugno 2014

Come sempre la battaglia di sinistra è quella più difficile.

Storicamente lo è sempre stata perché i potenti sono forti e sono di destra; culturalmente la battaglia di sinistra è sempre stata succube di ideologie che di sinistra non erano (anche quando i popoli marciavano dietro e sotto stuoli di bandiere rosse al vento) e, tanto per non farsi mancare niente, antropologicamente la sinistra si trova da sempre nella difficilissima situazione di dover sviluppare le identità (sociali, politiche, collettive e anche individuali) di ognuno.

Con tutte le difficoltà che comporta comporre un’identità collettiva quando le teste pensanti sono tante e tutte convinte delle proprie ragioni. Molto più facile la vita della destra che si affida a un solo capo e chi si è visto si è visto.

Più o meno è così e lo sappiamo bene e il risultato è sotto gli occhi di tutti; ci sono due notizie oggi, una peggio dell’altra: Corradino Mineo, parlamentare dell’area civatiana del PD, sostanzialmente defenestrato in men che non si dica da i’ Bomba di Rignano o da qualcuna delle sue Renzettes in stivali tacco 12 e frustino. Civati è indignato e ha ragione, ma non c’era da aspettarsi molto di più da chi si è sbronzato di voti, senza saper reggere l’alcool.

Sull’altro fronte della contemporanea destra cammuffata da qualcos’altro (in attesa che quella vera si riprenda dalla propria catastrofe psicologica del collasso del proprio Capo) abbiamo assistito in casa Cinquestelle all’ennesima pagliacciata travestita da “consultazione democratica della base”. Che ha deciso quello che doveva decidere: sì all’UKIP di Nigel Farage, il populista più becero della destra xenofoba inglese. Meno di venticinquemila militanti della grillobase hanno deciso. Come ha commentato uno dei delusi sul blog del Megafono «Sorprendente: tra l'opzione Farage, Farage e Farage, ha vinto... Farage». Complimenti.

Ora è chiaro a tutti che fra una destra renziana e una grilliana, le opzioni delle componenti di sinistra dell’uno e dell’altro fronte dovranno pur darsi una svegliata.

Sul fronte PD è necessario che i 14 parlamentari che si sono autosospesi si decidano ad articolare un gruppo decisamente più compatto, più visibile, più combattivo. E sul fronte M5S, oltre ai già defenestrati, sarebbe utile che quelli un po’ più svegli si decidessero a rendersi conto che chi dice di essere “oltre la destra e la sinistra” si scopre alla fine che cinquetta con Farage. Avete bisogno di altro? Non è quello che vi si dice da anni? La volete smettere con l’aria di indignato stupore ogni volta che vi si ricorda l’insulsa sciocchezza di questa affermazione?

Ora c’è da guardare a Livorno, dove il sol dell’avvenire è tramontato, ma dove da dietro le colline potrebbe essere sorto un pallido sole meno roboante, meno esaltante, meno messianico e un po’ più pragmatico. Un solicino capace di guardare agli altri con meno supponenza e che forse potrebbe diventare attrattivo per una sinistra senza partiti né rappresentanza politica che ha una sua identità troppo forte per accontentarsi di Renzi, Grillo o anche di Tsipras, ma che non disprezzerebbe una sinistra umana e intelligente, pragmatica ma dialogante, costruttiva senza decisionismi, unitaria senza censure o arroganze e utopistica quanto basta per ricordare a tutti che i 100 uomini più ricchi del pianeta detengono la stessa ricchezza dei tre miliardi e mezzo più poveri. Cui è sottratta a priori qualsiasi possibilità di partenza per potercela fare (che è roba di destra, casomai qualcuno non l'avesse ancora capito).

Perché, sembra strano doverlo dire, ma questa è l’ingiustizia più clamorosa di cui ogni tanto la sinistra si dimentica, mettendosi ogni volta a discutere con la stessa verve dei capponi di Renzo Tramaglino.

 

 


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