Facci non ci sta: gli applausi ai funerali, abitudine spaventosa

par Nicola Spinella
martedì 6 marzo 2012

La firma di "Libero", "Il Riformista", e "Il Foglio" consegna al suo blog un pensiero contro l'usanza tutta italiana di applaudire ai funerali. Ma a ben vedere, gli altri non stanno meglio di noi...

Una bara. Dentro potrebbe esserci chiunque. Un militare caduto in guerra, un sacerdote che si è opposto alla mafia, un cantante che ha interpretato i nostri sogni. Chiunque. Dinnanzi alla morte, in fondo, siamo tutti uguali. 

Il feretro lascia la chiesa, dove la comunità dei fedeli ha espresso il proprio cordoglio, nel corso della cerimonia funebre. Lascia la chiesa, in uno scroscio incessante di applausi. C'è chi dice sì. C'è chi dice no. Filippo Facci è tra questi.

Tendenzialmente potrei anche pensarla come l'autore dell'articolo, benché non consideri l'applauso come il motivo principale per vergognarmi di essere italiano (la classe dirigente è ampiamente avanti...), così come espresso dalla penna di Libero e tante altre testate.

Non ricordo di aver applaudito ad un funerale ma se l'ho fatto era per sfogare quella rabbia di non poter più prendere con quelle mani il caro estinto. Nel battere quasi con ferocia quelle mani, c'era tutta la voglia di abbracciarlo, toccarlo, fargli sentire col tatto l'affetto che provavo per lui. Sarebbe certo auspicabile un raccoglimento meditativo, ma in fondo il dolore si vive in maniera estremamente personale. Come la spiritualità: è intima ed interiore e nessuno deve permettersi di criticarne gli aspetti.

Pensiamo anche al funerale del marine citato dall'autore: se qualcuno applaudisse i funerali diventerebbero due, dice giustamente Facci. E con essi raddoppierebbero anche i funeral party.

Perché loro usano così, bevono alla salute del trapassato. A rigor di logica, dovremmo considerarlo un orrore perché troppo distante dalle manifestazioni canoniche del dolore. Veniamo da una storia che ci ha consegnato le prefiche, professioniste del dolore esibito. Eppure a nessuno verrebbe in mente di scomodare la storia per criticare l'usanza di pagare qualcuno che piange un morto. 

Come dire, sulle ali di quel frastuono il nostro beniamino (musicale, cinematografico, religioso) raggiunge il buon luogo che noi tutti speriamo ci sia dopo la morte.

Tra le tante libertà che mancano, godiamoci almeno quella di poter soffrire per i nostri defunti nella maniera (legittima e civile!) che riteniamo più opportuna. Non vorremmo che Supermonti tassasse pure il dolore funerario. Che poi, un applauso, fa male solo ai detrattori di colui al quale è diretto. Ed ai bambini che dormono in chiesa, tra le braccia dei genitori...


Leggi l'articolo completo e i commenti