Eurocentrismo delle lacrime

par Resistenza Internazionale
sabato 31 dicembre 2011

I giornali occidentali e tra questi in prima fila quelli italiani hanno dato l’ennesima prova di qualunquismo in occasione della morte di Kim Jong Il, il dittatore Nord coreano.

Della Corea del Nord si sa poco, ma non così poco da giustificare la crassa ignoranza dei nostri media – ignoranza che spesso viene usata come
giustificazione per fare propaganda da bassa macelleria. Bruce Cummings, uno dei massimi esperti viventi di Corea, aveva già criticato veementemente sulla London Review of Books di qualche tempo fa il pressapochismo e la mancanza di analisi serie sul regime di Pyongyang. La situazione non
sembra esser cambiata negli ultimi anni.

Quasi tutte le testate giornalistiche hanno usato la morte di Kim per farsi beffe di un paese intero e del suo popolo. I pianti isterici dei nordocoreani son stati invariabilmente descritti attraverso due parallele linee esplicative:

-Il regime costringe la popolazione a manifestazioni pubbliche di contrizione e lutto; e/o il regime ha creato una cappa culturale insostenibile ed i cittadini sono talmente instupiditi da piangere un dittatore.

- Il sottinteso è che scene di questo genere, nei paesi occidentali, non succedono. I giornalisti ridono beffardi delle lacrime della gente per quello che viene definito “l’imperatore rosso” (copyright La Repubblica, 29-12-
2011). Ci sarebbe molto da dire sulla reale ideologia nord-coreana, ma Cummings lo fa già brillantemente nel suo pezzo. Né ho intenzione di difendere o giustificare un regime dittatoriale e che ha clamorosamente fallito portando una nazione moderatamente sviluppata – fino a 40 anni fa più ricca della Corea del Sud – nella miseria nera.

Quel che qui importa è la supponenza di certa stampa. Nulla si sa della cultura confuciana e delle tradizioni dell’Asia, ma le lacrime bastano per dare giudizi impietosi sul sottosviluppo culturale e sull’atmosfera da
grande fratello (orwelliano) che si respira a Pyongyang.



Peccato che le stesse considerazioni si possano tranquillamente estendere ad altri esempi che poco hanno a che fare con la dittatura comunista. Ai funerali di Giovanni Paolo II hanno partecipato decine di migliaia di persone e centinaia di migliaia hanno pregato in tutto il mondo per la sua anima. Si dirà, normale per un leader spirituale – anche se naturalmente nel confucianesimo la differenza tra leader politici e spirituali è assai sottile.

Nel 2003 diecimila persone hanno partecipato ai funerali di Giovanni Agnelli, ed altre svariate migliaia sono sfilate nella camera ardente, ed un numero simile ha reso omaggio a Mike Buongiorno. Pure peggio andò con la morte di Lady Diana, che scatenò una isteria di massa durata per giorni e giorni nel Regno Unito. Sia chiaro, non c’è nessuna intenzione di mettere sullo stesso piano il papa polacco, Agnelli e Kim Jong Il.

Ma vale la pena di capire come mai, agli occhi di certa stampa, esistono lutti di serie A e di serie B. E soprattutto di capire perché decine di migliaia di persone si sentano coinvolte in un fatto estremamente privato – ed è
sicuramente più privata la morte di un industriale in pensione che non di un presidente in carica.

Nel caso coreano si dà per scontato il lavaggio del cervello. Siamo sicuri che non sia lo stesso anche dalle
nostre parti?

 

(di Nicola Melloni)


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