Etica del lavoro: una risposta necessaria
par Aldo Giannuli
giovedì 12 maggio 2016
A proposito del mio pezzo “Non c’è sinistra senza etica del lavoro” (nel quale accennavo alla questione delle molestie telefoniche per promozioni commerciali) una lettrice mi scrive:
<<Caro Professore,⨠sono una di quelle ragazze che purtroppo “le rompe le scatole ad ogni ora con annunci commerciali”, lavorando io in un call center per 7,20 euro l’ora netti… mi dispiace averLe arrecato tanto disturbo. Mi rendo conto di aver cosi’ disturbato il suo duro lavoro usurante di docente universitario, che, mi illumini, è composto di quante ore in aula ad anno accademico (8 mesi) ? 80? 60? Vero poi le tesi (di cui si occupano gli assistenti) e le faticosissime due ore di ricevimento a settimana (con magari un faticosissimo cartello da scrivere sulla porta “il docente sospende il ricevimento per motivi accademici fino al 2019”), e le durisdime sessioni d’ esame… come vede l’universita’ la frequento un po’. Sa com’e’ i soldi guadagnati al call center mi servono per pagarmi gli studi. A 25 anni vivo ancora con i miei genitori (un operaio ed una casalinga). Prima di parlare di lavoro, cominci a lavorare…>>
Trattandosi di un intervento di particolare maleducazione (come spiego più avanti) avrei potuto semplicemente cancellarlo, ma ho preferito tenerlo e commentarlo, perché mi sembra un interessante documento di costume, che dice cosa hanno in testa una parte dei giovani di cui la nostra arrogante signorina può essere ritenuta un interessante esemplare.
Si tratta di un intervento disinformato, di rara ignoranza e ineducazione. Vengo al merito:
La disinformazione: la signorina ignora quali siano gli obblighi di un docente universitario che non sono solo quelli delle ore del corso o le tesi, ma includono anche la preparazione delle lezioni, le riunioni degli organi accademici, gli adempimenti burocratici che sono molti di più di quelle che lei immagina, i laboratori, esami, sedute di laurea (ora ci sono solo quelle di biennale), il ricevimento degli studenti, la risposta alle loro eventuali mail che, nel periodo del corso, sono quasi quotidiane e poi, scrivere libri e saggi, organizzare o partecipare a convegni e seminari eccetera. Poi forse, alla signorina, che tradisce una cultura di tipo para leghista, scrivere libri e saggi o partecipare a convegni ecc. può sembrare che non sia un lavoro, o un lavoro degno di questo nome: ogni bifolco lo pensa.
Poi ovviamente, c’è chi ottempera agli obblighi e chi non lo fa, c’è chi scrive e chi non scrive, chi prepara la lezione e chi non la prepara, chi fa ricevimento e chi mette il cartello “ricevimento sospeso per i prossimi tre anni”, chi risponde alle mail degli studenti e chi nemmeno le legge, c’è chi studia e chi non studia. Tutto vero e spesso ho denunciato, anche su queste pagine, i troppi abusi dei miei colleghi e il livello deplorevole della didattica, ma questo non significa che siamo tutti uguali, mentre la signorina non distingue affatto fra chi lavora e chi no, facendo, in questo modo, il gioco di quelli che non lavorano. Il guaio è che non solo la signorina generalizza, ma attribuisce a me personalmente certi comportamenti invitandomi “a cominciare a lavorare”. Come si permette? E qui c’è la maleducazione.
Cosa ne sa di come e quanto lavoro? Che ne sa del mio passato per cui mi tratta come un parassita che non ha mai lavorato? Io posso dire (e credo che i miei studenti possono attestarlo) che:
1. faccio regolarmente lezione preparandola sempre
2. partecipo spesso a laboratori organizzati da altri colleghi o da gruppi studenteschi
3. mi faccio un obbligo di rispondere alle mail degli studenti entro le 24 ore
4. sono uno dei docenti che dà più tesi, di cui seguo personalmente più della metà e, quando ciò sia necessario, ricevo il tesista anche di domenica a casa mettendogli a disposizione i miei libri personali e la mia fotocopiatrice
5. ogni qual volta me lo chiedono concedo appelli straordinari
6. sono piuttosto attivo in materia di convegni, libri e saggi (ho pubblicato circa 4.000 pagine negli ultimo 10 anni, come si evince facilmente dagli stessi dati su questo Blog)
7. la mia media di lavoro (documentabile) annua è di circa 1.800-1.900 (senza contare il blog)
8. che forse il mio è un lavoro qualificato.
Posso aggiungere di essermi schierato con gli studenti in ogni occasione, di aver sempre lavorato in vita mia facendo anche diversi lavori precari, di aver lavorato gratis per l’università dal 1980 al 1992, per cui, andrò fra breve in pensione con circa 1.000 euro al mese). Ragion per cui non consento alla prima oca di passaggio di dirmi che devo “cominciare a lavorare”.
Quanto poi al carattere usurante del mio lavoro (quello del call center certamente non lo è, come quello in miniera) posso dire che in genere non lo è, anche perché mi piace farlo, ma che può esser decisamente usurante se si incrocia uno studente con una testa come quella di chi ha scritto queste righe.
Aggiungo poi due cose:
che anche se uno non sta lavorando ma sta scrivendo, riposando, cucinando, leggendo o innaffiando le piante, ha diritto a non essere molestato dalla invadenza delle promozioni commerciali. Ragion per cui credo che proibire o tassare queste telefonate sia una battaglia di civiltà. Infatti, e siamo al secondo punto, quello di telefonare, per le promozioni commerciali, non è un lavoro, ma solo una “attività retribuita” e se la differenza non è chiara la spiegherò in un prossimo pezzo. Anzi, per la precisione, quella dei call center è una attività socialmente inutile e non di rado dannosa, perché spesso veicolo di truffe, come quelle telefoniche o di altro genere o copre attività propriamente criminali come la ricerca di dati personali delicati (come si legge a proposito di casalinghe o pensionati indotti con inganno a dare i propri dati anagrafici, bancari, eccetera poi utilizzati a fini illegali). Per questo “lavoro”, la signorina, che evidentemente si sente una sfruttata, dichiara di ricevere netti 7 euro e mezzo all’ora, il che, considerato il livello intellettivo che dimostra, direi che rivela come, a volte, il capitalismo abbia livelli di generosità eccessivi. Quanto al fatto che questo denaro viene investito negli studi universitari, voglio dare un consiglio: risparmi quel denaro e lasci perdere: non è roba per lei. Se poi la signorina dovesse trovare troppo pesanti alcuni miei apprezzamenti, tenga presente che, essendosi permessa di darmi del parassita, senza sapere nulla di me (“cominci a lavorare”) non può attendersi una risposta particolarmente delicata. E impari a vivere.
Aldo Giannuli