Entro il 2013 oltre 300.000 dipendenti in meno nel pubblico impiego
par Paolo Borrello
sabato 8 ottobre 2011
“Oltre trecentomila dipendenti in meno nel pubblico impiego tra il 2008 e il 2013: questo l'obiettivo annunciato dal Governo e dal Ministro della Funzione Pubblica”. È quanto denunciano in una nota la segretaria generale della Funzione pubblica Cgil, Rossana Dettori, e il segretario confederale Fulvio Fammoni alla vigilia della manifestazione nazionale in programma a Roma “Pubblico è futuro”.
I due sindacalisti sottolineano che “incuranti della crisi, dell'alta disoccupazione, delle ricadute sulle condizioni delle persone, del funzionamento della Pubblica Amministrazione, si procede in tutti i modi verso questo obiettivo. Gli strumenti preferiti sono l'uscita anticipata per pensionamento e l'accanimento verso i precari. Si decidono norme sbagliate e si programmano futuri interventi sulle pensioni per incentivare la fuoriuscita. Un ‘si salvi chi può’ che ha coinvolto anche chi potrebbe o vorrebbe restare”. Per i due dirigenti sindacali “naturalmente questo non porta beneficio alla spesa pubblica, ma serve a dire che è calata la spesa per il personale. Uscite indistinte che provocano ripercussioni gravi sui servizi: altro che riorganizzazione ed efficienza! Ma evidentemente è proprio quello che si vuole, in aggiunta ai tagli, come afferma il ministro del Lavoro, per destrutturare tutto quello che è pubblico e che ha a che fare con funzioni pubbliche”.
Per i precari, sostengono, “si fanno scelte ancora più gravi: si decide per legge il licenziamento di queste persone, mentre aumentano invece le consulenze, senza dare alcuna tutela. Nella P.A. l'unico ammortizzatore è l'indennità di disoccupazione, in molti casi già esaurito. Per i contratti di collaborazione non c'è proprio niente. L'indennità istituita due anni fa per i collaboratori che perdono il lavoro esclude i pubblici dipendenti e nonostante il fondo abbia ancora più del 70% della capienza non si cambia, a costo zero, la norma”. Ecco perchè, concludono Dettori e Fammoni, “parlare di accanimento è giusto e motivato e perchè le scelte del Governo sono sbagliate e vanno cambiate”.