Elezioni regionali in Sardegna: "dovete votare lui, non me"

par maurizio carena
sabato 7 febbraio 2009

Esportato anche in Sardegna il format "abruzzese" delle "elezioni con prestanome" Vincerà anche stavolta?

"Soru è un incantatore di serpenti, ha fallito in tutto quello che ha fatto, come imprenditore, come politico e come governatore"-
 
Questa è una delle dichiarazioni del premier Berlusconi risalente al 3 febbraio scorso, durante un’intervista rilasciata al direttore del tg di Studio Aperto, ovvero una dichiarazione del padrone (pro tempore) dell’azienda-Italia rilasciata a un suo dipendente di un suo ufficio stampa.

Già il fatto che il plutocrate più ricco d’Italia, un ultrasettantenne con interessi consolidati in multimedia, concessionarie pubblicitarie, grande distribuzione, imprese finanziarie, immobiliari e quant’altro, possa spacciare i suoi comunicati stampa come "informazione" è qualcosa che dà la misura della totale disinformazione di questo Paese, ultimo in Europa come libertà di stampa.

Ma a questo ci siamo abituati.

La cosa più grave è un’altra: cosa c’entra il capo del governo con Soru, il governatore della Sardegna uscente ricandidatosi per le elezioni regionali del 15 e 16 febbraio 2009?

Da notare che non è la prima volta che Berlusconi attacca Soru. In un recente comizio in Sardegna il premier ha accusato Soru di aver intascato tangenti ("un appalto da 60 milioni di euro per la pubblicita’ e lui, Soru, contestualmente si e’ fatto dare trenta milioni per la sua societa’ ") e per le suddette affermazioni, definite da Soru mendaci e lesive della propria dignità, e’ stato querelato il 26 gennaio scorso.

Si impone la domanda: ma perché Berlusconi fa comizi in Sardegna?

Risposta: perché lì si terranno, a metà febbraio, le elezioni per la carica di governatore, oltre che per il rinnovo della giunta regionale.

Ma resta valida la domanda precedente: che c’entra il premier con la Sardegna? Non è gia’ premier? Vuol forse farsi eleggere contemporaneamente capo di stato e di regione? E magari, domani, anche di provincia e di comune, in una bulimia di potere senza fine?

Crediamo che, se lo potesse, forse il personaggio lo farebbe, tanto enorme e sregolato è il suo ego e il suo narcisismo patologico. Ma non può (ancora).
Lui personalmente no.

Però ha un prestanome, che ha fatto candidare nelle fila del centro destra alla carica di governatore in Sardegna.

Questo prestanome, sconosciuto ai più nella stessa Sardegna, è un oscuro commercialista, già assessore cagliaritano ma figlio di padre illustre. Il padre Ugo, noto commercialista, è stato amico di Fedele Confalonieri e punto di riferimento dell’Edilnord nell’isola.

Il figlio, questo Carneade della politica, è, quindi, amico di famiglia di Berlusconi: ecco perché è stato da quest’ultimo imposto al notabilato di centro-destra locale così come si imponevano i viceré nelle Indie.

 Il problema e’ che bisogna imporlo, farlo votare ( e possibilmente vincere) anche alla gente comune, quelli che non frequentano il golf club o Villa Certosa, ma che sono utili per fare la croce sulla scheda, la democrazia che piace tanto al’uomo di Arcore; per questo Berlusconi viene in Sardegna ogni settimana e tiene i comizi per il signor nessuno candidato governatore. A spese dello stato, ovviamente.

Bisogna ricordare che la legislatura regionale sarda si è conclusa qualche mese prima del suo termine natuale, a causa delle dimissioni del governatore, stanco dei "tradimenti" della sua stessa maggioranza e ha colto tutti impreparati.
 
In tale situazione Berlusconi ha avuto buon gioco ad imporre come candidato una persona che non è solo un politico amico: è proprio un amico di famiglia, un famiglio, un "famulus" della corte privata del feudatario di Arcore: il figlio del commercialista di famiglia.

 Tra le dimissioni di Soru ( 25 novembre) e i termini per presentare liste e candidati (gennaio) il tempo si è misurato in frenetiche settimane ma la macchina propagandistica berlusconiana si è messa in moto subito, coi motori al massimo. Il candidato-carneade per gli elettori ma conosciutissimo a Villa Certosa è stato subito estratto dal cilindro berlusconiano e questo è un altro dettaglio che mostra con chiarezza cosa intenda l’attuale capo del governo per "partecipazione" e quali siano le qualita’ richieste ai suoi "collaboratori".

I media berlusconiani quasi ogni giorno danno spazio alla campagna elettorale del loro padrone in una delle regioni piu’ arretrate e spopolate d’Italia. In piu, come se non bastasse, il principale nemico "locale" di Renato Soru, ovvero il costruttore Sergio Zuncheddu, è anche padrone del principale quotidiano dell’isola (L’Unione Sarda) nonché della principale emittente privata (Videolina); un dato: il quotidiano di Zuncheddu non ha mai intervistato Soru governatore, nei quasi cinque anni di legislatura; ha solo parlato il fango dei "giornalisti" a libro paga dell’editore costruttore e sempre in un senso.

Ma la disastrosa situazione della (dis)informazione isolana non sarebbe completa se non si ricordasse che EPolis, il free press che esce anche in Sardegna, è di proprieta’ di Alberto Rigotti, di provata fede berlusconiana, e la concessionaria publicitaria è PUBLIEPolis, riconducibile a Marcello Dell’Utri. Lascio immaginare l’obiettività giornalistica di tale testata...

Detto questo si può capire perché anche un signor nessuno come il candidato del centro destra possa diventare, nall’isola, pompato dalla sinergia mediatica di tv e giornali, piu’ famoso di Barak Obama, pur essendo un perfetto nessuno.

Sembra incredibile che si possa vendere un candidato come si vende un’auto o un dentifricio, eppure è così. Mi vengono in mente le parole di Goebbels: "non c’è nulla di più facile di portare la gente al guinzaglio"....

Del resto già nel 1994 Berlusconi vinse le elezioni trasformando i sui venditori di Publitalia in venditori di Forza Italia e le sue tv e i suoi giornali in house organ e uffici stampa privati. E, tornando in tempi recenti, nelle elezioni regionali abruzzesi, il premier ha trainato personalmente la campagna elettorale di Gianni Chiodi, un Carneade abruzzese, sino alla vittoria.

Perché non ripetere un format già sperimentato con successo, anche in Sardegna? E’ questa la tesi di un acuto osservatore, Claudio Messora; ed è questa, ad un’attenta analisi, la realtà dei fatti.

Ogni settimana il premier atterra in Sardegna e tiene comizi in nome e per conto del suo candidato-prestanome, comizi in cui, dopo aver arringato la folla con barzellette e battute varie, dice: "dovete votare lui, non me", indicando il povero signor nessuno candidato, che fa atto di presenza nei comizi in cui dovrebbe essere il protagonista. Sembra uno sketch di cabaret, invece è la pura realtà, che come sempre supera la fantasia.


 Ma non dimentichamoci che questa è la democrazia che piace al cavaliere: le masse (telerincoglionite) fanno la croce sulla scheda e tornano davanti alla tv o nel centro commerciale; i quadri fanno (dovrebbero fare) da controfigure del premier, sotto elezioni, e poi, una volta finita la farsa elettorale, tornano al loro ruolo anche loro e si torna ai vecchi rapporti di potere, piramidali e consolidati dove, in ultima analisi, c’è uno che comanda e gli altri che, con piu’ o meno autonomia, eseguono. Come in azienda.

La Sardegna, purtroppo, è stata storicamente sempre sottomessa a qualche dominatore esterno. Dai romani ai mori ai pisani e i genovesi, gli spagnoli e i Savoia, sino allo stato unitario: tutti hanno "occupato" l’isola in modo più o meno coloniale; per questo, pur con le eccezioni, la popolazione non e’ avvezza all’indipendenza di governo ( e non solo, purtroppo) e la classe dirigente locale, sempre prona agli interessi "stranieri", viene definita dallo scrittore Marcello Fois come "coloro che hanno le chiavi del canile"

Renato Soru, un geniale manager tecno-umanista, figlio di un edicolante, che ha tra l’altro, adottato la lingua sarda negli atti ufficiali della sua giunta e tagliato le auto blu, è un outsider.

Lui minaccia di rompere lo storico potere di quella classe dirigente traditrice del suo popolo così ben tratteggiata da Fois. Soru ha voluto spezare lo scandaloso sistema dei consorzi industriali sardi: uno stipendificio dove si entrava per cooptazione (fonte: L’altra voce.net)

Soru ha risanato il bilancio, semplificato la burocrazia, tolto privilegi, diminuito stipendi ai politici, compreso il suo.

Soru ha provato a intaccare il monopolio della Tirrenia, per avere concorrenza nei collegamenti. Purtroppo, in questo caso, senza successo.

Soru ha veramente provato a compiere una rivoluzione nell’isola: una rivoluzione culturale e sociale, civica direi, prima che politica ed economica e in una terra dove il voto di scambio e il potere del notabilato locale si confondevano e compenetravano con l’elargizione dei flussi finanziari statali prima ed europei poi.

Soru ha voluto dare un calcio al tavolo. 

Lui, uomo di internet, ha ritenuto possibile l’emancipazione della Sardegna. Lui, che non deve favori a nessuno, che non deve inchinarsi a padrini o protettori, ha però commesso un errore, un imperdonabile errore, più grosso di altri: ha osato attaccare il potere dei signori dell’edilizia, la vera potenza economica isolana.

Soru ha avuto l’ardire di voler salvaguardare le coste dell’isola dalla speculazione selvaggia, che da decenni la stupra.

Soru si è opposto, con la sua famosa "legge salvacoste" all’edificazione della città lineare costiera, ha bloccato la cementificazione indiscriminata attuata dai grandi baroni del cemento e ne ha rallentato quindi lo sfrenato arricchimento e l’ulteriore potere.

Questo affronto, questo "tradimento di classe" a Renato Soru non è stato mai perdonato.

Giocare alla destra e alla sinistra in parlamento, su cose di relativa importanza va bene, ma mettersi di traverso nel big business, questo non è permesso.
 
Perché tutto si può discutere nella politica isolana; la politica può tranquillamente essere democratica, l’importante é che non lo sia l’economia. E se fermi le betoniere ti scavi la fossa (politica).

Per questo Soru va fatto fuori. E’ un idealista indipendente, con un’ idea di futuro e che parla in termini di generazioni, come i grandi statisti.

Soru è lontano anni luce dal notabilato locale, che, d’altra parte, trova naturale riconoscersi nel modello politico berlusconiano, destra o sinistra che sia.

Renato Soru è pericolosissimo, infine, perché è una persona onesta.

Non solo non è ricattabile, ma potrebbe addirittura, un domani, essere proposto per salvare il PD nazionale dallo sfascio totale (e forse meritato) che si prospetta nel prossimo futuro.

Renato Soru crede veramente in quello che dice, e quello che dice lo fa. Ciò che ha promesso, nel bene e nel male l’ha fatto, o almeno ha tentato. 

Ha una visione del futuro, più o meno condivisibile ma ce l’ha e al centro c’é la persona come fine non come mezzo.

Soru ha commesso errori ma egli incarna veramente ciò che gli americani chiamano "a man of vision".

Non ci potrebbe essere nulla di così antitetico a Berlusconi: per questo il premier ogni settimana viene in una regione periferica come la Sardegna a fare comizi su comizi.

E forse è per questo che per Soru non tutto è perduto, anche se quasi tutto è contro di lui: media, baroni locali, persino il premier.

E mentre il cavaliere, ostentando ricchezza come un parvenu, atterra sull’isola con l’aereo di stato e scorte da imperatore, lui, Soru, con la forza semplice dei grandi uomini, umilmente fa campagna elettorale con la sua macchina, nei teatri, nelle scuole, nelle palestre, per strada, solo, con la sua quasi antipatica dignità mista a testardaggine e con la sola forza delle sue idee.

Renato Soru: non so se vincerà questa impari lotta ma si può dire sin d’ora che, col suo coraggio, col suo idealismo, col suo esempio, anche se perderà, avrà comunque vinto.


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