Elezioni USA: e se Anonymous…
par Aldo Giannuli
mercoledì 9 novembre 2016
Il titolo potrebbe farvi pensare che per la prima volta intenda lasciare a riposo i miei personaggi, invece no, piuttosto li catapulto in una nuova realtà: la nostra. Il 6 novembre 2016 è una di quelle giornate che soltanto Milano riesce a regalarti.
“Un giorno da Giannuli.” Sussurrò Leonardo Artico osservando il cielo color ghiaccio. “Sarà andato a farsi una passeggiata. Ha un debole per l’umidità milanese e per quella pioggia che non piove, ma bagna.”
“Lo conosci bene?” chiese Giovanni D’amato. “Non gli ho detto nulla, ma avrei un simpatico fascicoletto che lo riguarda.”
Leo si voltò verso il suo interlocutore con sguardo interrogativo.
“Non fare quella faccia. Sai bene che di fascicoli ne ho fin troppi. Non contiene nulla di speciale, ma uno che si porta via una montagna di documenti dell’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, merita un piccolo spazio nella mia biblioteca.” D’amato andò a sedersi sul divano del salotto della casa di Artico. “Cambiando argomento. C’è qualcosa che vorresti dirmi in merito alle elezioni statunitensi?
A Leo scappò un mezza risata, di quelle un po’ inquietanti. “Hai buttato lì la cosa oppure sai che ti devo dire qualcosa?”. Raggiunse la poltrona e si accomodò.
“Non essere pignolo. Soprattutto il mio mestiere mi obbliga a sapere.”
“In effetti ho un sospetto. Anzi un’idea.”
“Riguarda la guerriglia informatica tra russi e americani?”
“No. Immagino che potrebbe esserci il terzo incomodo, e credo apprezzi molto il fatto che i servizi americani siano tanto concentrati sui Russi.”
“Così mi piaci!” Esclamò D’amato. “Quando non sei banale.”
“Gli anarchici non sono banali, al massimo prevedibili, ma non banali.”
“Devo chiamare due ragazzi con le tenaglie o parli da solo?”
“Invecchiando diventi impaziente. Stai regredendo. Comunque prova a immaginare questo.”
Leonardo si versò le ultime stille della bottiglia di vino da meditazione che avevano aperto, un Muffato, e prese a raccontare.
“Per una serie di ragioni che potrei sintetizzare in Lei è il potere e in quanto tale deve essere abbattuto, il mondo del hacktivism ha dichiarato guerra a Hillary Clinton e a tutti coloro che la sostengono. Questo credo abbia messo in moto Anonymous. Tutto penso sia iniziato con l’isolamento di Julian Assange da internet, deciso dalle autorità ecuadoregna, per non influenzare il voto americano. La decisione ha scatenato il complottismo online che, rispetto a quello del mondo reale, può fare danni e anche grossi. Probabilmente il primo assaggio è arrivato qualche tempo fa con il massiccio attacco che ha messo in ginocchio DynDNS, la più importante infrastruttura online che associa nomi a dominio con i relativi indirizzi IP, con il conseguente collasso dei principali operatori di e-commerce della East Coast. Le rivendicazioni sono arrivate dal gruppo hacker New World, ma non saprei se non ci sia altro. In fondo Anonymous è un brand open source, chiunque lo può utilizzare a condizione che rispetti certe regole. L’intero Dark Web è rimasto in grande agitazione e sembra avere deciso che il partito democratico e la candidata Hillary Clinton siano i responsabili del silenzio forzato di Assange. In quest’ottica il governo dell’Ecuador è stato considerato da Anonymous, in un recente comunicato, complice di aver azzittito il padre di Wikileaks. Per questa ragione le infrastrutture del paese sudamericano e i siti istituzionali sono diventati un obiettivo privilegiato del network che ha postato indicazioni su come attaccare i sistemi ecuadoregni e poi ha comunicato di avere bloccato i sistemi di posta elettronica del governo. Dopo i due attacchi è calato il silenzio e ho la sensazione che si tratti della calma che precede la tempesta. A questo punto ho provato a immaginare la tempesta, forse quella perfetta. In primo luogo si tratta di definire l’obiettivo che deve avere alcune caratteristiche: raggiungibilità, effetto, risonanza mediatica. L’unico target che risponde a questi requisiti è il sistema elettronico di voto statunitense. E’ connesso alla Rete, quindi potenzialmente raggiungibile; colpirlo significherebbe mettere in crisi la macchina elettorale o almeno sollevare più di un ragionevole dubbio; un blocco del sistema avrebbe una eco enorme sui media di tutto il mondo. L’impresa, però, non è banale si devono raccogliere molte informazioni e trovare il canale di accesso. A questo punto l’attenzione si concentra sulle aziende che hanno fornito le voting machine, forse potrebbero essere la strada giusta. Tra tutte quelle che operano sul mercato spicca un nome: Smartmatic. L’azienda è basata a Londra, nel settore e tra i leader di mercato e sul sito si legge che in passato è stata proprietaria della Sequoia Voting System, ancora oggi una delle principali fornitrici di sistemi per le votazioni negli Stati Uniti, poi ceduta ad altri investitori. A questo si aggiunge che è stata fornitrice di tecnologia per le commissioni elettorali di 16 stati diversi. Qualcuno potrebbe immaginare che dentro i sistemi di questa azienda ci siano le informazioni giuste per arrivare alle voting machine. Chissà, forse ci sono anche i piani di indirizzamento dei bersagli, magari esistono ancora delle connessioni dirette. Questo rende Smartmatic, anche se dichiara di non avere alcun coinvolgimento diretto nelle prossime elezioni, un obiettivo e poi, dulcis in fundo, sembra essere “vicina” a George Soros. Il presidente della società è un certo Lord Mark Malloch-Brown, politico inglese, membro della Open Society, istituto fondato dallo stesso magnate di origine ungherese, e in passato vicepresidente di un fondo di investimento del finanziere. George Soros è uno dei principali sostenitori della campagna di Hillary Clinton e questo ha un valore simbolico per nulla trascurabile. Adesso il piano prende forma. Il primo passo è compromettere con discrezione i sistemi della Smartmatic. Se all’interno si trovano quelle informazioni e connessioni sperate si resta in attesa, senza fare nulla. Il giorno delle elezioni si colpisce. Immagino a un attacco che partendo dall’infrastruttura del fornitore di servizi per le voting machine vada a travolgere il maggior numero di apparati elettorali. Tecnicamente potrebbe essere un cosiddetto attacco DDoS, Distributed Denial of Service, ovvero un sovraccarico di traffico dati che impedisce a i legittimi utilizzatori, cioè gli elettori, di esercitare il loro diritto di voto. La beffa sarebbe che l’attacco partirebbe proprio dai sistemi di una società legata a uno dei sostenitori della Clinton. Poi la rivendicazione e il caos.” Leonardo sospirò.
“Interessante.” Commentò D’amato. “Tuttavia potrebbero non trovare nei sistemi della Smartmatic i dati sperati.”
“Possibile, ma come tu mi insegni, le informazioni sono un bene prezioso, e di solito non si buttano via. Non dimenticare che in passato l’azienda era proprietaria della Sequoia Voting System e dubito che abbia rimosso tutto quello che la riguardava.”
“Potrebbero non essere aggiornati.”
“Possibile, infatti mi sono immaginato questo scenario, non ho detto che accadrà.”
“Certo se dovesse…” D’amato lasciò la frase i sospeso.
“Potrebbe trattarsi di quella pioggia che… Piove, ma non bagna.” Leonardo tornò a guardare il cielo color ghiaccio.