Egitto, tutte le paure della Costituzione
par Enrico Campofreda
mercoledì 26 settembre 2012
Il fantasma della grande incompiuta continua ad aleggiare sull’Egitto della trasformazione. E a impaurire. E’ la Carta Costituzionale cui sta lavorando la seconda Assemblea preposta dall’attuale leadership del Paese dominata dalla Fratellanza Musulmana. La prima commissione fu sciolta mesi or sono perché mono orientata, a stragrande maggioranza islamica, come sostenevano coloro che si rifiutarono di farvi parte: la minoranza copta, gli esponenti di gruppi liberali e laici. Giunse l’azzeramento di quell’assise e se ne costituì un’altra più ricca di personalità d’alto profilo e formata dunque da costituzionalisti, docenti di diritto, filosofi, teologi intellettuali e di esponenti dei diritti umani non tutti fedeli dell’Islam. Eppure l’altro Egitto non ci sta. Sostiene che le teste e le penne, pur illustri, che stanno riscrivendo la Costituzione non prevedano i diritti di tutti. Ne segue un nuovo allarme. Per prime si sono mosse le donne laiche, le cui associazioni stanno seguendo quanto avevano già fatto le femministe tunisine. Quest’ultime ai primi di agosto puntarono il dito sul termine “complementarità” che sostituiva “parità” nell’articolo della nuova Costituzione voluta dal governo dominato da Ennadha. Ne erano scaturite proteste ma anche reprimende dei gruppi del salafismo più fondamentalista, fra cui si distinguono i teorizzatori del jihad armato di Ansar Al-Sharia, che attaccarono alcuni cortei.
Le femministe egiziane mettono sotto accusa l’articolo 36 della Costituzione in via di riscrittura che s’occupa di “diritti e doveri”. Recita l’articolo: “Tutte le misure costituzionali ed esecutive sono divise fra uomini e donne in ogni percorso della vita politica, culturale, economica e sociale, senza contraddire i precetti islamici”. Quest’ultima precisazione è l’oggetto della contesa perché potrebbe introdurre la subordinazione al genere maschile sostenuta dagli assertori della Shari’a.
Così c’è chi pensa di scrivere una Carta parallela per sottolineare le differenze fra due visioni dell’Egitto. Fra i giornalisti, che ricordano come solo due delle loro proposte presentate alla Commissione siano state accolte (riguardano la proprietà della testata e l’autorizzazione alla licenza di stampa), alcuni sottolineano le paure della gente. Dice Galal Aref: “Dopo venti mesi dalle rivolte incontriamo rappresentanti sindacali che temono di perdere la libertà di espressione e opinione visto quel che sta accadendo a taluni scioperi”. E c’è chi ricorda che l’attuale articolo relativo a “libertà e diritti” risulta peggiore a quello presente nel prima versione di riscrittura costituzionale. Fra le voci che denunciano con cognizione di causa, perché presente in Commissione, c’è l’attivista per i Diritti umani Manal El-Tibi che però ne è recentemente uscita affermando d’essere stata “intimidita” da membri islamisti.