Egitto, incognite politiche e alimentari
par Enrico Campofreda
venerdì 12 luglio 2013
Attacchi e ordini di cattura, ma anche ipotesi di partecipare al governo tecnico di El-Beblawi. La Fratellanza Musulmana è al centro di un’offensiva che le rammenta gli anni bui delle persecuzioni con cui figure del calibro di Al-Shater, ora agli arresti, sono nate e cresciute politicamente. Per questo non s’intimorisce. Polizia e giudici – i nemici di sempre – praticano un’offensiva lunga: vogliono impedire agli uomini più in vista, come la guida suprema Mohammed Badie, qualsiasi arringa dai palchi e cercano di ridurli al silenzio. Oltre al suo, c’è già da due giorni il mandato d’arresto per deputati e membri della Confraternita da El-Beltagy al vicepresidente El-Eria; come c’è per i colleghi di allenza elettorale di Al Gamaa Al-Islamya, che col clima in atto chissà se davvero si terranno entro sei mesi. Eppure il premier incaricato non esclude la possibilità che qualora volessero, alcuni uomini della Fratellanza potrebbero partecipare al governo in via formazione.
Da parte islamica è stato smentito ogni attacco armato, ma sono affermazioni di parte, per giunta ufficiose, vista l’aria che tira sulla leadership del gruppo, ed è una versione soggetta all’indagine della magistratura. Certo è che il “fai da te” dell’armamento pare stia decollando, non solo attraverso i soliti canali dove il contrabbando beduino da tempo traffica (Sinai e confini occidentali con la Libia, che nel dopo Gheddafi mostra smerci simili o superiori a quelli dell’era del colonnello), ma nella stessa capitale. Procurarsi armi in proprio e usarle serve a poco, come hanno dimostrato periodi storici di rivolte nello stesso occidente europeo, strozzate dall’assenza di sbocchi politici, e non sembra che l’organizzazione islamica si dia per ora l’obiettivi paramilitari. Comunque c’è chi giura che la Confraternita abbia una propria struttura di sicurezza, come dimostrano le body-gards che attorniavano Badie durante i comizi del dopo golpe.
Lo scontro resta politico con l’inquietante supervisione della lobby militare che incamera la consegna di nuovi F-16, simili a quelli che hanno sorvolato in funzione deterrente i cieli del Cairo nei giorni delle mega manifestazioni dell’opposizione. Il Pentagono, che presiede l’iniziativa come la stessa elargizione di fondi in funzione pro esercito, ha deciso di non astenersi visto il ritorno dissuasivo della fornitura contro ogni colpo di testa resistenziale ai suoi diktat. Ed è cominciato il peloso balletto delle promesse di elargizioni alla nazione malata da parte delle ciniche petromorchie, con la fitta schiera anti Fratellanza composta dalla dinastia saudita che darebbe al nuovo governo 5 miliardi di dollari continuando a foraggiare i salafiti di Al Nour, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti sottoscrittori di 4 e 3 miliardi di dollari verso una leadership futura ispirata dall’opposizione a Mursi. Incertezze sul prolifico Qatar, che aveva anticipato al presidente deposto una parte (s’è detto un miliardo di dollari) degli 8 previsti. Bisognerà vedere cosa farà domani, per quanto gli Al-Thani vantino spregiudicatezza nelle alleanze per sostenere il desiderio di restare al centro della geopolitica mediorientale grazie alle proprie finanze.