Egitto, i ribelli con l’uniforme
par Enrico Campofreda
lunedì 1 luglio 2013
Non è un segreto che fra i ribelli pronti a manifestare il 30 giugno contro l’Egitto del presidente Mursi ci fosse un consistente strato delle forze dell’ordine. Da quando, due mesi or sono, il movimento Tamarod ha preso forma alcune strutture degli apparati della sicurezza si sono pubblicamente esposte manifestando critiche e disaffezione verso l’attuale governo.
E’ il caso di Hesham Saleh, portavoce del Club degli ufficiali di polizia che dal canale satellitare ON TV ha apertamente accusato il presidente d’insensibilità verso gli oltre duecento agenti feriti negli ultimi episodi di violenza singola e collettiva. L’insicurezza è una delle tematiche cavalcate dall’opposizione al regime islamico e rappresenta un fattore cui prestano attenzione il ceto medio e i patrioti dell’ordine. C’è poi la numerosa corporazione degli uomini in uniforme, un milione di persone fra poliziotti e soprattutto militari legati a una copiosa filiera socio-imprenditoriale delle cento e una attività economiche dell’esercito.
Militari e poliziotti sono soggetti forti e armati, temuti e rispettati nel passato, odiati col vento della ‘Primavera’ quando l’Egitto realmente ribelle si scontrava in piazza, piangeva i suoi martiri, denunciava pestaggi, abusi, torture, e al tempo stesso carezzati quando si sperava in un cambiamento di metodi per chi sostiene di voler difendere la nazione.
Quando gli agenti hanno iniziato a pagare un tributo di sangue coi propri uomini, non solo nel buco nero del deserto dei Sinai dove agiscono inafferrabili jihadisti e contrabbandieri, ma anche nelle strade urbane allora l’insoddisfazione verso il governo islamico è montata velocemente. Tre settimane fa ai funerali del capitano Abdel-Aziz Abu Shakra, parenti e molti agenti chiedevano a gran voce le dimissioni di Mursi.
Nonostante un iniziale rapporto morbido, sempre tacciato d’un reciproco e opportunistico interesse, oggi poche stellette credono che “l’Islam sia la soluzione”. Il popolo della Confraternita e altre formazioni musulmane, riavvicinate dopo la revanche laica, da piazze contrapposte o usando il simbolo di Tahrir proseguono una snervante conta numerica.
Il 27 giugno solo decine di migliaia i pro Mursi nella periferica Nasr City e più numerosi e motivati gli oppositori sparsi in vari centri. Per questo motivo pur ripetendo che “la polizia deve rimanere neutrale, lontana da inclinazioni politiche e religiose” l’establishment militare sembra mostrare segnali d’insofferenza verso il logorante stallo che nulla risolve.