Educazione dei bambini: c’è differenza tra "violenza domestica" e una sberla

par Nadia Lattanzi
giovedì 5 aprile 2012

In prima pagina di un free press romano leggo un titolo a dir poco inquietante. Dapprima lo sbircio da un vicino poi, contrariamente a quanto di solito faccio, me ne procuro una copia.

"Serve una legge contro le sberle".

Leggo.

Si parla di violenza sui bambini. Si parla di violenza nell'ambito familiare/educazionale. Insomma si parla dei ceffoni che non si devono dare ai figli, seppur per educarli. Io non sono a favore della violenza dunque mi riuscirebbe facile (e con esperienze simili pregresse) concordare con quest'articolo eppure mentre lo leggevo sentivo nascere in me un fastidio.

Un conto è fare violenza “gratuita” e dunque pestare a più non posso i bambini.

Un conto è entrare in casa ubriachi fradici e prendersela con chi è più debole.

Un conto è riversare sui propri figli le frustrazioni personali, lavorative, sentimentali.

Un conto è riproporre un modello genitoriale sbagliato perché solo di quello si ha conoscenza...

Un altro conto è dare una sculacciata.

Che può essere stata data e dettata dalla paura di una situazione in cui il bambino si è trovato e allora la reazione primordiale è la sculacciata e poi l'abbraccio.

Un altro conto è la sberla.

Magari meritatissima dopo un reiterato attacco di ignoranza da parte del pargolo (quando dico pargolo non parlo di bambini che ancora non sono in grado di rapportarsi con i genitori, ma intendo un bambino di almeno 7/8 anni e oltre che è nella capacità di comprendere, eventualmente i genitori fossero in grado di darla, una spiegazione sensata dopo la sberla).

Insomma parlare di violenza domestica, intervistando bambini nelle scuole o in altre strutture pubbliche, senza aver preso visione di quello che è l'ambiente familiare o senza conoscere la storia dei loro genitori mi sembra un tantinello pretenzioso.

Certo vedere un ragazzino con evidenti segni di violenza deve far scattare nelle istituzioni la voglia di fare un controllo, ma sentire da parte di un ragazzino la frase "la mamma mi ha picchiato perché non ho fatto i compiti" va presa con le pinze perché sappiamo bene quanto siano in grado di esasperare le situazioni.

Detto questo non sto inneggiando all'educazione in senso fisico, perché ritengo ancora che parlare sia il metodo migliore e che certe punizioni (e anche qui ci sono state contestazioni in merito) servano molto più di quanto non faccia uno schiaffo, ma vi assicuro che dare una sberla non è per forza sinonimo di maltrattamenti e soprattutto non creerà al bambino chissà quale trauma insuperabile. Cerchiamo di non enfatizzare i discorsi, perché vero è che il metodo Montessori è stata una grande innovazione, altrettanto vero che come tutte le cose gli eccessi danneggiano. Ho visto bambini che, “Montessorizzati”, hanno preso a calci nel culo i genitori ancora prima di arrivare all'adolescenza e giuro che faticavo io a non dargliene.

Credo che in qualunque caso ci sia bisogno di equilibrio e non si può trovare ne sui titoli di giornale sparati a lettere grandi... ne nei sussurri di certa gente che conosce i disagi di certe famiglie e se li tiene per sé. Omertosamente.


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