Ed alla fine la polizia si arrabbiò

par Bernardo Aiello
mercoledì 23 settembre 2009

Nella celebre saga del ragionier Fantozzi vi è stato un momento di rivolta contro il cinema d’essai, rappresentato dal film "La corazzata Potemkin", a cui è stato contrapposto un altro non meglio identificato film popolare dal titolo "La polizia si incazza".

Ebbene, giorni orsono è successo a Reggio Emilia che la polizia sia giunta ad arrabbiarsi veramente contro l’amministrazione della giustizia, e ciò dopo l’ennesimo arresto di un tal Addala Abdellah, immigrato marocchino irregolare, e la sua sistematica remissione in libertà ad opera di una magistratura talora, oseremmo dire, disinvolta.

La protesta è stata formale ed indirizzata al Ministro Maroni, ma difficilmente otterrà esito alcuno.

Ciò consegue alla cosiddetta "legge Vassalli", in base alla quale l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non possono dar luogo a responsabilità (è quella che viene detta "clausola di salvaguardia"). Ed invece, nel campo dell’amministrazione della giustizia, dovrebbe essere affermato, e con forza, il principio della "responsabilità nella trasparenza"; sempre se ci teniamo a diventare un Paese normale, un Paese come tutti gli altri.

A dire il vero la Costituzione dispone "i giudici sono soggetti soltanto alla legge", ma come questo debba accadere la legge Vassalli non lo dice: oggi i giudici sembrano essere soggetti più che altro al loro personale arbitrio.

Non è problema da poco: si tratta di conciliare due di quelli che Kant avrebbe chiamato “doveri perfetti”, e precisamente quello di tutelare la serenità e l’indipendenza del giudice nell’esercizio delle sue funzioni da un lato e quello di sottoporre con rigore alla legge il suo operare dall’altro. E, come in tutti i casi in cui vi è contrasto fra “doveri perfetti”, si crea una situazione particolare, la cui descrizione lirica i greci chiamarono “tragedia”.

Non è, però, impossibile conciliarli questi due “doveri”, anzi lo facciamo già con esito tutto sommato soddisfacente nel nostro sport nazionale, il calcio.

Anche il calcio ha i suoi problemi con gli arbitri, che devono prendere con immediatezza decisioni tali da influire talora pesantemente sul risultato degli incontri. Le “moviole” delle televisioni, a fine partita, informano compiutamente la pubblica opinione sulla bontà delle decisioni arbitrali e, insieme alla pubblica opinione, informano anche il designatore Collina, il quale ogni tanto dà un periodo di riposo forzato a qualche arbitro fuori forma.

Orbene, traslandoci dal calcio all’amministrazione della giustizia, il sistema da seguire dovrebbe essere questo:

- i magistrati devono essere assolutamente tutelati nella loro indipendenza sia nelle fasi di indagine sia nelle fasi di giudizio, ma la loro attività deve essere rapida ed assolutamente trasparente nel suo insieme finale e complessivo;

- gli operatori dell’informazione devono seguire in assoluto rispettoso silenzio l’attività della Magistratura Inquirente sino al suo epilogo, ma, avviati i processi, devono compiutamente informare la pubblica opinione;

- il magistrato deve accettare che vi sia un soggetto preposto e responsabile per la disciplina dell’intera attività di giudizio, con poteri analoghi a quelli del sopracitato Collina.

Il primo risultato di tutto ciò dovrebbe essere quello di rendere uniforme l’andamento dell’attività giudiziaria. Se la legge è una sola, qualora ci affidiamo, come per l’appunto accade adesso, ad un insieme non coordinato di soggetti, ottenere giustizia diventa un terno al lotto perché, come dicevano i latini, tot capita tot sententiae.

Inoltre, la raggiunta coerenza ed uniformità del diritto, in poche parole la sua certezza, farebbe perdere di importanza per tutti, dai comuni cittadini agli esponenti della malavita agli uomini politici, l’identità del soggetto preposto come giudice naturale ad un determinato procedimento: dinanzi ad una corretta uniformità, essere l’uno o l’altro dei magistrati quello preposto, non dovrebbe in alcun modo essere determinante.

Inoltre, così facendo, diverrebbe impossibile far sì che "la polizia si arrabbi" per le allegre decisioni di giudici un poco disinvolti.


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