Ebrei e palestinesi nella storia: miti e realtà

par Antonio Moscato
mercoledì 13 agosto 2014

Difficile scrivere qualcosa di nuovo sulla tragedia di Gaza e di tutto il popolo palestinese. Come in tutte le aggressioni precedenti, la guerra assolutamente asimmetrica tra uno degli eserciti più potenti e tecnologicamente avanzati e una popolazione priva di tutto e armata con mezzi rudimentali è stata sistematicamente presentata dal 90% dei mezzi di informazione come “una minaccia a cui Israele doveva rispondere”. Una menzogna in più: in realtà i preparativi di una nuova operazione militare erano pronti da molto prima che il tragico fallimento di un sequestro di tre giovani coloni [tentato da parte di alcuni appartenenti a un gruppo locale di Hebron della tribù dei Qawasameh, per ottenere la liberazione di alcuni congiunti incarcerati da Israele e attribuito falsamente ad Hamas] fornisse il pretesto atteso per il nuovo attacco.

Nel corso di tutta la guerra la maggior parte dell’informazione si è concentrata sul presente, sorvolando sulle condizioni terribili imposte a Gaza da anni, dopo la distruzione del porto, dell’aeroporto, la chiusura sistematica dei valichi di terra e il drastico ridimensionamento (a cannonate) dell’approvvigionamento idrico, elettrico e alimentare. Una campagna di disinformazione grottesca ha fatto vedere alcuni dei tunnel che sono stati creati per rompere l’assedio presentandoli sempre come militari, mentre la quasi totalità servivano al contrabbando indispensabile per rompere l’assedio.

Quando le truppe di terra israeliane sono penetrate nella striscia di Gaza occupandone il 44% e hanno subito per la prima volta alcune perdite (relativamente poche rispetto a quelle palestinesi, ma molto più alte di quelle che avevano previsto in base alla enorme asimmetria di armamento tra le due parti), subito un coro di esecrazioni si è riversato su chi combatteva, definito assurdamente “terrorista”. E quando un giovane ufficiale dell’esercito invasore è risultato disperso durante uno scontro, è stato presentato come “rapito” e non catturato. Ma una intensificazione dei bombardamenti sulla zona in cui era stato perso di vista ha impedito un eventuale salvataggio. Di fatto il comando israeliano lo ha condannato a morte per non dover nuovamente subire la pressione della famiglia per uno scambio di prigionieri, come era avvenuto per il tenente Shalit.

L’episodio è stato denunciato anche da parte israeliana ma occultato nel mondo dalla grande stampa “indipendente”, e a qualcuno è sembrato inverosimile. Eppure non è affatto inverosimile e soprattutto non inedito: in varie guerre del passato recente si erano verificati episodi del genere.

Ad esempio in Italia durante quella “Grande Guerra” che oggi viene ipocritamente celebrata in occasione del centenario, trapelò dalla censura almeno un caso del genere. Nel luglio del 1916 i fanti della brigata Salerno,dopo dieci mesi di duro impegno nella zona del Monte Nero, erano stati appena trasferiti per un periodo di “riposo” nel fino allora tranquillo settore trentino, quando furono sorpresi dalla Strafexpeditione un’intera compagnia di 250 uomini con moltissimi feriti si era trovata intrappolata per due giorni senz’acqua né cibo nella terra di nessuno, senza poter far ritorno alle linee italiane, da cui qualcuno aveva consigliato che si consegnassero prigionieri agli austriaci. Ma i comandi superiori italiani decisero di non consentirlo e ordinarono a mitragliatrici e artiglieria di far fuoco su chi si stava arrendendo. Sull’episodio ci fu uno scambio di lettere tra il presidente del consiglio Boselli, il ministro Bissolati e vari generali, tra cui lo stesso Cadorna, e successivamente anche un’indagine della Commissione di inchiesta per Caporetto(dato che a Caporetto i superstiti di quella brigata furono tra i primi ad arrendersi agli Sturmtruppen del tenente Rommel).

Ho voluto ricordare questo episodio di barbarie classista degli alti comandi militari del nostro paese per chiarire che la mia ostilità a Israele non è dovuta certo a un pregiudizio nei suoi confronti, ma a un profondo sdegno per la logica del militarismo incarnata nel suo gruppo dirigente da decenni, grazie all’impunità assicuratagli dal grande protettore statunitense, che d’altra parte ha compiuto a sua volta efferati crimini in tutte le guerre in cui si è infilato in tutti i continenti, dalla Corea al Vietnam, al Vicino e Medio Oriente.

Dicevo che in questi due mesi ho esitato a trattare sistematicamente questo nuovo episodio di un’aggressione che prosegue spietata fin dalle guerre “fondative” del 1947-1949, in cui l’esercito israeliano, ben più armato degli eserciti arabi mal diretti da ufficiali britannici, e rifornito da molti Stati, compreso il Sudafrica razzista che gli fornì l’aviazione, ebbe facile ragione degli avversari. Era già allora coperto dal benevolo silenzio dell’opinione pubblica internazionale (anche grazie al cinismo dell’URSS di Stalin, che fu il primo Stato a riconoscere de jure Israele).

Il ripetersi del vecchio copione “mi ha provocato un senso d’angoscia quasi insostenibile”. Sono parole di un bell’articolo sul Manifesto di Anna Maria Rivera, di cui riporto un altro passo con cui mi trovo in totale sintonia. Anche lei ha stentato a riprendere la descrizione, sgomenta “per l’automatismo ripetitivo della macchina bellica israeliana e per l’impotenza colpevole della “comunità internazionale”, capace solo d’imporre qualche effimera tregua nel lungo ciclo dell’assedio della Striscia di Gaza e dell’occupazione dei territori palestinesi.

«Da “Inverno caldo” a “Piombo fuso”, fino a “Margine protettivo”, lo schema è lo stesso, una coazione a ripetere che ha del patologico: un osceno replay, lo ha definito Robert Fisk, di ciò che è già successo in passato, ma del quale non si conserva memoria. Molti articoli pubblicati a gennaio del 2009 sono perfettamente sovrapponibili a quelli di oggi. E non solo perché, oggi come ieri, si bombardano ospedali, campi-profughi, interi quartieri, e le scuole dell’Unrwa sono tra i bersagli prescelti. Non solo perché, oggi come ieri, il sistema sanitario di Gaza è al collasso e gli abitanti sono ormai quasi privi d’elettricità e d’acqua. Ma anche perché identico è lo schema della narrazione dominante, sicché gli autori di quei vecchi articoli avrebbero potuto –forse lo hanno fatto- limitarsi ad aggiornare le date e qualche dettaglio. Io stessa, in fondo, per quanto tutt’altro che mainstream, sono vittima della coazione a ripetere.»

Troppe cose sono rimaste uguali. In effetti quel che scrivevo nel 2009 è ancora valido in tutto e per tutto. Come negli attacchi precedenti, grazie a una fitta rete di informazioni che circolano in alcuni canali internet, e anche grazie a quanto è trapelato su diversi giornali, non è impossibile - anche se non facile - sapere cosa è accaduto a Gaza. Più difficile interpretarlo, grazie alla sostanziale unanimità di gran parte delle forze politiche in Italia: praticamente tutti hanno giustificato il comportamento dei sionisti, con la benedizione del presidente Napolitano, da sempre fautore dell'unità nazionale e per giunta vecchio amico di Israele.

Soprattutto nelle scuole – spesso col pretesto della giornata della memoria e di un uso strumentale della Shoah, ma soprattutto grazie a libri di testo spudoratamente unilaterali – negli ultimi anni è stata riversata una quantità impressionante di propaganda sionista, con interpretazioni mitologiche delle vicende storiche che hanno portato alla formazione dello Stato di Israele e una sistematica demonizzazione della successiva reazione palestinese all'espropriazione della terra e ai ripetuti tentativi di pulizia etnica.

Per spiegare la logica implacabile dell'atteggiamento sionista a Gaza, non attribuibile solo ai calcoli preelettorali o agli "eccessi" di questo o quel ministro o generale, è necessario ripercorrere l'intera vicenda dei rapporti tra ebrei e palestinesi, fin da prima della creazione dello Stato di Israele ed anzi fin dall'antichità.

Per questo ripropongo ancora una volta – senza modifiche o aggiunte – un mio scritto (in collaborazione con Cinzia Nachira), pubblicato inizialmente in opuscolo dal Forum delle donne dell'RdB nell'agosto 2001, che analizzava le grandi mistificazioni più frequenti. Dato che queste, al momento di ogni nuova crisi, vengono riproposte più o meno nello stesso modo su tutti i media, avevo ritenuto di ripubblicarlo integralmente, senza tagli o modifiche anche nel 2009 e lo avevo usato come base informativa in molte iniziative pubbliche, ed era stato riprodotto da diversi comitati di solidarietà con la Palestina. Mi sembra ancora utile la nota di aggiornamento che faceva il punto sulla penultima crisi, e in particolare sulla criminalizzazione di Hamas. In realtà chi ricorda la valanga di calunnie riversate per decenni su Arafat (e anche sul "terrorista" Nelson Mandela e tanti altri...) dovrebbe essere in grado da solo di dubitare dalle versioni fornite ogni giorno dalla grande stampa "indipendente", spesso rifornita direttamente dalle veline del Mossad.

Il saggio integrale del prof. Antonio Moscato si trova qui

P.S. Sul mio sito questo scritto ha già avuto più di 5.000 visite. Mi scuso con chi l'ha già letto, ma ho ritenuto di rilanciarlo per fortuna ci sono molti nuovi visitatori che faticherebbero a trovarlo in un sito ormai sovraffollato.

 

Foto: Flickr

 


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