ENI, lo stato intima il pagamento di due miliardi di euro

par Mazzetta
mercoledì 4 agosto 2010

 

Il documento che segue è l'intimazione all'ENI, da parte dell'Avvocatura di Stato al pagamento entro sessanta giorni di quasi due miliardi di euro (circa quattromila miliardi delle vecchie lire), sanzione elevata nel 2008 per l'inquinamento da DDT e altre sostanze tossiche del sito di Pieve Vergonte, dove operava un'azienda chimica che agli inizi degli anni '80 passò sotto il controllo dell'ENI (Enichem, poi Syndial). Il documento porta la data del 30 giugno 2009 ed è inviato per conoscenza al Ministero dell'Ambiente, retto dal ministro Prestigiacomo, al quale la somma dovrebbe essere versata.

Alla scoperta (tardiva) dell'inquinamento da DDT nel 1996, cominciò un lungo cammino giudiziario che nel 2008 ha portato alla condanna dell'ENI al pagamento della robusta sanzione, condanna contro la quale ENI ha opposto un ricorso che dovrebbe essere andato male, stante la lettera dell'Avvocatura di Stato.

Sembrerà strano che non se ne sappia nulla, ma i media nazionali quando si arriva a brutte notizie per l'ENI sembrano distratti, se ne occupano al massimo i giornalisti economici e per non più di qualche riga, spesso con grave danno degli investitori ignari dell'arrivo di botte del genere, anche se attese da anni. È appena il caso di ricordare che ENI ha appena pagato trecentosettanta (370) milioni di dollari cash (circa 250 al Dipartimento di Giustizia e 120 alla SEC, l'organo di controllo di borsa) in seguito alla condanna di un tribunale americano per la corruzione (in concorso con altre aziende, tra le quali l'americana KBR) di funzionari nigeriani al fine di ottenere vantaggi in quel paese. E li ha pagati di corsa onde evitare le conseguenze peggiori minacciate dalla giustizia statunitense.

Sarà forse per quello che l'Avvocatura di Stato si è stancata di attendere e ha inviato la diffida ad adempiere, minacciando provvedimenti esecutivi, cioè di procedere il sequestro dei beni dell'azienda. È appena il caso di sottolineare che questa non è l'unica causa del genere che pende sul capo all'ENI e alle sue controllate.

Il documento in questione è stato pubblicato su Indymedia, dove nel corso degli anni qualcuno che ha accesso ai documenti dell'azienda ha depositato un discreto numero d'imbarazzanti testimonianze del genere relative all'ENI, non mancando di segnalarmele personalmente in via anonima. È questa la prima volta che raccolgo e diffondo queste segnalazioni e invito chi legge a seguire le "piste" disseminate dalla fonte anonima su Indymedia partendo dal link qui sopra. Approfitto dell'occasione anche per ringraziare l'anonima fonte per quello che interpreto come un attestato di stima.

La stessa ENI ne riconosce il valore in suo documento interno: "Eni ha ricevuto notizia che il portale Indymedia è in possesso di memorandum riservato predisposto dall’Avv. Mantovani e sarebbe intenzionata a pubblicarlo su internet (pagamento di 254 milioni di $ al Department of Justice USA). L’iniziativa potrebbe determinare non poco imbarazzo e negative ripercussioni per l’immagine del Gruppo."

Se n'è accorta l'ENI, che ha fatto la tipica confusione tra Indymedia e chi la utilizza, ma non se ne sono accorti i media ed è facile verificare quanto sia difficile reperire notizie in merito. Nessun imbarazzo quindi per l'azienda, non se n'è accorto nessuno che hanno dovuto pagare centinaia di miliardi agli Stati Uniti per aver corrotto qualche nigeriano.

Ancor più stranamente nessun esponente politico ha mai pensato di chiedere conto di questo esborso milionario, figurarsi delle attività corruttive in Nigeria, eppure l'ENI è partecipata dal Tesoro e queste sanzioni pesano indirettamente anche sul bilancio dello stato, a differenza dei due miliardi chiesti dall'Avvocatura dello Stato che rappresentano "solo" un danno agli altri azionisti perché dovrebbero finire nelle casse dello stato, compensando abbondantemente le sue perdite in qualità d'azionista.

In realtà non c'è niente di strano, l'ENI gode della evidentemente e totale indipendenza dalla politica, che non ha mai osato ostacolarne gli affari nemmeno nei casi più discutibili o in occasione delle scelte strategiche più opinabili dal punto di vista ambientale, nemmeno la recente scelta d'investire nello sfruttamento delle sabbie oleose in Congo (un'attività tragica dal punto di vista ambientale), facendo affari con una delle peggiori dittature africane, ha sollevato la minima critica o il minimo dibattito da parte della politica che conta o l'attenzione dei media.

 

 


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