E ora Di Pietro processa la Consulta

par dAW
sabato 4 luglio 2009

Forse siamo giunti al punto di non ritorno. Quando un soggetto che non si sa bene se sia un parlamentare o un inquisitore dei secoli andati, arriva a dire che un giudice della Corte Costituzionale è “un reo confesso” per aver detto che sì, ha ospitato a cena Berlusconi, significa che il baratro è più che mai vicino. Ma cos’è successo di preciso? In pratica, l’Espresso (tanto per cambiare) ha “rivelato” che lo scorso mese di maggio il giudice Luigi Mazzella, già ministro della Funzione Pubblica dal 2002 al 2004, ha osato organizzare una cena a casa sua tra vecchi amici, tra cui il Premier, Letta, Alfano e un altro ermellino, Paolo Maria Napolitano.

Dopo la ovvia e scontata bufera, con la performance nauseante di Di Pietro alla Camera dell’altro ieri, Mazzella ha confermato tutto, senza tentennare. E fin qui, ok. Quel che è sconcertante, divertente se non fosse vera, è la reazione del trebbiatore di Montenero di Bisaccia, che ha tuonato dal pulpito del suo partitello: “Con la sua lettera aperta a Berlusconi il giudice della Corte Costituzionale Luigi Mazzella e’ reo confesso”. E non è tutto, perché l’arringa, bava alla bocca, prosegue:

“Egli ammette di essere un amico di vecchia data e di avere rapporti di frequentazione e di intimità con il plurimputato Silvio Berlusconi, senza rendersi conto che egli è anche giudice della Corte Costituzionale che deve esprimersi sulla legittimità del Lodo Alfano”

In pratica, siccome a ottobre la Consulta si troverà a valutare una legge varata dall’attuale Governo che interessa direttamente il Presidente del Consiglio, sono impossibili saluti, cene e incontri tra persone che si conoscono da dieci, venti, trent’anni. E passi che a quel “ritrovo carbonaro e piduista” i commensali citati fossero accompagnati dalle rispettive consorti (chi le ha ancora), che la domestica di fiducia del Mazzella fosse libera di passare tra i tavoli e fermarsi a scambiare battute con i presenti. No, per Di Pietro quel sabbah stregonesco era finalizzato a organizzare un piano diabolico per far passare il Lodo Alfano. E così, con tutta l’autorità che Tonino è convinto d’avere, ha chiesto l’intervento urgente del Capo dello Stato, affinché la democrazia sia salvata dai loschi tentacoli berlusconiani. Pronta quanto deludente per il pm perpetuo, la risposta del Quirinale, che fa sapere di non voler interferire “con l’autonomia di movimento insindacabile della Consulta”.

Non c’è niente da fare. Di Pietro, forcaiolo a denominazione d’origine controllata, ci stupisce sempre: appena l’attenzione su di lui cala un po’, ecco che fa tintinnare le manette, alza la voce, e blatera qualcosa. E’ così da quasi vent’anni, ormai c’abbiamo fatto il callo.


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