È morto Erich Priebke: 100 anni tra nazisti hitleriani e i neonazisti

par Concetta Di Lunardo
sabato 12 ottobre 2013

E' morto ieri a Roma, all'età di 100 anni, l'ex ufficiale delle Ss Erich Priebke. E' il suo legale Paolo Giachini a darne notizia insieme all' "ultimo lascito", un'intervista recente in cui il boia ribadisce di non rinnegare il suo passato: "La dignità con con cui ha sopportato la sua persecuzione - si legge nella nota del legale - ne fanno un esempio di coraggio, coerenza e lealtà. Il suo ultimo lascito è una intervista scritta e un video, testamento umano e politico".

Priebke scontava agli arresti domiciliari una condanna all'ergastolo, per aver partecipato all'eccidio delle Fosse Ardeatine durante il quale, nel 1944, vennero fucilati a Roma 335 civili italiani come rappresaglia per un attacco partigiano che aveva provocato la morte di 33 militari tedeschi.
Lo guardo di ghiaccio era quello di un criminale, mai nessun segno di pentimento per quello che ha fatto, in un secolo di vita mai una parola di comprensione per le vittime di un massacro che pianificò e che ci lascia sbigottiti:

"La fedeltà al proprio passato è qualche cosa che ha a che fare con le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la Weltanschauung ed ancora ha a che fare con il senso dell'amor proprio e dell'onore. La politica è un'altra questione. Il Nazionasocialismo è scomparso con la sconfitta e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare".

Nell'intervista-testamento politico di luglio, sette pagine di domande e risposte lucide senza alcuno spazio di riflessione critica sulle pagine più tristi del "secolo breve", l'assassino cavalca la storia e nega persino l'Olocausto: "Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli americani a Dachau". Leggiamo della fedeltà al proprio passato come un atto di corenza rispetto alla presunta "etica della convinzione":"Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali e ha a che fare con il senso dell'amor proprio e dell'onore".

Forte lo sdegno nelle parole del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: "E' difficile provare emozione di fronte alla morte di un criminale, un soggetto che nell'arco della sua vita, e qui rimane l'amarezza, non ha mai mostrato nessun momento di cedimento e non ha mai confessato i suoi peccati di gioventù. Non si è mai pentito delle azioni criminali, non ha mai avuto pietà per le sue vittime e neanche per i loro familiari. Io personalmente oggi non riesco né a ridere né a piangere. Esistono delle certezze nella religione. Quelli delle Fosse Ardeatine sono degli angeli e si occuperanno di lui per l'eternità. Priebke farà i conti con loro nell'altro mondo". 
 

Per chi volesse approfondire la storia dei cento anni di Priebke vissuti in continuità tra nazisti hitleriani e i neonazisti suggeriamo di leggere del giornalista Franco Fracassi, il libro intitolato Quarto Reich.

Nel libro, l'autore avanza l'ipotesi che l'ex capo della Gestapo a Roma fosse il tesoriere dell'internazionale nera, colui che finanziava le stragi e le spedizioni skinhead, colui che pagava le campagne elettorali dei partiti neonazisti, che forniva fondi per i colpi di Stato e che stipendiava gli avvocati che difendevano i picchiatori, gli stragisti e i camerati sfuggiti a Norimberga. La denuncia di Priebke per diffamazione al giornalista è immediata.

Franco Fracassi racconta le vicende giudiziare dei 14 anni di processo contro Priebke (da Popoff.Globalist)

Ci siamo trovati una mattina di febbraio io e lui nella stessa stanza. Io arrivato al Tribunale di Roma con il mio scooter. Lui a bordo di un cellulare dei carabinieri. Lui era lì perché sperava di avere da me 400.000 euro. Io ero lì perché quei soldi non glieli avrei dati nemmeno se fossero sbarcati i marines nel salotto di casa mia.
Priebke arrivò in ritardo. Poco male, anche il giudice lo era. Nel frattempo mi intrattenni col suo avvocato. Fu molto istruttivo, perché il legale era un vero esaltato. Dopo poco più di mezz'ora di conversazione mi chiese se volevo partecipare a un campo hobbit da lui organizzato.
Priebke arrivò scortato da due carabinieri. Lui aveva ottantacinque anni e loro una quarantina. Ma lui camminava impettito, con passo marziale. Loro, invece, sembravano stanchi di quella gita al tribunale. Attendemmo il giudice quasi un'altra ora. Io dopo un po' cercai qualcosa a cui appoggiarmi, e così tutti gli altri. Lui no. Priebke restò per tutto il tempo in piedi, dritto, come se il tempo per lui non fosse mai passato. Un vero e proprio uomo di ferro. Dritto, impettito, con lo sguardo fisso e glaciale, senza muovere un muscolo. Aveva ottantacinque anni e restò così per più di un'ora. Mentre lo guardavo sbigottito non vedevo un vecchio signore, ma un giovane ufficiale delle Ss, un soldato capace di commettere qualsiasi tipo di nefandezza perché indottrinato a dovere.
Le nostre vicende giudiziarie durarono parecchi anni, quattordici per la precisione. Alle fine l'ho spuntata io, in tutti e tre gradi di giudizio. Una sentenza storica. Perché, per la prima volta, sentenziava che un ufficiale delle Ss non aveva solo commesso crimini atroci durante la guerra per poi mettersi da parte da bravo cittadino e cercare l'oblio fino al resto dei suoi giorni, ma aveva continuato a praticare i dettami della dottrina hitleriana per tutta la vita. Per la prima volta un nazista era stato condannato per quello che aveva fatto dopo la guerra.

Foto: Wikimedia


Leggi l'articolo completo e i commenti