E’ così dannatamente semplice - Riflessioni sull’immigrazione

par Riciard
venerdì 14 novembre 2008


Molti italiani vorrebbero una patria di autoctoni, priva della attuale marcata presenza di immigrati.
Gli italiani sono soliti dire che "ognuno dovrebbe rimanere a casa propria".

Facendo un falso passo indietro rispetto alle mie posizioni, radicalissime in senso opposto, voglio ammettere che abbiano ragione, in virtù del fatto che, escludendo i viaggiatori, le persone preferiscono crescere e vivere dove sono nate.
Il problema, quindi, non è "Come fare ad accogliere migliaia di persone, come dare loro lavoro, come levare dalla strada chi non lo trova?", bensì "Come si possono creare le premesse perchè ognuno rimanga a casa sua?".

In sordina, è ovvio che chi emigra non ha a casa una situazione facile, è ovvio che è inseguito da problemi fin troppo grandi, per noi, da capire. Questo è ovvio perchè le "anime migranti" sanno a cosa possono andare incontro, sanno che potrebbero ritrovarsi a mollo nel mare col solo appoggio delle gabbie per tonni, tuttavia conoscono bene le difficoltà della vita e sono disposti a rischiare. Magari nemmeno per loro stessi, forse per le madri, i padri, i figli, o quant’altro.



L’Italia rientra in quel poco nutrito gruppo di paesi "evolutissimi" che da tempo sfrutta le risorse prime e la manodopera a basso costo dei paesi detti "del terzo mondo". Questo sfruttamento, che è alla base del modello attuale di capitalismo, sostiene lo standard di vita medio occidentale, permmettendo una aspettativa di durata e qualità della vita infinite volte superiore a quelle di una persona del terzo mondo.

Prendiamo due bambini appena nati, uno a Milano, l’altro a Caracas. Avranno due vite differenti, e non dovete essere troppo lungimiranti per coglierne le diversità; è un quiz che non pubblicherebbero nemmeno su La settimana enigmistica.

Quindi, credo sia il minimo provare ad accoglierli, a dare loro l’opportunità di verificare se esiste una vita diversa da quella in piena, costante povertà. Tuttavia è possibile un’altra strada: migliorare la loro qualità di vita sul loro territorio, difenderli da questo modello aggressivo che li spinge a trovare fortuna da questa parte del mare, creare infrastrutture e possibilità dove non ci sono. Noi stessi siamo emigrati costantemente per il mondo in cerca di fortuna fino a che non c’è stato il piano marshall, la piena occupazione e la generazione dei baby boomers, per cui come pretendere di risolvere il problema in maniera diversa?

P.S. Come ovvio post scriptum di questo articolo la mia opinione in merito alla politica adottata da questo governo in materia: è razzismo. I centri di detenzione, la mozione in cui si richedeva la denuncia delle persone extracomunitarie, forse clandestine, al pronto soccorso è razzista, l’introduzione di classi ponte è razzista, e via dicendo. Credo fortemente in una società multietnica e culturale, ma se proprio decidete che ognuno debba stare al suo posto, fate in modo che sia così.


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