E alla fine la mont(i)agna partorì il topolino

par paolo
giovedì 8 dicembre 2011

Il governo Monti alla prova dei fatti.

Mi aspettavo la rivoluzione dei massimi sistemi, lo stravolgimento della vecchia politica e dei sistemi di concertazione, la fine dei compromessi, l'analisi fredda e cruda della situazione e la conseguente applicazione delle misure necessarie senza guardare in faccia nessuno.

Monti è un tecnico, ancorché fatto senatore in quattro e quattr'otto da Napolitano, e si è circondato di "tecnici"; il suo è quindi un governo squisitamente "tecnico" che però ha comunque il difetto di dover passare al vaglio della politica, di questa politica. Si è detto e scritto che comunque i Bersani, i Casini e gli Alfano avrebbero dovuto ingoiare il rospo perché altrimenti avrebbero mostrato il loro vero volto al giudizio della opinione pubblica.

La Lega, ormai sempre più Giamburrasca, sola all'opposizione a rinvangare il sogno della Padania libera in un patetico remake che intristisce chiunque abbia un minimo di sale in zucca. Insomma Monti mi appariva come il Robespierre rivoluzionario che cala intransigente la ghigliottina sul collo degli ingordi (ig)nobili parassiti che hanno ridotto questo paese in braghe di tela, saccheggiando e sperperando tutto il possibile in una corsa all'arraffamento senza limiti.

Alla fine eravamo riusciti, insperatamente e per mano altrui, ad uscire dall'incubo del governo più screditato e impresentabile di sempre. Occasione migliore di questa per dare una svolta definitiva al paese, probabilmente non si ripresenterà mai più.

A novembre la Merkel, nell'incontro a tre con Monti e Sarkozy, aveva giudicato "assolutamente impressionanti" le misure che il governo italiano si accingeva a varare; i media prospettavano misure draconiane soprattutto su coloro che non hanno mai pagato, lo stesso Premier aveva disegnato uno scenario apocalittico che non ammetteva esitazioni di sorta. Nessuna mediazione con i partiti, incontrati solo per correttezza formale, e nessun compromesso con le parti sociali e sindacati, convocate in un'ammucchiata notarile solo per prendere atto. Prendere o lasciare con all'orizzonte breve lo scenario di un possibile default dell'Italia e la fine dell'euro.

Anche lo stile che Monti ha inaugurato sembrava preannunciare un cambio "epocale", tanto per usare un termine caro al suo predeccesore, comunicazioni secche e metalliche che Crozza ha subito messo in satira, vestiario banale (il loden), biglietto pagato per entrare ad una mostra, beccato a fare gasolio con dieci euro al self service e via dicendo in una mitizzazione dell'essenziale e del sobrio che ci ha fatto sentire tutti meno latini e più anglosassoni. Insomma si cominciava a respirare aria nuova, il passaggio dal governo del "colore" e del pittoresco a quello della serietà e dell'impegno.

Le premesse c'erano tutte malgrado lo strepitio dei soliti noti sui possibili, anzi probabili, conflitti di interesse che si annidavano in questo governo e l'eccesso clericale nelle rappresentanze. Alla fine la "manovra" è stata varata e si apprendono le prime indiscrezioni. E subito arriva la prima delusione. Martedì prossimo, dopo il passaggio per l'approvazione delle Camere, Monti parteciperà alla trasmissione "Porta a Porta" di Vespa. Hai hai, ci risiamo, non me lo sarei mai aspettato.

E veniamo alle indiscrezioni sui contenuti della manovra. L'ICI torna con il nome di IMU, vecchia abitudine italiana di cambiare il nome alle tasse per farle ingoiare meglio e probabilmente per togliere i pruriti a Silvio Berlusconi che ha giurato che mai accetterà il ritorno alla tassa che gli ha consentito di vincere in extremis le elezioni del 2008; sarà una tassa sul patrimonio immobiliare rimodulata sui redditi di famiglia e colpirà anche la prima casa, verranno rivalutate le rendite catastali del 15%.

Aliquote IRPEF, che passano dal 42% a l 46% e per i redditi superiori a 75.000 euro, tassa sugli yacht, o meglio tassa sul posto barca, che passa da 7 a 150 euro (anche gli aerei privati sono nel mirino), INPS amara dal 2012, in pensione a 66 anni gli uomini e a 63 le donne, calcolo con il sistema contributivo ossia in base ai contributi effettivamente pagati, taglio ai trasferimenti agli enti locali per un totale di 3,5 miliardi, titoli di stato BOT , CCT , Btp per pagare le imprese creditrici dei debiti accumulati, sgravi e incentivazione sul lavoro all'assunzione dei giovani (probabile riduzione dell'Irap);

tagli alle spese militari e alla sanità, bonus energia e ricerca, novi fondi per il piano carcerario, fine delle provincie con passaggio delle competenze a regioni e comuni, lotta all'evasasione fiscale con soglia di tracciabilità (pagamenti per contante a 1.000 euro) infine liberalizzazioni delle professioni e delle attività commerciali, di cui al momento non è dato sapere.

Rimane invece ferma la 21% l'IVA, scongiurando i probabili effetti recessivi di un inasprimento al 23%, come paventato. Manca una voce, quella che mi sarei aspettato come quella "escatologica " sui nostri destini di umili cittadini, la riforma dei costi della politica, ossia la fine dei vitalizi che invece si prospetta soltanto in termini di variazione del calcolo, passando al sistema contributivo e che pare che i nostri onorevoli abbiano già un piano per aggirare con una leggina ad hoc, la riduzione dei parlamentari, l'incompatibilità tra carica pubblica e professionale, una vera patrimoniale sulle ricchezze e le rendite accumulate grazie soprattutto all'evasione fiscale e via dicendo.

Insomma può darsi che questa riforma soddisfi i nostri partner europei, può darsi che questo ulteriore salasso stimato in 25 miliardi di euro ci eviti il default e salvi l'euro, ma dov'è il cambiamento "epocale" ? Dov'è lo stimolo all'economia? Dove sono i presupposti per l'equità ? Dov'è la richiesta ai paradisi fiscali di notificare i "mariuoli " e di colpirli come si conviene?.

Se i presupposti sono questi, temo che entro due anni saremo d'accapo signore .


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