Due considerazioni sul caso Sallusti

par Filippo Cusumano
lunedì 3 dicembre 2012

Sul tema della diffamazione ha detto qualcosa di molto chiaro ad "8 e mezzo" una delle menti più lucide della magistratura italiana, Camillo Davigo (nella foto). Per diverse settimane, sotto l'incalzare mediatico del caso Sallusti, si era fatta molta confusione sul tema della libertà di pensiero.

Sembrava, a leggere certi commenti, che punire in maniera efficace la diffamazione fosse l'equivalente di attentare alla libertà d'opinione. Camillo Davigo, invece, ha spiegato con chiarezza una cosa che, a dire la verità, è chiara a moltissimi, anche se nei commenti di questi giorni appare relegata in un cono d'ombra.

Ha detto cioè che c'è la libertà d'opinione perché è consentito a chiunque di dire a quello che pensa del comportamento di un'altro.

Mentre non è permesso, quindi è diffamazione, cioè un reato, attribuire ad una persona un comportamento che non ha commesso.

Ed è questo il reato che è stato commesso nel caso Sallusti.

L'estensore dell'articolo pubblicato da Sallusti (allora era direttore di Libero) aveva sostenuto che il giudice di un tribunale dei minori aveva costretto ad abortire contro la sua volontà una ragazza di poco meno di quattordici anni. 

Peccato che non fosse vero.

Peccato che la notizia, pubblicata dalla Stampa, fosse stata smentita poche ore dopo da un comunicato dell'Ansa.

Giustificazione di Sallusti: a Libero non avevamo l'Ansa....

Qualcuno gli ha chiesto: perché non ha rettificato nei giorni successivi?

Risposta di Sallusti: perché non mi è stato chiesto. Non so cosa pensiate di queste giustificazioni, soprattutto della seconda. A me sembrano debolissime..

Quello che è certo è che dire che abitiamo in un paese in cui non c'è libertà di stampa è un'enormità...

Viviamo piuttosto in un paese in cui NON c'è libertà di diffamazione.

E onestamente vivere in paese in cui non c'è libertà di diffamazione mi sembra una garanzia.

È tale la forza di cui dispone chi dirige un giornale che mette i brividi anche solo pensare che possa essergli consentito di diffamare il prossimo, senza nemmeno esibire la buona volontà di un ravvedimento operoso.

Poi battiamoci perché non si possa andare in carcere per un articolo, ma non facciamo di chi ha diffamato un martire della libertà di opinione.

 

Faccio un esempio che spero sia chiaro: alcuni sistemi giudiziari prevedevano il taglio delle mani per chi fosse sorpreso a rubare.

Penso che battersi per abolire quelle norme sia un atto di civiltàMentre battersi per l'impunità totale dei ladri non lo è affatto.


Leggi l'articolo completo e i commenti