Dove vanno le democrazie e i presidenzialismi
par romo
sabato 2 maggio 2009
Alla fine del XX secolo i regimi democratici vecchi e nuovi sembrano aver preso la strada i primi di una confermata stabilità, i secondi del definitivo consolidamento, tant’è vero che nessuno di questi sistemi è crollato e nessuna differenza intercorre più oramai tra i sistemi presidenziali e quelli parlamentari: si potrebbe affermare che non è una questione di modelli ma di epoche. Questo “indirizzamento” alla democrazia, infatti, è stato sicuramente facilitato dalla scomparsa in primo luogo della lunga contrapposizione tra blocchi, che molto spesso aveva portato anche le democrazie occidentali a tollerare stati alleati non democratici e talvolta anche sanguinari; in secondo luogo è stato accomodato dalla morte delle ideologie tradizionali. Proprio per questo è difficile oggi vedere nei movimenti “anomali” che nascono nel mondo le medesime influenze internazionali che potevano subire e gli stessi risvolti sempre internazionali che potevano avere nel passato, ma ciò non significa che i regimi democratici e in seconda battuta quelli presidenziali saranno sicuri per sempre, né che non possano essere migliorati. I casi più significativi forse oggi si trovano proprio in America Latina. Terra per eccellenza dei sistemi presidenziali, il subcontinente sudamericano è quello che più ha sofferto i continui “travasi” di regimi e la successione al potere di Presidenti “quasi dittatori” e “dittatori un po’ anche Presidenti”.
Il sistema presidenziale e la presenza di altri fattori, in prima istanza politici, potrebbero in effetti ripresentare e portare alcuni stati verso crisi democratiche (la Colombia con la invadente e pericolosa presenza delle FARC). Il Venezuela con Hugo Chávez ad esempio, potrebbe rientrare tra questi: orientamento politico simile a quello di Allende ma dai comportamenti e toni fortemente populisti e di dubbia democraticità, propugnatore del “socialismo del XXI secolo”, Chávez è arrivato al potere con metodi poco democratici, anche se poi si è attenuto alle regole della democrazia, presentandosi a libere tornate elettorali e uscendo quasi sempre vincitore. È propagatore di trasformazioni sociali e statali forti e ha dei connotati fortemente antisistema. Se il Cile con l’elezione di Allende aveva subito forti pressioni internazionali avverse, Chávez sembra viaggiare più tranquillo sia per la flessione del potere che gli USA esercitano nell’area, sia per l’entità dell’arma economica agitata dal Presidente venezuelano e dalle risorse che questa gli conferisce. Più tranquilla sembra essere pure la situazione sociale interna, abituata ormai alla presenza di un personaggio scomodo che gode comunque di legittimità. Leggermente diverso è il caso boliviano di Evo Morales, anch’egli impegnato in un processo di trasformazione sociale alla guida di un movimento molto particolare, il MAS, dai toni meno coloriti di quelli del Presidente venezuelano.
fonte articolo