Dove è finita la ricchezza europea?

par crespi enrico
martedì 17 aprile 2012

La ricchezza e chi la crea si è spostata; i paesi marginali d'Europa, appesantiti dalla pessima gestione dei sistemi, pagano i costi più alti. Il commercio e la produzione dell'Occidente diminuisce a favore delle tigri d'Asia e, in un prossimo futuro, dei leoni dell'Africa. I nuovi paesi emergenti.

Ero a Budapest, qualche settimana fa, quando migliaia di persone protestavano contro le politiche del PM Viktor Orbán, che, disponendo di 2\3 dei Parlamentari sta costruendo una sorte d’oligarchia. ”La societa’ ne ha abbastanza della politica di Orban, e non intende sopportare nuove imposte e misure di austerita”’, dichiarava Peter Konya, leader del Movimento di Solidarieta’ uno degli organizzatori della protesta sotto l’immensa sede del Parlamento (un Duomo di Milano in grande).
 
Orban rispondeva tuonando contro l’UE e rilanciava, durante la festa nazionale ungherese del 15 marzo, slogan e idee nazionaliste. Il problema è che deve ricevere almeno 20 miliardi per tappare i buchi del bilancio dissestato. Intanto, proprio in questi giorni, il Presidente della Repubblica è stato costretto alle dimissioni per aver copiato la tesi di laurea.

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Insomma una situazione, anche lì, caotica che si riflette sulla situazione economica e sull’impressione di crisi e povertà che dà Budapest, con i suoi negozi chiusi, i palazzi un po’ fatiscenti, i vecchietti con gli sguardi persi. Qui per mangiare si spende meno che in Nepal (1000 fiorni= 3 euro), ho comprato una felpa per euro 0,50 e un paio di pantaloni per 2 euro, prezzi che non trovi neanche fra le merci indiane o cinesi di Asan Tole. A Budapest gente che dorme nei porticati delle banche, a Kathmandu sotto i templi. Suonatori di violino e di sarangi chiedono qualche spicciolo, identici nelle due capitali.

 Eppure, l’Ungheria ha avuto, negli ultimi 10 anni, risultati economici migliori dell’Italia. Il reddito procapite è passato da USD 4.893 a USD 5.702 (in Italia da 19.608 a 18.601), gli investimenti esteri sono sempre cresciuti (tranne che nel 2009) mentre in Italia sono sempre scesi (tranne il 2003), le esportazioni sono raddoppiate negli ultimi dieci anni (in Italia sono rimaste stabili). Eppure si percepisce riflusso non vi è l’energia e il dinamismo sentito in molti paesi dell’Africa e dell’Asia.

Per curiosità siamo andati a guardare gli indicatori (fonte Banca Mondiale) di alcuni paesi frequentati in questi anni (Nepal, Cambogia, Mozambico, Tanzania, Zambia) e, in tutti, il reddito procapite è salito mediamente del 40% (in Cambogia del 70%) dal 2001 al 2010. Gli investimenti esteri sono decuplicati in Zambia, Cambogia; raddoppiati in Mozambico; in costante aumento in Tanzania. Le esportazioni sono più che raddoppiate in quasi tutti i paesi (ad esclusione del Nepal). Certo i volumi sono diversi rispetto all’Italia ma il trend è impressionante e, questi sono paesi marginali rispetto ai BRICs dei rispettivi continenti. Infatti il Pil pro capite di Singapore è più alto di quello inglese e quello della Corea del Sud maggiore di quello italiano.

Globalmente, negli ultimi 20 anni la percentuale del commercio mondiale in mano alle economie avanzata è scesa dal 75% al 55% ed i trend indicano che la Cina sarà, in breve, la prima potenza economica mondiale; fra un paio di decenni emergeranno i paesi più dinamici dell’ Africa sottraendoci ulteriori fette di mercato. L’Ungheria, come l’Italia, sembra impastoiata in logiche vecchie, poco dinamiche. Si discute di cose irreali e, intanto, si perdono opportunità e ricchezza. L’Italia, per esempio, è il paese europeo che riceve meno investimenti dalla Cina, meno esporta in Asia, scaccia gli investitori stranieri come la British Gas, l’AT&T, fra gli altri (è di oggi che, invece, la Mercedes investirà in Ungheria). In Nepal, nel loro marasma, cercano con fatica d’inserirsi nei flussi di ricchezza mondiale: detassano gli investimenti, aprono zone speciali, fanno trattati di commercio e libero scambio con la Cina e l’India, rincorrono, con poco successo, gli investitori stranieri. Ma almeno si muovono. I paesi marginali dell’Europa sembrano fermi, stanchi, infossati; senza soldi si è meno liberi e più sudditi. Non è che fra qualche decennio vedremo ex impiegati di Milano e gli statali di Roma sui barconi a Lampedusa per migrare nella più ricca Africa.

 
 

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