Dopo la guerra la ricostruzione: Kobane chiede aiuto alla comunità internazionale
par Eleonora Corace
martedì 17 febbraio 2015
Il governatore del cantone di Kobane, Enwer Muslim, lancia un appello alla comunità internazionale per aiutare la popolazione di Kobane nel difficile compito della ricostruzione della città, dopo la vittoria che le truppe curde hanno riportato sulle truppe del Califfato.
Voglia di ricominciare a vivere. Vinta la battaglia contro l’Isis, Kobane vuole ritrovare la normalità. Lentamente la popolazione sta tornando nella città, ma la guerra ha lasciato segni profondi, che rischiano di essere indelebili e di compromettere pesantemente il futuro sviluppo della città e, di conseguenza, il progetto di democrazia partecipata inaugurato in quel cantone. Per questo l’amministratore del cantone di Kobane, Enwer Muslim, a battaglia finita, lancia un appello alla comunità internazionale. Muslim chiede aiuti per la ricostruzione della città, la bonifica delle strade e invita i Governi a fare pressione su quello Turco affinché autorizzi l’apertura di un canale umanitario al confine tra la parte turca del Kurdistan e quella Siriana.
Il primo problema concerne la possibilità per i profughi di tornare alle loro case. Dei 525,000 civili del cantone di Kobane, infatti, solo 25,000 risiedono attualmente in città. Dei rimanenti civili, 200,000, sono in Turchia attualmente e il resto è distribuito in diverse nazioni. La maggior parte di loro esprime il desiderio di ritornare nelle loro vecchie case, ma per facilitare il ritorno dei rifugiati, devono essere rimossi numerosi ostacoli.
Il primo problema è quello delle macerie e della ricostruzione della città. Come sottolinea l’amministratore Muslim nel suo appello, dopo mesi di combattimenti, oltre l’80% degli edifici della città, ormai, sono distrutti: “I rifugiati non possono tornare alle loro case sino a quando la città non sarà ricostruita – spiega Muslim - Negli ultimi due anni, non c’è stata corrente elettrica a Kobane e abbiamo avuto una costante carenza di acqua. La mancanza di tali servizi rende veramente difficoltoso per la popolazione ritornare a vivere nelle proprie case. Per questo ci appelliamo alla comunità internazionale affinché ci aiuti nel difficile compito di ricostruire la città”.
Un altro grande problema è quello delle bombe inesplose che anche a guerra terminata, restano in agguato per le strade. “Ci sono ancora seri pericoli per la popolazione di Kobane. La città è piena di bombe inesplose e mortai. I bambini giocano nelle strade vicino alla reale minaccia rappresentata da queste bombe. Solo nella scorsa settimana, una mezza dozzina di persone sono morte a causa di questi ordigni. Nei villaggi intorno a Kobane, l’Isis ha lasciato edifici pieni di esplosivi mortali, che rendono veramente difficoltosa l’avanzata delle nostre truppe. Fino a quando tutte le bombe e l’esplosivo non saranno rimossi da Kobane, la città e i villaggi non saranno sicuri e i rifugiati, che vivono nei campi in Turchia, non potranno tornare nelle loro case. Noi facciamo appello alla comunità internazionale e alle nazioni unite affinché forniscano le necessarie esperienze e strumenti per rimuovere urgentemente le bombe e l’esplosivo”.
Per tutto questo e per l’adeguato rifornimento di forniture mediche ed altri beni di prima necessità, viene chiesta l’apertura di un corridoio umanitario: “Il nostro progetto nel Rojava è iniziato ufficialmente il 27 Gennaio 2014. Ma noi dal gennaio 2013 affrontiamo un embargo contro i tre cantoni democratici di Kobane, Afrin e Cezire. Noi chiediamo alla comunità internazionale di sollevare immediatamente quest’embargo che ostacola la ricostruzione di Kobane. Senza un corridoio umanitario che fornisca medicine e altri aiuti , così come materiali di ricostruzione, Kobane non potrà essere ricostruita. È della massima importanza che la Turchia consenta che tale corridoio venga aperto, e noi chiediamo alla comunità internazionale di fare immediatamente questa proposta per la dignità della resistenza di Kobane e della popolazione del cantone. Quando abbiamo annunciato che nostre forze YPG e YPJ hanno raggiunto la vittoria e sconfitto i l’Isis, il 27 gennaio 2015, tutto il mondo ha celebrato la vittoria come una vittoria dell’umanità contro il terrorismo. La resistenza e la vittoria di Kobane è stata una vittoria per l’umanità e sarà un esempio per la storia. Kobane ha agito per l’umanità, ora è tempo per l’umanità della comunità internazionale di agire per Kobane. Invitiamo quelli che sono stati vicini alla nostra battaglia a continuare a supportarci nella ricostruzione di Kobane. Chiediamo ai governi e alle organizzazioni internazionali di aiutarci, fornendoci il supporto necessario”.