Dopo Megavideo chiusi VideoWeed e BtJunkie. Ma è la risposta giusta alla pirateria?

par Alvin Vent
mercoledì 8 febbraio 2012

Prima Megavideo, poi VideoWeed, ora BtJunkie. Il messaggio non può essere più chiaro di così: dite addio al file sharing.

La chiusura di BTJunkie è stato addirittura un volontario suicidio, probabilmente per evitare multe ed arresti già nell'aria, questo il messaggio lasciato in homepage:

Questa cari amici è la fine. Non è stata una decisione facile, ma alla fine abbiamo deciso di chiudere volontariamente. Abbiamo lottato per anni per il diritto di comunicare, adesso è tempo di guardare avanti. E’ stata una esperienza di vita, vi auguriamo il meglio.

Ma è davvero la fine di questo sistema di condivisione file? Di quale entità sono i danni che questi siti portano alle etichetti musicale e major cinematografiche?

L'interessante articolo di Matteo Bordone ci aiuta a capire qualche cosa in più sulla storia ed il funzionamento di questi siti:

Fino a un po’ di tempo fa andavano per la maggiore dei sistemi chiusi, come Soulseek o Emule, che mettevano in contatto persone con delle passioni comuni, e permettevano loro di scambiarsi canzoni o film da persona a persona, peer to peer. Dopo di che (nel 2001) sono cominciati i torrenti, cioè dei peer to peer in versione ammucchiata, dove cento persone che desiderano la stessa cosa se ne scambiano fettine in una stanza, vicendevolmente, finché tutti non hanno la torta completa. Il passo successivo sono stati i film in streaming di Megavideo, cioè un canale televisivo che trasmetteva contenuti rubati e lucrava sulla pubblicità.

L'articolo continua sottolineando la differenza tra beni materiali e digitali, pur individuando nel "mercato" il comun divisore tra le due categorie sopra indicate: il prezzo:

La differenza tra il possesso di una sedia e il possesso di dati digitali è notevole, chiara a tutti e nello stesso tempo di difficile definizione. Questo non toglie che qualsiasi cosa sia sul mercato ha un costo, e chi non corrisponde a chi vende quella cifra, o è sposato con la venditrice, oppure è un ladro.

Si aggiunga poi che "vedere Lost gratis non è un diritto" e la logica smonta ogni difesa nei confronti dei siti vittima delle azioni censorie da parte dei federali.

Se tali azioni arginino o meno il fenomeno della pirateria, lascio la risposta a questo video divulgativo di Antonio Lupetti.

Ma tornando a Matteo Bortone, tra le conclusioni dell'articolo si tocca di striscio quella che forse è la questione portante di ogni discussione su web e censura: "Resteranno modi illegali, e alcuni di quelli legali avranno la velocità e la fruibilità di quelli illegali".

Resteranno, quindi, alternative e scappatoie, perché l'evoluzione del web sarà sempre più rapida delle azioni punitive o di qualsiasi disegno di confine da imporre a ciò che, per definizione, confini non ha; non è un messaggio entusiastico nei confronti della rete, piuttosto penso che sia paradossale parlare di rete e legalità senza prima rivedere tutta una serie di termini (ad esempio copyright e diritti d'autore) che devono essere aggiornati (anche giuridicamente oltre che "filosoficamente", le due cose, poi, sarebbe bene andassero di pari passo) per poter quindi capire il nostro ruolo all'interno della rete e rivendicare eventuali diritti (di parola, di informazione e quant'altro).


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