Donne in politica, ancora lontani dalla parità

par YouTrend
mercoledì 24 giugno 2015

L’ultima tornata elettorale ha visto 7 regioni andare al voto e molto si è detto sulla tenuta delle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra, sull’aumento (per ora infruttuoso) del Movimento 5 Stelle, e sulla bassa affluenza alle urne. Con questo articolo vogliamo fare il punto su un aspetto differente: la presenza femminile nei consigli regionali del Belpaese, e il numero di sindaci donna al netto dei risultati delle comunali 2015.

Un primo dato complessivo che emerge è come la percentuale di elette sia estremamente contenuta: su 917 consiglieri regionali, solo 155 sono donne, pari al 16,9%. Quindi meno di uno scranno su cinque è occupato da una donna. Se il dato ci sembra sconfortante, va ricordato come solo due anni fa la percentuale fosse ancora più bassa e ci si fermasse al 13,9%. Ma vediamo i risultati per regione:

Sul podio troviamo l’Emilia-Romagna (34%), la Toscana (26,8%) e la Campania (25,5%), tre regioni che prevedono nel loro sistema elettorale la cosiddetta doppia preferenza di genere: se si esprimono due voti di preferenza, il secondo per essere valido deve essere espresso a favore di un candidato o una candidata di sesso diverso dal primo. Ciò, nell’intenzione del legislatore, dovrebbe favorire l’elezione di consiglieri donne e questo obiettivo sembra confermato dai dati (tale meccanismo è stato introdotto anche nell’Italicum così come approvato in vi definitiva). L’introduzione della doppia preferenza di genere è avvenuta per prima a livello regionale, in attuazione dell’art. 117 della Costituzione, nono comma (1). Tuttavia in numerose altre regioni (Puglia, Calabria, Veneto, Friuli), tale norma non è stata approvata dal consiglio regionale, e rimane in vigore il sistema della preferenza unica. Chiude la classifica la Basilicata, che non presenta consiglieri donne fra i propri eletti.

Se si aggregano i dati regionali per area politico-geografica, non ci stupisce il primato della Zona Rossa, trainata dalle percentuali di Emilia-Romagna e Toscana. Al secondo posto si piazzano le regioni settentrionali (17,7%), mentre sotto la media si collocano le regioni del Centro (Lazio, Abruzzo, Molise) e le regioni meridionali e insulari. Quindi l’aggregazione geografica e politica sembra avere un riscontro coerente con la percentuale di donne elette.

Un’indicazione simile emerge prendendo in considerazione il tasso di secolarizzazione come elaborato da R. Cartocci (Geografia dell’Italia Cattolica, 2011) e aggregando le regioni in tre classi: possiamo notare come le regioni più secolarizzate tendano a presentare un numero maggiore di donne nei propri consigli regionali. L’indice elaborato da Cartocci tiene conto di diversi fattori (tra cui: partecipazione alla messa e all’ora di religione nelle scuole, percentuale di matrimoni civili e di figli nati fuori dal matrimonio, destinazione dell’8×1000) e varia dal valore di 177 dell’Emilia Romagna al 32 della Basilicata. L’unico caso deviante resta quello della Campania che, pur essendo una regione meridionale e a bassa secolarizzazione, presenta una “alta” percentuale di donne, essendo stata la regione che per prima ha introdotto la doppia preferenza di genere nel 2009.


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