Disinformazione d’origine controllata. Effetti collaterali di un’era

par Matteo Maero
sabato 22 settembre 2012

In queste giornate “preaccademiche”, passare il tempo in maniera meno noiosa possibile diventa una priorità quasi irrinunciabile, assoluta. E così, ben presto mi ritrovo a navigare su YouTube, fra flutti demagogici e gorghi di demenzialità.

L’arcipelago in cui ho navigato oggi è stato quello degli inni nazionali, motivetti musicali che cercano di rappresentare una data nazione attraverso le 7 note e le loro infinite combinazioni tonali; naturalmente, la magnificenza e l’altisonanza di questi ultimi variano a seconda dell’importanza che esso ha (o che si vorrebbe avere) nel panorama internazionale. Per giunta, è normale che inni come quello statunitense o russo siano dei veri e propri capolavori orchestrali, capaci addirittura di coinvolgere gli ascoltatori neutri, oltre che i più patriottici.

Questi video, insieme all’immancabile possibilità di commentare ogni contributo video presente su YouTube, contribuiscono a creare un mix talvolta esilarante tra critica politica e ideali della nazione verso cui l’inno si rivolge: perciò, non è raro che si formino veri e propri flame (litigi via web) tra utenti che esaltano la nazione in causa e chi invece la refuta. Poco fa ho citato la possibile esilaranza che questo mix litigioso contribuisce a trasmettere a chi assiste al flame, tale quando ad essere opposti nelle discussioni sono utenti disinformati o, ben peggio, italiani disinformati. Infatti, il contributo di colore che il Bel Paese dà alla disinformazione popolare è unico nel suo genere, tanto da poter essere definito d’origine controllata, evitando cosi che gli altri paesi non possano copiarla. Un po’ come nel caso del formaggio Grana o dal Barolo, si diffidi dalle imitazioni.

Un video laddove il nostro retaggio disinformativo viene fuori con un balzo carpiato, è quello dell’Inno dell’URSS. Se fate caso allo screen sottostante, mi evitate spiegazioni verbose e tediose.

 

Pacate discussioni. Ho volutamente censurato la causa della disinformazione perché è ben nota a tutti e non sta a me, povero 19enne che dovrebbe guardare Studio Aperto (ma invece non lo fa), rivelarvela; se non capite di che si tratta, è abbastanza grave ed è il caso che vi facciate due conti morali.

Tornando allo screen, è evidente come nel commento il sottoscritto venga definito come un “comunista”, parola del nostro dizionario recentemente parecchio inflazionata, unicamente perché faccio notare un dato che ritengo di fatto riguardo alle espressioni, politicamente e socialmente inadeguate, usate nel nostro paese da 20 anni a questa parte. O forse sono il disinformato che, liberale e liberista, non ho mai capito come i miei ideali siano riconducibili agli scritti di Marx e Engels, di cui l’utente ne sarà sicuramente profondo conoscitore. Perciò, mi sono ben presto ritirato nella mia presunta ignoranza (pensate che non sono stato nemmeno in grado di capire la parte finale dell’erudito intervento) ed ho continuato a saggiare la musica dell’Alexsandrov, compositore dell’inno Sovietico; perché, per quanto male si possa dire dell’URSS, quell’inno era, è e sarà impareggiabile. Alla faccia della disinformazione DOC.


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