Disastro Messina. La regola delle 5 W meno una

par Sonia Lombardo
lunedì 5 ottobre 2009

Così si è tenuta la tanto attesa manifestazione per la difesa della libertà di stampa. Avrebbe dovuto avere luogo sabato 26 ma, poi, la Federazione Nazionale della Stampa ha deciso che era meglio rimandarla nel rispetto del lutto nazionale per i militari caduti in Afghanistan.

Le ventidue e forse più vittime della stage di Messina, invece, non hanno meritato tanto rispetto. Eppure quella è stata l’ennesima stage di Stato, nel senso che tutti siamo colpevoli. Sono morti a causa di un sistema malato, corrotto e omertoso, così come è avvenuto in Abruzzo e a Viareggio.

Tutti sapevano: la Protezione Civile del tanto citato dissesto idrogeologico; la Ministra dell’Ambiente Prestigiacomo, che nella Sicilia orientale è nata e ci ha tenuto pure un G8 ambiente; i milioni di pendolari che ogni giorno si dirigono a Roma sanno quante volte sono stati deviati su autobus di fortuna a causa della frane sulla ferrovia. Fino alla settimana precedente la tragedia, ferrovia e autostrada Catania Messina sono state chiuse sempre causa frane.

Ma, per essere chiari, a nessuno importa della Sicilia e dei morti siciliani. Perfino Mr Berlusconi, che nel dopo terremoto ha sempre cercato di sdrammatizzare glissando sul numero reale di vittime, per Messina ha immediatamente decretato più di 50 vittime, dando per morti definitivamente anche i dispersi. Niente sorrisi per Scaletta e Giampilieri, questa volta. 

Ho come la sensazione che si pensi che in fondo quei siciliani lì se la siano cercata: "Chi vi ha detto di costruire nel letto di un fiume?" "Perché non vi trovate una casa da un’altra parte." Ma la realtà è ben diversa. Qui è inevitabile vivere ad un passo da un disastro imminente: se non vivi sotto una montagna che l’estate brucia e l’inverno frana, allora vivi ad un passo da un impianto chimico che di notte sfiata e ti appesta e, quando durante un incidente (perché l’impianto è mal messo) si aprono le valvole di sicurezza sembra che il Signore stia martellando sull’intera provincia.

Dove dobbiamo andare? Con le strade dissestate e le ferrovie messe ancora peggio? Non abbiamo piani d’emergenza per i terremoti, per le frane, per le intossicazioni. Non sappiamo chi dovrebbe fare attività di controllo e prevenzione. Non siamo informati, qui in Sicilia come nel resto d’Italia.

A L’Aquila si aspettavano una scossa forte dopo tre mesi di smottamenti, ma nessuno li ha avvertiti, né loro sapevano come salvaguardarsi. A Viareggio sapevano che tipo di treni passassero dentro la stazione cittadina? Sapevano che pericolo correvano mentre erano seduti in casa loro? Sicuramente sapevano quanto facesse schifo anche quella di ferrovia, ma a chi potevano rivolgersi?

Io rivoglio i perché. Avete notato che i giornalisti non domandano più perché; riportano i fatti senza i loro perché. Io voglio sapere perché la Protezione Civile arriva sempre dopo i disastri, quando è informata dei fatti. Voglio sapere perché il Ministro dell’Ambiente si occupa di impiantare un nuovo rigassificatore, quando sa in che condizioni si trova la sua terra. Io so che girano i soldi per la messa in sicurezza del Paese, ma voglio sapere perché non arrivano mai dove drovrebbero. Voglio sapere perché qualcuno riesce a costruire un campo di calcetto in mezzo ad un torrente.

Allora, sono lieta che i giornalisti manifestino per la loro libertà d’espressione, ma voglio che quegli stessi giornalisti ritrovino i loro perché. A Napoli l’emergenza rifiuti è durata 15 anni, fiumi di denaro sono arrivati alla Regione, la camorra ci ha costruito un impero e i migliori specialisti nel campo dello smaltimento. Questo accadrà anche a Messina e nel resto d’Italia. Le economie criminali (le uniche S.p.A che ci sono rimaste) campano di emergenze. Vogliono fare vivere questo Paese nell’emergenza continua, ma voglio anche sapere perché ci riescono sempre.


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