Deregolamentazione dei controlli sui trasferimenti di armi. Il “Made in Italy” che uccide
par Andrea Sironi
sabato 2 luglio 2011
Si chiama AC 4059, il disegno di legge presentato alla Camera e in discussione dal 27 giugno scorso, grazie al quale – come denuncia la Rete Italiana per il Disarmo – si avrà una pesante deregolamentazione dei controlli sui trasferimenti di armi.
La Rete per il Disarmo, (composta da: ACLI – Agenzia per la Pace Sondrio – Amnesty International – Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo – ARCI – ARCI Servizio Civile – Associazione Obiettori Nonviolenti – Associazione Papa Giovanni XXIII – Associazione per la Pace – ATTAC – Beati i costruttori di Pace – Campagna Italiana contro le Mine – Campagna OSM-DPN – Centro Studi Difesa Civile – Conferenza degli Istituti Missionari in Italia – Coordinamento Comasco per la Pace – FIM-Cisl – FIOM-Cgil – Fondazione Culturale Responsabilità Etica – Gruppo Abele – ICS – Libera – Mani Tese – Movimento Internazionale della Riconciliazione – Movimento Nonviolento – OPAL – OSCAR Ires Toscana – Pax Christi – PeaceLink – Rete di Lilliput – Rete Radié Resch – Traduttori per la Pace – Un ponte per…) ha emanato un comunicato sostenendo che la modifica della legge 185 del 1990 sul commercio delle armi – considerata un modello a livello internazionale per i divieti che contiene, per i controlli e le misure di trasparenza – non può avvenire senza un adeguato dibattito parlamentare e un confronto con la società civile.
Del resto è già da diverso tempo che questa legge subisce non pochi attacchi, essendo l’Italia un Paese che esporta una quantità di armi impressionante, soggetta dunque a particolari pressioni da parte dell’industria bellica.
Un commercio strisciante dai grandi fatturati. Armi italiane consegnate anche a Paesi sotto embargo.
Gli ultimi dati disponibili risalgono al quinquennio 2005/2009, trasferimenti così suddivisi da Giorgio Beretta, analista di Rete Disarmo: verso la Turchia per 1.483 milioni di euro (10,1% del totale), verso l’Arabia Saudita per 1.212 milioni euro (8,2% del totale), verso gli Emirati Arabi Uniti per 682 milioni (4,6% del totale), verso il Pakistan per 648 milioni (4,4% del totale), verso l’India per 594 milioni (4% del totale) e poi il Qatar, l’Oman e la Libia.
Paese quest’ultimo che vede particolarmente attivi i nostri mezzi militari, nonché le nostre forniture, infatti nel 2009, l’Italia ha fornito al regime di Gheddafi oltre 11.000 tra fucili e pistole di natura anche militare, senza dover passare per alcuna autorizzazione all’export che non fosse un semplice nulla osta della questura locale.
L’iter deregolamentativo, iniziato l’autunno scorso, è stato più volte denunciato dalla Rete Disarmo come più volte è stata denunciata la volontà del Governo Italiano di voler modificare la legge 185/90, in particolare i sei commi dell’art.16 che non definiscono in modo rigoroso i principi e criteri direttivi del decreto legislativo conseguente.
Come al solito, la trasparenza e la discussione democratica in questo Paese sembrano essere dei comportamenti lontani dall’essere perguiti, il regime senza confronto vuole decidere in nome dei poteri forti e del loro sistema affaristico, indifferente oltre che alla Democrazia, alla vita stessa delle persone uccise dal “Made in Italy”, come dire “Pecunia non olet”.
Lascio a Voi le conclusioni.