Depardieu, l’arte dell’egoismo
par Enrico Campofreda
sabato 5 gennaio 2013
Non fuggiva Olmo Dalcò dalle retate fasciste se non dopo aver riempito di merda lo squadrista Attila che i padroni Berlinghieri s’erano ficcati nell’aia. Né tampoco scappava Cyrano pronto a subìre e celare per amore anche l’agguato che gli costerà la vita. Tutti ricordiamo due ciclopiche interpretazioni che restano nella storia del cinema, oltre che nella personale carriera di Gérard Depardieu ben prima della sua crescita ponderale utile, al più, per somigliare a Obelix. Il bracciante padano e lo spadaccino d’Aquitania, idealisti entrambi, erano romantici e popolari quanto lo furono certe vicende del Novecento italiano fra le due guerre e il modello letterario che fruttò a Rostand l’ingresso nell’Académie française.
E da quegli inguaribili idealisti che noi stessi siamo, restavamo affezionati ai panni vestiti dal grande attore e ci piaceva sperare che anche il suo spirito soggettivo ne fosse segnato. Ne conoscevamo le umane debolezze, del resto chi è senza peccato? Non solo quelle del bon vivant, anche le contraddizioni e gli eccessi, pur da amour fou che avevano caratterizzato un’altra sua magistrale interpretazione nella truffautiana “La femme d’à côté”.
Gli orientamenti politici sono liberi e ciascuno sostiene il Presidente che si merita. Ora però la fuga di Depardieu supera ogni buon gusto. Finire fra le braccia del neo zar Vladimir Putin per non pagare le pur salatissime imposte fiscali previste dal governo Hollande, che domanda ai ricconi di spendersi e spendere più d’altri cittadini per sostenere la Francia, va quasi a negare quel che per anni l’attore ha interpretato. Altro che fustigatore dei costumi corrotti e persecutore di potenti e lestofanti, nonostante la mole Gérard si fa piccino piccino, cercando protezione nella diarchia del classismo dei nuovi padroni d’una Santa Madre Russia tornata ad affamare il popolo e difendere chi lo sfrutta per i suoi interessi. Rispondendo al primo ministro del proprio Paese (o ex Paese) Dépardieu sosteneva di voler finire in Belgio, gomito a gomito con altri miliardari che non amano i contributi fiscali.