Democrazia e poteri antagonisti

par Cesarezac
giovedì 6 dicembre 2012

Tutti sanno che democrazia significa governo del popolo. La costituzione stabilisce le regole dello stato democratico. Fu concepita dopo la seconda guerra mondiale, successivamente alla caduta della dittatura fascista, l’uccisione di Mussolini e la macabra esposizione delle sue spoglie a Milano, piazzale Loreto. Furono questi eventi fortemente traumatici che tutti desideravano lasciarsi alle spalle a suggerire che situazioni del genere non avessero a ripetersi nel futuro.

Nacque così la nostra carta costituzionale che i padri costituenti concepirono nel modo più garantista possibile. La democrazia è un sistema di governo imperfetto ma non se ne vedono di migliori. Sennonché, il peggiore difetto di ogni democrazia è l’eccesso di democrazia. L’eccesso di garantismo genera una sorta di paralisi dei processi decisionali e favorisce la nascita di poteri alternativi che possono arrivare persino a minacciarne la sopravvivenza così come nel passato si è verificato per la genesi di tutte le dittature. Nel nostro Paese, una diffusa cultura del “no” preconcetto ad ogni tentativo di progresso, di innovazione, ci ha portato ad un miserando declino a vantaggio dei Paesi concorrenti e contemporaneamente ha favorito la nascita di caste e di centri di potere che rendono il Paese ingovernabile. Per uscire da questo mefitico pantano urge una radicale riforma dell’architettura istituzionale: eliminare senza rimpianti il Senato e conferire maggiori poteri al capo del governo, a prescindere dallo schieramento politico di cui sia l’espressione.

Se, come sembra probabile, Pier Luigi Bersani sarà il prossimo presidente del consiglio, gli auguriamo che finalmente possa varare quelle riforme che auspicavamo e che il governo Monti avrebbe dovuto e potuto varare ma che invece ha preferito evitare, preoccupandosi dei problemi finanziari che gli sono più congeniali vista la sua formazione professionale e il mondo da cui proviene ed a cui è legato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a novembre del decorso anno 2011, di fatto, dispose l’insediamento di una compagine governativa non eletta dal popolo ma di suo gradimento. Non credo che si possa dubitare che egli esorbitò dalle sue attribuzioni d’istituto. È altrettanto vero però che la situazione politica era tale che per sbloccarla occorreva un colpo di mano forte.

Infatti, le prerogative del presidente del consiglio in carica, Silvio Berlusconi erano di fatto ostacolate da un’opposizione feroce, preconcetta, che gli impediva di varare come aveva in animo, le riforme indispensabili per il Paese. In sostanza, si era creata un’impasse che rendeva ingovernabile il Paese e che doveva essere sbloccata. Negli Stati Uniti dove la democrazia funziona meglio che altrove il presidente, una volta eletto, governa senza tanti ostacoli e l’opposizione rimane diligentemente e tranquillamente, in stand- by fino alla successiva tornata elettorale. A dispetto della sua autorevolezza, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha subito un affronto da parte del secondo dei poteri forti, l’apparato giudiziario, per la qual cosa ha instaurato un ricorso che ha trovato accoglimento da parte della Corte Costituzionale. La cosa ha trovato vasta eco sui mezzi d’informazione.

A proposito di mezzi d’informazione, la stampa, il terzo potere, esso è blindato dal proprio ordine professionale che di fatto costituisce una censura preventiva in quanto impedisce a chi ne avrebbe le capacità dimostrate sul campo, l’accesso alla professione, creando contemporaneamente un limbo che in realtà è una sorta di lavoro nero alla luce del sole, nel quale anche firme di fama consolidata, pubblicano articoli su tutti i giornali famosi o meno, pagati quattro soldi o persino non pagati, fatta eccezione per quei pochi fortunati, iscritti a libro paga, che vengono retribuititi profumatamente. Gli ordini professionali sono altre caste che, contrariamente alla loro ragion d’essere, anziché garantire gli utenti, li assoggetta agli interessi e ai voleri dei loro iscritti. Stando così le cose, anche queste caste, sarebbe ora che venissero abolite senza indugi. Fortunatamente ordine dei giornalisti e giornali cartacei hanno i giorni contati, internet li ha già condannati alla sparizione e per questo, la rete sta subendo preoccupanti minacce e tentativi di limitarne la libertà e l’accessibilità ai cittadini. La nostra democrazia, incontra altri ostacoli sul suo faticoso cammino: una burocrazia kafkiana, demenziale, ma così incancrenita che è cosa ardua il solo cercare di alleggerirla, renderla più dinamica e meno costosa, più sopportabile da chiunque nel nostro Paese abbia il coraggio di fare impresa. Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 5 dicembre hanno descritto efficacemente gli ostacoli che i dirigenti dei ministeri che “hanno l’interesse a rendere il funzionamento dei loro uffici il più opaco e complicato possibile, in modo da essere i soli a poterli far funzionare”, frappongono ad ogni tentativo di riforma da parte di quei ministri animati dalle migliori intenzioni, fino a scoraggiarli.

In sintesi, gli ostacoli che si frappongono al progredire del nostro Paese sono: l’attuale architettura istituzionale che invoca più poteri al presidente del consiglio, riforma della magistratura, riforma della burocrazia, riforma o abolizione degli ordini professionali, ricondurre la pressione fiscale a livelli sostenibili; quello attuale è la principale causa dell’elevato livello di evasione fiscale e di fuga delle aziende, oltre a produrre minori introiti per le casse dello stato, adeguare le infrastrutture informatiche e stradali allo stesso livello degli altri paesi con i quali dobbiamo competere. Si pensi che la nostra rete stradale nazionale ammonta a circa seimila chilometri di cui buona parte a pagamento, contro i circa dodicimila chilometri di quella tedesca gratuita. Le conseguenze di tale carenza, oltre a penalizzare fortemente la nostra economia comportano un tragico tributo di sangue per incidenti stradali che è uno dei tanti record negativi che ci caratterizzano. Al di là dal carisma dei leader, potremo giudicare il prossimo governo dal numero delle riforme sopra elencate che sarà capace di attuare.


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