Deformazioni professionali. Ricci e Kabul
par L’89
sabato 19 settembre 2009
E’ più che facile assimilare la propria parola alla parola dell’intoccabile altissimo, fare affinchè il detto e il non detto valgano per se stessi e per tutti in automatico, credendo la propria dimensione visuale unica, incontestabile.
Capita a tanti, capita spesso, capita di frequente in questi giorni, capita praticamente sempre ad Antonio Ricci.
Stavolta l’artefice fattuale della deflagrazione morale ed estetica del nostro paese s’apre al corriere e s’impenna sul ruolo delle veline nella tv. A sentirlo, persino formativo [e qui e qui - e forse anche in qualche altro post - avevamo già toccato la nota, tra censure mai spiegate e interviste oscene]. «Il messaggio che è passato quest’estate sulle veline è sbagliato. Si è attribuito la mercificazione del corpo femminile alle televisioni di Berlusconi. È falso. Se passa questo messaggio facciamo un cattivo servizio ai giovani che non conoscono il passato e a noi stessi. Molti hanno accusato Drive In di aver sdoganato le tette ma non è cosi. Era una trasmissione parodistica seguita da grandi intellettuali come Eco e Fellini e vantava i più bei cervelli della satira di sinistra di quel tempo. Era un’epoca, quella, in cui la tv era censurata da tutte le parti». Dice. La domanda che mi pongo: a quanti decibel deve risuonare la mia risata? Ed è tra le mie più fragorose, badate. Dunque non fu Fininvest a corrompere i costumi – predisposti, s’intende – mediatici e sociali, se lo si dice lo si fa credere ai giovani che non possono immaginarlo e che Drive In fu una vera e propria rivoluzione culturale. Poi?
«Le veline nascono da una mia idea dopo aver visto L’Espresso e Panorama mettere corpi di donne in copertina per parlare di qualunque tema. Non sono una mia invenzione, io le utilizzo solo come provocazione. È assurdo accusare le veline di Striscia quando sui giornali non si fa che vedere pubblicità con donne utilizzate per scopi commerciali». Quindi un balletto scosciato alle 9 di sera fra una battuta banale ed una di pessimo gusto costituisce una provocazione? E perchè non equiparare la Canalis a Pietro Manzoni? Far ballare della pessima musica a ragazze che per tuta l’estate sgomitano per e anelano a raggiungere quel paradiso terreno col quale si sono immaginate la fama rapprasenta provocazione? E a tal proposito: per quale motivo la provocazione del casting-tv estivo di Veline non è andato in onda, stavolta, e si è optato per 2 ragazze scelte in ufficio? Mmah, a saperlo: vero, Ricci?
Incontestabile assimilazionismo, o qualcosa del genere. Nè più nè meno del considerare l’onore per i servizi resi alla nazione dalle vittime di Kabul unanime, nazionale, paese tutto. E no: l’onore non so cosa sia, non ne ho idea e non voglio saperlo. Qualcuno dovrebbe smetterla di parlare a nome di tutti. E, aggiungo, a me non è stato reso alcun servizio. Non essendo azionista, che so, Tamoil.
Altro esempio? Il libro dei giusti. Questa m’innervosisce: il nome dei sei caduti è da ascrivere – a detta di non so chi – al libro dei giusti. Adesso: non che voglia tirar fuori tomi e temi di natura filosofica, ma la categorizzazione del giusto/sbagliato è da conati autentici. E’ stata forse dimostrata l’appartenenza, di coloro che chiamano nostri, alla schiera dei giusti? E se l’attentato – ricordo, ancora non rivendicato – trovasse origine nell’occupazione, effettivamente inspiegabile all’occhio musulmano, dei territori palestinesi da parte d’Israele? E se fosse conseguenza di ciò che loro credono, forse a ragione, una vera e propria occupazione militare arbitraria da parte di noi occidentali? E se l’azione fosse stata fomentata dalla voglia di rammentare all’americano che un tempo taliban e marines erano Franco e Ciccio? M’addentro: se la loro guerra santa è Guerra Santa, foriera di benefici ultraterreni, incontestabile, divina, chi si mette con chi ha ragione, e chi dalla parte del torto? E dunque: chi sta sulla sponda dei giusti? E chi no? E’ integralista ragionare per buoni e cattivi? Lo è, e questo non ci distingue affatto da nessuno.
La missione, in tanto, è in forse. Forse, perchè grande capo s’è accorto che se Bossi dice “Tutti a casa” è perchè la gente vuole tutti a casa. Al momento l’impalcatura che vuole reggere questo errore (l’essere entrati in Afghanistan) è il dover adempiere agli obblighi internazionali, che ci vincolano in quei territori: non è possibile muoversi di testa nostra. Peccato che le autorità internazionali vengano spernacchiate a giorni altreni dalla maggioranza intera, peccato che quei 6, condoglianze ai cari, siano da ritenere niente più che caduti sul lavoro. Gli ultimi di una numerosa schiera. Per fortuna lunedì, giorno dei funerali di stato, va in onda Striscia la Notizia: sarà di conforto ai parenti ammirare il balletto provocatorio di Maddalena Corvaglia.
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