Debito pubblico. Articolo 81: la costituzione tradita

par Carlo
martedì 2 agosto 2011

L' articolo 81 della costituzione italiana dispone quanto segue:
 
"Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte".
 
Dunque, secondo la costituzione italiana vigente, ogni legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte. Qual è la ratio della disposizione? Cosa vuol dire "indicare i mezzi per farvi fronte"?
 
Pur consapevoli del ruolo circoscritto riconosciuto ai lavori preparatori dalla dottrina costituzionalista, dobbiamo ammettere che, in questo caso, i lavori dell'Assemblea Costituente, con gli interventi di Einaudi, Mortati e Vanoni, indirizzano l'interpretazione in modo univoco.
 
Pare certo che lo scopo della norma sia quello di limitare la produzione di leggi che importano nuova o maggiore spesa pubblica, soprattutto di iniziativa parlamentare.
 
Se questa è la precisa ratio della parte dell' art. 81 qui discussa, diventa inevitabile adottare un'interpretazione rigorosa dell'espressione "indicare i mezzi per farvi fronte".
 
Essi devono essere costituiti da proventi tributari o da entrate extratributarie quali il corrispettivo della cessione di beni pubblici o utili distribuiti da imprese in mano pubblica.
 
E' invece vietato il ricorso a prestiti o all'emissione di titoli di debito pubblico, in particolare a medio/lungo termine, da collocare sui mercati finanziari.
Talmente vasta è stata la disapplicazione di questa parte della costituzione che, deficit dopo deficit, lo stock del debito pubblico italiano è diventato imponente. Il servizio di questo debito risulta così costoso, soprattutto in presenza di alti tassi di interesse, da condizionare negativamente e pesantemente non solo l' economia del nostro paese ma anche la vita stessa delle sue istituzioni democratiche.
 
Si può legittimamente parlare di un vero e proprio tradimento della costituzione, che risale agli anni Sessanta del secolo scorso.
 
Oggi i diretti eredi delle forze politiche che, come si ricava da questo studio della Banca d'Italia, più hanno contribuito a devastare la finanza pubblica italiana sono spesso i più impegnati a denunciare attuali vere o presunte violazioni della costituzione stessa.
 
Non è dunque facile stabilire chi, evangelicamente, sotto questo profilo, abbia nell' occhio una trave o una pagliuzza.

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