Dalla democrazia alla "mignottocrazia". Veronica Lario non ci sta e divorzia

par Roberto CalabrĂ²
domenica 3 maggio 2009

Ovvero come si è involuta la nostra democrazia dal 1948 a oggi.

Se i padri costituenti avessero immaginato cosa sarebbe diventata 60 anni dopo la democrazia italiana, per la quale avevano lottato, superando anche profonde divisioni ideologiche al momento di redigere la Carta costituzionale, probabilmente avrebbero gettato la spugna o introdotto criteri più rigidi per tutelarla.

Sessantun’anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, l’Italia è passata dalla democrazia alla "mignottocrazia".

Il copyright della (geniale) definizione appartiene al senatore Paolo Guzzanti, ex penna prestigiosa di "Repubblica", poi passato alla corte di Berlusconi e oggi - dopo la nota vicenda che ha opposto la figlia Sabina al ministro Carfagna - tra i più acerrimi nemici dell’omino di Arcore.

C’è un passaggio intermedio, nella storia della nostra Repubblica, che però il senatore Guzzanti dimentica e che ha portato a questo stato di cose: la plutocrazia. Come recita il dizionario De Mauro, la "supremazia politica e sociale dei ceti che detengono le grandi ricchezze finanziarie e industriali".

La plutocrazia è il regno di Berlusconi che la impersonifica sin dal 1994.
Mai visto, infatti, in una democrazia occidentale, l’uomo più ricco del Paese divenire premier e ammansire, con i suoi soldi e le sue Tv, alleati riottosi e oppositori (alcuni dei quali passati allegramente tra le sue fila), inclusi alcuni comunisti di lungo corso - vedi il ministro Bondi, ex sindaco "rosso" di Fivizzano - folgorati sulla via di Damasco, pardon...di Arcore.

Adesso siamo passati alla terza fase: dalla plutocrazia alla mignottocrazia, appunto.


Dove basta accondiscendere alle voglie dell’Imperatore (la definizione non è mia, ma della moglie del premier, Veronica Lario) per fare carriera politica senza neanche gavetta o anticamera.

La faccenda si è resa ancor più visibile nelle ultime settimane con la scelta di Berlusconi di candidare belle ragazze senza alcuna esperienza politica precedente, molte delle quali con trascorsi in programmi televisivi piuttosto imbarazzanti.

In famiglia è stata la goccia che ha fatto trabocare il vaso: Veronica Lario, di fronte all’ennesima, volgare, sortita del marito "tombeur de femmes", ha prima sbottato sui gionali contro le candidate-veline definite "ciarpame senza pudore", poi - nonostante il ritiro di molte delle candidature "incriminate" - ha deciso che la misura era ormai colma. Oggi ha annunciato di voler divorziare, pur consapevole di ciò che l’aspetterà: un fuoco di fila da parte dei giornali e delle Tv berlusconiane schierate a difendere il padrone.

Gli italiani e le italiane dovrebbero sapere da che parte stare. Dalla parte della dignità. E del merito. Ma non sarà così. Vincerà ancora una volta la linea del premier.

In fondo agli italiani la figura del macho conquistatore, del donnaiolo impenitente è sempre piaciuta, sin dai tempi di Mussolini.

Se poi il macho conquistatore, di professione primo ministro, è un arzillo settantenne, ricco, spaccone e pieno di soldi, piace ancora di più.

La mignottocrazia è servita. La democrazia è morta. Facciamocene una ragione.


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