Dalla “casta” alla “cosca”

par alfadixit
sabato 23 luglio 2011

La bassezza della classe politica si supera di giorno in giorno in un crescendo senza fine, tanto che ormai non si può più parlare di privilegi della “casta” ma piuttosto di soprusi, se non di vessazioni nei confronti dell’intero paese. E la rabbia dei cittadini monta fino a livelli allarmanti.

Non è vero che la classe politica è espressione del paese che l’ha votata. Se qualcuno avesse dei dubbi basta che si guardi attorno, basta leggere qualche commento nella rete, oppure parlare con la gente comune. Mai come oggi l’irritazione dell’uomo della strada verso la classe politica è stata forte, profonda, ormai è rabbia senza mezzi termini, odio. D’altro canto, non possiamo certo nascondere che nella storia del nostro paese, mai la classe politica è stata così bassa e sporca, neppure nella prima repubblica, neppure nelle fragili democrazie del terzo mondo. Non passa giorno che non emergano casi di corruzione, ruberie, malefatte da parte di qualche personaggio politico, seduto su qualche scranno in qualche posto pubblico. Non passa giorno che qualche sacco non venga vuotato portando alla luce il marciume, il puzzo nauseante in cui la casta politica si dibatte e nel quale costringe il paese. A partire dalla testa, naturalmente, dalla testa alle periferie dell’impero, ormai il malaffare è prassi, metodo, scientifica organizzazione. E’ questo che sconcerta. La corruzione è definitivamente parte integrante del potere, un pilastro fondante della cupola e del partito che la rappresenta. Mai prima d’ora gli interessi personali sono stati così sfacciatamente evidenti, mostrati a bella posta anzi, sbattuti in faccia al cittadino, e con disprezzo per giunta.

Ma la casta fa di più, col forte istinto di conservazione che la contraddistingue protegge se stessa, forsennatamente, fino all’ultimo sangue. In un furioso “boia che molla” approva leggi, impedisce processi, vara regolamenti per favorire i propri affiliati ed i loro interessi, aggredisce, getta fango e discredito, usa insomma tutto il potere di cui dispone per barricarsi sull’Aventino e resistere, resistere, resistere. Il distacco dal paese è ormai compiuto, totale, certificato perfino dai più sprovveduti sondaggisti, eppure, coerente fino alla morte, la combriccola rimane drammaticamente attaccata al potere, aggrappata agli Scilipoti di turno, per succhiare il sangue dei cittadini, fino all’ultima goccia. Perfino Famiglia Cristiana, solitamente piuttosto pacata e certamente non estremista, definisce la manovra finanziaria appena approvata “una macelleria sociale contro il ceto medio e le famiglie con figli, contro i 'soliti noti', che già pagano abbastanza, con un risvolto iniquo e vergognoso, che dà la misura della pochezza di questa classe politica”. Parole pesantissime per denunciare come la cricca ha varato tasse e sacrifici per i cittadini salvaguardando se stessa, e tutto questo, agli occhi dell’uomo della strada, ha le sembianze della vera e propria vessazione che, frammista all’illegalità vischiosa, porta a un cocktail perverso e micidiale, porta a pensare ad una “casta” che ormai ha indossato le vesti della “cosca, in tutto e per tutto, una mutazione genetica che l’ha trasformata in un’associazione lesiva per la comunità. Questo è definitivamente il pensiero del cittadino comune.

E per la politica si sta materializzando ancora una volta lo spettro di “tangentopoli”, lo spettro di quella magistratura che nel 92 fece piazza pulita di una generazione di politici che, sulla strada del malaffare, aveva intessuto una grigia “tela di ragno” attorno alla cosa pubblica, suscitando nei cittadini la stessa ripugnanza di oggi, seppur in tono minore, e che fu fatale per la cosiddetta prima repubblica. Una “tela di ragno” si diceva, che i cittadini pensavano definitivamente debellata e che, invece, come la fenice, è rinata, ma oggi mille volte più forte di prima, foraggiata, questa volta, da un formidabile potere economico fatto di televisioni, giornali, stazioni radio, assicurazioni, banche, un’idra dalle mille teste che con alito mefitico si è lanciata all’assalto del quadro democratico del paese con una violenza che neppure il famigerato ventennio aveva visto, un assalto all’arma bianca contro la magistratura fatto di campagne di odio e discredito, fatto di “pulizie etniche” nei confronti di quei giornalisti considerati “nemici”, una azione militare organizzata contro quei capisaldi del sistema democratico che costituiscono ostacolo al potere dilagante. E su questo la dice lunga la dichiarazione di un parlamentare arrestato in questi giorni e dichiaratosi “prigioniero politico”. Proprio come negli “anni di piombo”.

Ma la macchina del fango è ancora più subdola, usando il martellamento mediatico ha costruito un sipario di vittimismo, di accanimento, dipingendo la politica succube di un ossessionante “fumus persecutionis” da parte della magistratura, con lo scopo più che chiaro di mettere la museruola alla giustizia, per sfuggire alla legge insomma, proprio come la cosca. D’altro canto perché stupirsi, questo è proprio il metodo della piovra, da sempre, agire per poi negare, il malaffare non esiste, è un’invenzione dei “comunisti”. Ma ormai i cittadini hanno mangiato la foglia, per quanto un potere politico “imbonitore” li consideri “creduloni”, non sono per nulla convinti che Ruby sia la nipote di Mubarak, fra giustizialismo e malaffare votano senz’altro per il primo, ma di fatto, l’uomo della strada, sogna per il suo paese una normale trasparenza, la più ovvia onestà, sogna di spazzar via il marcio con rinnovata forza, sogna insomma di svegliarsi una mattina in un paese banalmente normale, fatto di normale buon senso, di normale attenzione alla cosa pubblica, di normale democrazia e non in un “normale stato di emergenza”, come lo ha definito Asor Rosa. 

Per questo, come cittadino semplice, sono stupefatto e attonito nel vedermi costretto a scrivere del solito “pantano di palazzo" mentre vorrei invece occuparmi di lavoro, di ricerca, di giovani, di politica, di cultura, di arte e poesia. Come posso non essere profondamente amareggiato nello scoprire che, dopo 150 anni di storia, quei valori che sentivo quasi ovvi, scontati, consolidati a tal punto da essere dimenticati, invece così ovvi e forti non lo sono affatto e che invece sono oggi addirittura scientemente minacciati. Proprio come si scopre la bellezza della salute solo nella malattia, ho capito davvero come la democrazia sia piuttosto una creatura delicata, fragile, alla quale deve essere riservata molta più attenzione di quanto non possa sembrare in apparenza, ed ho capito anche tutta la fatica e la dedizione di chi ci ha preceduti per regalarci l'enorme valore del presente. Su questo dovremmo riflettere e agire, per il nostro paese e per il nostro futuro.

C.D. per www.alfadixit.com

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