Da Torino il grido di protesta contro la mignottocrazia

par Paolo Morelli
lunedì 14 febbraio 2011

âSe non ora, quando?â è il grido-slogan di protesta che ha raccolto qualche decina di migliaia di persone, solo a Torino (un milione circa in tutta Italia), per dire no al sistema delle nomine politiche dietro concessione di favori, per così dire, âfisiciâ. Famiglie e ragazzi, uniti da fili di lana colorata tenuti su da ombrelli, anchâessi, colorati, si sono dati appuntamento in piazza San Carlo per invadere via Roma, piazza Castello e via Po fino allâarrivo in piazza Vittorio Veneto. Un immenso serpentone che ha bloccato il centro cittadino. Unica voce di protesta di mamme e papà che si trovano a dover spiegare ai propri figli che per avere un lavoro dignitoso non è necessario vendersi, con buona pace di Giorgio Stracquadanio, parlamentare Pdl, il quale sosteneva che per entrare in politica è lecito anche prostituirsi, e anche del Ministro Mariastella Gelmini, che parla di âpoche radical chicâ scese in piazza oggi. Saranno state anche radical chic (e su questo nutriamo più di un dubbio), ma di certo non erano poche. Andiamo oltre.

Abbiamo incontrato Davide Bono, capogruppo in consiglio regionale per il Movimento 5 Stelle, che ha spiegato: «Dobbiamo opporci alla mercificazione del corpo della donna, che rappresenta un declino totale della politica e della società. Il sistema delle nomine, dovuto a una legge elettorale – avallata anche dai partiti di sinistra – che non permette di scegliere il candidato, stimola il meccanismo dello scambio di favori. Sembra di essere alla corte del Re Sole, speriamo di dare uno scossone». Sarebbe il caso di capire se chi è d’accordo con questo sistema sia solo Berlusconi o anche chi, tra i cittadini, al posto suo farebbe lo stesso. «Questa è una bella domanda – continua Bono – perché di solito la classe politica dovrebbe essere meglio del popolo, ma Berlusconi ha plasmato il paese a sua immagine e somiglianza, forse c’era una predisposizione dovuta a ciò che i media diffondono».

Poco più avanti incrociamo Piero Fassino, e ci accorgiamo della sua presenza perché una ragazza lo contesta duramente urlandogli di andarsene a casa: «Sempre le solite facce! – inveisce contro di lui – Vattene a Roma!». Ma Fassino, candidato alle primarie del centrosinistra per le elezioni comunali di Torino, sminuisce: «Sono solo pochissime persone in confronto a tutte quelle che vengono qui a stringermi la mano». Poi continua: «Oggi siamo in piazza per riaffermare la dignità della donna di fronte a un presidente che non la rispetta. Legge elettorale? Noi proponiamo di cambiarla, quando Calderoli l’ha proposta noi ci siamo opposti». Vero, peccato che nei due anni di Governo Prodi la legge elettorale sia rimasta intatta. Tra la folla intravediamo anche Cesare Damiano e Gianguido Passoni.

È importante ricordarsi che la manifestazione non aveva colore politico. Altra cosa da non dimenticare, e sembra che qualcuno l’abbia fatto, fornendo ai detrattori ottimo materiale per le critiche, è che non si trattava di una protesta contro Berlusconi, ma contro un sistema, da lui incarnato, che porta la donna ad essere considerata per la propria immagine e non per le proprie qualità, laddove la politica non è nient’altro che un contentino per sistemare chi ci va. Una protesta anche contro le donne che sottostanno a questo sistema svendendo una dignità conquistata con le unghie e con i denti nel corso della storia. Il malcontento sale anche dal partito del premier, con quella Sara Giudice – giovane “dissidente” del Pdl lombardo – che ha raccolto dodicimila firme per chiedere le dimissioni di Nicole Minetti e che, ignorata da Formigoni e Ferrara (durante il suo evento pro Berlusconi per intimargli di tornare a fare il duro) sta pensando di chiedere asilo a Fini. Ora la questione è semplice: le persone scese in piazza contro la “mignottocrazia” sono più di chi la sostiene?


Leggi l'articolo completo e i commenti