Da Lisbona a Roma: quel terrore per la Troika

par Giacomo Giglio
lunedì 7 ottobre 2013

La famigerata Troika è sempre più nell'occhio del ciclone: sotto accusa la sua intransigenza cieca.

Nei giorni più caldi della crisi politica italiana di qualche giorno fa, risoltasi poi in un nulla di fatto, il vice-ministro dell’Economia ed esponente PD, Stefano Fassina, aveva paventato che anche in Italia potesse arrivare la Troika a scrivere la prossima legge di Stabilità, e a sottoporre quindi l’Italia a limitazioni di sovranità simili a quelle che hanno sperimentato vari paesi europei negli ultimi 3 anni. La Troika, composta da Bce, Commissione Europea e Fondo monetario internazionale, è diventata un simbolo della crisi, e l’arrivo dei suoi funzionari provoca manifestazioni e scioperi di massa nelle tumultuose strade di Atene.

Un motivo per comprendere come mai la Troika faccia tanta paura ai politici dei paesi periferici lo offre il caso del Portogallo. Il paese lusitano, come noto, fu costretto a richiedere gli aiuti del fondo EFSF (progenitore del neonato ESM) per finanziarsi sui mercati, vista l’impennata degli spread registrata dopo lo scoppio della crisi greca del 2010. Da allora il Portogallo, per ricevere le tranches dei preziosi aiuti, è costretto a ridurre in maniera draconiana deficit e spesa pubblica. Il Paese è precipitato in una crisi economica la cui gravità è seconda solo a quella di Atene: la disoccupazione ufficiale ha superato il 18% e i telegiornali di tutta Europa parlano di giovani portoghesi che partono in cerca di un futuro per quelle che un tempo erano le colonie del Portogallo, come il Brasile e l’Angola.

Non stupisce che in una situazione del genere il governo di centrodestra, guidato da Passos Coelho, sia in crisi nera di consensi; le recenti elezioni comunali svoltesi nei principali comuni (compreso il municipio di Lisbona) hanno visto un’avanzata del Partito Socialista e un boom dei partiti di sinistra radicale. Passos Coelho, piegato elettoralmente dall’austerity, è quasi sicuro di fare la fine degli altri governi conservatori che si sono succeduti in questi ultimi anni nei paesi mediterranei, vale a dire di andare incontro ad una sonora bocciatura da parte dell’elettorato alle prossime elezioni politiche.

Per questo aveva chiesto alla Troika, in vista della concessione dell'ottava e nona tranche da 5,5 miliardi di euro del salvataggio da 78 miliardi, un ammorbidimento della rigidità fiscale: una dilazione del deficit pubblico dal 4 al 4,5% del Pil nel 2014, per non deprimere un’economia ancora in profondo rosso. Se i funzionari della Bce e del Fmi avessero accettato la proposta, indubbiamente Coelho avrebbe potuto scrollarsi un po’ di dosso la fama di spietato esecutore degli ordini di Bruxelles, tenendo a freno le richieste sempre più pressanti che vengono dall’opinione pubblica lusitana. Tuttavia, la Troika ha ancora una volta opposto un diniego, pur lodando gli sforzi compiuti dal Governo in questi ultimi mesi.

Questa intransigenza da parte della Troika ha un fondamento logico: essa rappresenta i creditori, e deve quindi apparire inflessibile ai loro occhi. Cionondimeno, appare evidente che tale legittima attitudine sia sfociata in un fanatismo: non concedere una dilazione di uno 0,5% di Pil ad un paese già duramente provato e a rischio estremismo politico, di certo non aiuta a dare un’immagine migliore delle istituzioni che stanno gestendo la crisi.

Per questo, augurandosi che la Troika non atterri mai a Roma, c’è bisogno di una seria e profonda riflessione su come questa crisi sia stata effettivamente gestita; altrimenti il rischio è che le prossime elezioni europee, in programma nella primavera prossima, vedano un trionfo dell’astensione e di personalità politiche come Marine Le Pen.

 

Foto: Pedro Ribeiro Simoes/Flickr


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