Da "La Voce" a "Il Fatto": la storia del giornalismo senza padroni

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venerdì 25 settembre 2009

Era il 22 marzo del 1994 ed un arzillo e lucido vecchietto di 85 anni decise di fondare un giornale. E questa è una notizia. L’altra notizia, la seconda, è che sempre nel 1994, circa due mesi prima, un arzillo e lucido imprenditore di circa 58 anni, oggi forse vecchietto, decise di scendere in campo.

Così, per caso, sembra che un bel giorno si svegliò e pensò di conquistare l’Italia.
Era il 28 marzo 1994, erano passati 6 giorni dalla fondazione del nuovo giornale di Montanelli, e sembra proprio che Berlusconi ci riuscì. Dopo ci riuscirà altre 3 volte. Indro decise di scendere in campo per fondare un giornale. Silvio discese in campo, ma non prima di aver comprato non un giornale, ma "Il Giornale", fondato vent’anni prima proprio da Indro Montanelli.

Ciononostante il compratore de "Il Giornale" (non il fondatore) aveva ben altro in mente: non solo giornali, ma anche televisioni, case e case editrici. Questo suo piano, per alcuni eversivo, per altri diabolico, 15 anni dopo è stato battezzato con un semplice nome: videocrazia.

Nel 1994 a discendere in campo c’era proprio lui, il padrone della televisione. Certo della televisione, ma non dell’informazione. Avrà pensato il lucido vecchietto, prima di ripensare a fondare. Ma tant’è che da allora, dal quel mitico 1994, il dilemma è sempre lo stesso. L’informazione è nelle mani di chi la compra o di chi la fonda?

Se nasci patrizio, non muori plebeo. Se nasci feudatario, non muori vassallo. E ahimè, inutile dirlo, se nasci fondatore, non muori padrone. E questo Montanelli lo sapeva bene. Per stampare l’informazione ci vogliono i soldi dei padroni. Non le idee dei fondatori. Un anno e qualche settimana in più, tanto durò il suo nuovo giornale.


"La Voce" lo chiamò. Un giornale che provava a parlare ai sordi. Ma non ai sordi veri, quelli che non potevano sentire. Ai sordi finti, quelli che non volevano o per cause televisive non potevano sentire. 15 anni fa il frastuono della tv già si era trasformato in musica classica. Montanelli nella sua ultima lezione di giornalismo, tenuta all’Università di Torino il 12 maggio del 1997, spiegò proprio questo.

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La televisione potrebbe essere un grande strumento di cultura, ma non lo è. Questi però sono affari suoi. Ciò che è affar nostro è di esserci messi a fare i megafoni, copiandone anche i costumi e riconoscendone la supremazia. Chi di voi vorrà fare questo mestiere, si ricordi di scegliere il proprio padrone, il lettore": se 12 anni fa quel grande vecchietto presagì un po’ di pioggia, 12 anni dopo ci fu una tempesta.

Da allora i lettori sono ancora in attesa di essere scelti, ed i giornali ed i giornalisti sono diventati un tutt’uno con i padroni. Vivono in simbiosi. Non si capisce nemmeno più chi scrive, se la mano o il portafoglio. E poi parliamoci chiaro, si vedono cose troppo strane, anzi assurde in giro. Un esempio eclatante può essere quello de "Il Riformista": l’house organ del PD, stampato dalla famiglia di un deputato del PDL.

Ecco forse allora come oggi a qualcuno sarebbe bastato un giornale che semplicemente scrivesse, senza nè urlare nè bisbigliare. Un gruppo di giornalisti, simpaticamente detti da Wil "I Bastardi", oggi ci riprovano.

Allora parliamo prima di cosa manca, che mi sembra importante sottolineare. Manca la conditio sine qua non della carta stampa straccia quotidiana: il Calcio, in venti pagine, nemmeno un minimo accenno al campionato di avvantieri. Le pubblicità ci sono, ma mancano i trafiletti pubblicitari dei lottologi, dei cartomanti e dei seni all’899. Manca X-Factor. Mancano le sfilate di moda. Manca il gossip, nessuna notizia Canalis-Clooney, o Belen-Corona. Manca il superfluo, per ora ottimo sintomo: questo nuovo giornale a parere mio rischia veramente di stare bene in salute, le claudicanti testate dei padroni dovranno temerlo senza ombra di dubbio.

La grafica lascia un po’ a desiderare: che dire... nessuno è perfetto. Tutto sommato abbiamo aspettato 15 anni. Ora potremmo anche limitarci solo alle notizie.
 


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