Da Berlusconi a Monti, ovvero dalla padella alla brace

par Bruno Carchedi
lunedì 13 febbraio 2012

Confessiamo che con l'arrivo del governo dei tecnici ci eravamo tutti un po' entusiasmati. Finalmente il porno governo berlusconiano era caduto: niente più corna e cucù negli incontri internazionali, niente più barzellette da avanspettacolo, niente più serate "eleganti" ad Arcore con carrettate di escort scaricate in villa ogni week end dai vari Tarantino e Minetti, niente più Lavitola e faccendieri vari, niente più Scilipoti e responsabili vari, niente più ministro Tremonti che si faceva pagare lo stipendio in contanti e se andava via con la valigetta piena di pezzi da 500 come uno spallone qualsiasi, niente più strizzatine d'occhio agli evasori, niente più parlamentari amici degli amici. Le finestre erano state spalancate e l'odore acre e pecoreccio del berlusconismo era stato spazzato via. Così pensavamo.

E così, privi di anticorpi verso il governo dei tecnici, abbiamo creduto alle lacrime della ministra Fornero: liberista sì, ma "compassionevole" come si dice negli Usa, con un cuore grande così come si dice dalle nostre parti. Abbiamo creduto alla tripletta rigore-sviluppo-equità e ci siamo predisposti di buon grado al rigore aspettando fiduciosi l'equità e lo sviluppo. Non abbiamo creduto agli economisti, anche 'liberal', che ci avvertivano che con finanziarie da decine di miliardi all'anno non ci poteva essere sviluppo ma solo altre finanziarie. Abbiamo finto di non vedere l'aumento dello spread fino a 500 e oltre e abbiamo gioito con malcelata soddisfazione quando lo spread è diminuito di qualche decina di punti, immaginando la faccia dei vari Belpietro, Feltri e Sallusti che puntavano al tanto peggio tanto meglio. Siamo disinvoltamente passati sopra agli apprezzamenti entusiasti di Marchionne per il nuovo corso. Ci siamo sentiti rassicurati per le dichiarazioni di un Calderoli qualunque che diceva che questo è un governo di sinistra. Ci siamo beati delle immagini tv che ci facevano vedere Monti trattare alla pari con Merkel e Sarkozy, passando disinvoltamente dall'inglese al francese al tedesco e viceversa, e non ci siamo più vergognati di essere italiani. Abbiamo creduto che "il basta con il posto fisso" fosse un principio che dovese valere anche per chi lo proclamava (ma poi abbiamo saputo che la figlia della signora Fornero ... ). Abbiamo fatto finta di non vedere e abbiamo creduto, al di là di ogni ragionevole dubbio.

E adesso, dopo l'ubriacatura iniziale, ci ritroviamo a dover fare i conti con noi stessi. Dopo le pensioni l'art. 18, dopo l'art. 18 le spese militari. E dopo le spese militari cos'altro? Monti l'alternativa a Berlusconi o Monti continuatore di Berlusconi con altro stile? Vale la seconda, come direbbe il comico Corrado Guzzanti. Neanche la sobrietà ci è rimasta. "Chi si laurea a 28 anni è uno sfigato", "Il posto fisso è monotono", "Gli F35 servono al Paese", "Promettere il posto fisso è un'illusione", "Gli italiani sono fermi come struttura mentale al posto fisso, nella stessa città e magari accanto a mamma e papà", "L'articolo 18 non è un tabù". Una raffica di provocazioni beffarde e irresponsabili da parte di un governo ex sobrio. Berlusconi ci prendeva per il naso, questi ci prendono per i fondelli. Non solo il danno, ma anche le beffe. E mentre mastichiamo amaro ci accorgiamo che poco per volta, quasi impercettibilmente, l'uomo di Arcore sta tornando in campo, l'uomo di Bruxelles si è conquistato la fiducia della maggioranza degli italiani e l'abominevole uomo delle nevi di stanza a Gemonio sta guadagnando nei sondaggi.

Impareremo una volta per tutte la lezione?


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