Da Al Capone a Berlusconi

par Emilia Urso Anfuso
giovedì 20 gennaio 2011

Fra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, in America le gesta del criminale Al Capone – nome reale Alphonse Gabriel Capone – fecero tremare popolazione ed istituzioni. Pur essendo note a tutti le sue attività criminose, per decenni egli continuò imperterrito a seminare terrore ed a guadagnare ingenti somme di denaro da traffici di ogni tipo. La sua capacità, fu sempre quella di non comparire mai nominalmente in alcuna delle tantissime attività delinquenziali cui faceva capo. Ecco il motivo per cui, per molto tempo, fu l’incubo peggiore di ogni stimato investigatore dell’epoca. Al Capone, proprietario di mezza America, viaggiava in lussuose berline, abitava incredibili appartamenti ed aveva al seguito un vero esercito di alleati pronti a tutto per lui.

Aveva natali poveri, il gangster italoamericano più temuto degli Stati Uniti e la strada fu da subito la sua scuola ed il suo trampolino di lancio nel mondo dei gangster che contavano.

Ci volle un cavillo. Una virgoletta. Qualcosa cui nessuno aveva mai pensato prima, per disintegrare il personaggio più temuto - ed in alcuni casi ammirato - di un’America tuffata nella grande delinquenza organizzata di quei tempi. Il “nemico pubblico numero 1 della città di Chicago” cominciò a tremare quando qualcuno pensò a creare una normativa attraverso la quale potevano essere tassati anche i proventi di attività illecite. Incredibilmente, una svolta nel caso di gangsterismo più famoso d’America.

Da quel momento, ogni più piccola attività finanziaria del gangster fu messa al microscopio. Fu un’attività minuziosa e spesso senza alcuna risoluzione, dal momento che – appunto – Capone non aveva nulla di intestato a proprio nome, ed ogni provento delle sue attività, correva per lunghi e difficili giri di persone omertose. Ma dagli oggi, dagli domani, ecco comparire un errore. Un incredibile, piccolo errore, nella perfetta ed efficentissima macchina organizzativa del Boss dei Boss. Ecco infatti comparire, in un quasi anonimo foglietto, il nome di Capone relativamete ad alcune attività finanziarie. Ecco la prova iniziale, che portò – non senza difficoltà – alle prove sostanziali che chiusero la carriera del gangster, incarcerato prima nella prigione di Atlanta e trasmesso poi in quella più dura di Alcatraz, dove una forma di demenza causata dalla sifilide, uccise per sempre l’attività delinquenziale del “nemico numero uno” d’America.

Ai giorni nostri, la delinquenza organizzata viene controllata, setacciata ed a volte persino incarcerata. Ma cosa accade se, protagonista delle attenzioni di investigatori e di Pubblici Ministeri, si ritrova un personaggio che dovrebbe essere sempre al di sopra di ognuno e di trasparentissima onestà? Cosa accade se, il protagonista di imprese non proprio trasparenti, di accadimenti che coinvolgono la vita di ogni cittadino del nostro territorio, si ritrova a dover fare i conti con inchieste, investigatori e magistratura?

Accade – un po' come ai tempi di Al Capone – che non tutto è così facile come si possa immaginare. Perché anche oggi ed anche da noi, non è facile inquisire chi ha notevoli eventuali macchie sul proprio curriculum. Da noi c’è il tormentone dei Lodi, della “Democrazia”, del “Potere” che fa a cazzotti con la Democrazia ma fa tanto bene ad alcuni. C’è la quasi totale impossibilità a far emergere reati e delitti se chi si macchiua di questi delitti è un nome al di sopra delle parti... Non sono pochi i nomi che in Italia siedono in poltrone pregiate quando in effetti dovrebbero patire nelle patrie galere. E’ il Potere, bellezza.

E allora? Come trovare un modo per far crollare chi è sopra tutti? Come escogitare una maniera per far uscire allo scoperto “il nemico numero uno”? Come, se tutto rientra in una sorta di accettabilità normativa? Donne. Donnine. Donnacce. Meglio: escort. Parola inglese che significa “accompagnatrice” e sicuramente non “badante”. Donnine facili. Donnine giovani. Donnine in quantità. Che non è una novità poi, che potere economico e sesso sia da sempre un binomio consolidato. Certo è invece, che nel nostro Paese vi sia una normativa che non consenta rapporti sessuali a pagamento con fanciulle al di sotto dei 18 anni seppur consenzienti. No almeno, nel caso in cui l’altro, l’uomo che approfitta delle grazie feminee, abbia un potere riconosciuto, e quindi attraverso esso costringa ad atti sessuali fanciulle in erba.

Ecco il cavillo: quell’”età del consenso” in cui non c’è troppo da interpretare. E giù allora con le prove e le contro prove. Giù a registrare telefonate da far arrossire persino il più scanzonato degli investigatori. Via ad annotare il come, dove, quando e quanto. Che il perché. Lo conosciamo tutti.

Forse c’è l’epilogo di un’altra storia, in questo ennesimo caso irrisolvibile. C’è la soluzione trovata annaspando nel tentativo di inchiodare chi non è mai stato possibile inchiodare. In ogni storia c’è una trama. Ed in ogni storia troviamo una fine. L’attualità ci porta a riflettere, di cose possibili ed impossibili. Di cose concesse e non concedibili. Di possibilità di pochi e tormento di molti.

Inutile fare nomi: dobbiamo solo attendere quale sarà la frase finale.


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