DDL Intercettazioni: l’assassinio della libertà di espressione

par maurizio carena
venerdì 14 maggio 2010

Censura preventiva sull’informazione. Denunce e tribunali per giornalisti, editori e semplici blogger. Magistratura amputata del suo strumento principale, le intercettazioni. Tra pochi giorni il regime chiude definitivamente il conto con magistratura e libertà di espressione.

Il DDL Intercettazioni, alias "decreto Alfano", alias "decreto bavaglio" è in questi giorni in via di approvazione in Parlamento e precisamente in commissione Giustizia del Senato, il cui presidente Filippo Berselli, conta di terminarne l’esame entro la prossima settimana e inviarlo quindi alla Camera per l’approvazione definitiva, fregandosene delle proteste e degli emendamenti della cosiddetta opposizione. Da notare che c’è anche in cantiere una proposta di legge (Torrisi, Pdl), per restringere le garanzie dell’articolo 21 della Costituzione.
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Il "decreto bavaglio", rappresenta uno degli atti più ignobili e criminali e mai osati dall’attuale regime berlusconiano. Ma ciò non stupisce. un regime che fonda il suo potere sull’eterno presente della tv e sulla propaganda in genere, ha come primo nemico la verità dei fatti, la testimonianza, la memoria.
 
Produci, consuma crepa e soprattutto non impicciarti di come si arricchiscono i parassiti al potere. Questa è l’essenza del regime berlusconiano.
 
Per essere docile la gente non deve sapere. Per ottenere ciò stanno promulgando il DDL bavaglio, ora in discussione al Senato.
 
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La genesi di questo "decreto criminale", che uccide il diritto di cronaca, risale addirittura al 2008, anche se le resistenze di diversi ambienti come l’opinione pubblica, il CSMscandali internazionali e persino la cosiddetta "moral suasion" del Presidente della Repubblica, ne hanno in questi due anni sempre ritardato l’approvazione definitiva.
 
Ma non dimentichiamo che la casta politica accarezzava la censura definitiva di politici e magistrati "scomodi" sin dal 2006, con Mastella e il governo Prodi, che tentarono più o meno la stessa vergogna oggi all’esame del senato.
 
E non dimentichiamo che la stessa determinazione liberticida contro la libertà di espressione che, come un fiume carsico, riaffiora oggi, ha sempre informato tutte le principali iniziative legislative di regime.
 
Già nel famigerato "Pacchetto sicurezza" approvato l’anno scorso (quello che ha inventato il reato di "immigrazione clandestina", le nuove Leggi Razziali), vi erano norme punitive come quelle che impongono l’obbligo di rettifica anche per i siti informatici, come sperimentarono immediatamente alcuni blogger come Claudio Messora ma anche, recentemente, AV. E funziona così: 48 ore per rettificare o 13000 euro di multa.
 
E se sei un blogger disoccupato son cavoli tuoi.
 
Perché è questa la ratio della legge: intimidire. Autocensurare con la paura.
 
 
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Bisogna capire che il regime mediatico dell’egoarca per consolidarsi ha bisogno assoluto di rendere inoffensivi gli unici poteri che ancora possono, in una certa misura, contrastarne lo strapotere, ovvero internet, media non asserviti, magistratura.
 
Berlusconi e i suoi sodali sono sempre più ricchi, potenti e intoccabili, mentre questo Paese è sempre più allo sbando, più diviso, più pauperizzato, vittima di un declino inarrestabile in tutti i settori meno quelli della corruzione e della criminalità organizzata, i "poli d’eccellenza" del Belpaese e della sua classe dirigente.
 
Col DDL Intercettazioni prossimo venturo, giustamente definito da Marco travaglio "il trionfo del crimine", il regime imprimerà la svolta più autoritaria che mai abbia osato e il controllo ideologico sulla popolazione sarà sempre piu’ totalitario.
 
La casta sarà sempre più ricca e potente ma il popolino non potrà nemmeno pensare di ribellarsi, perché semplicemente non saprà nulla dei crimini dei colletti bianchi.
 
E questo mentre, in parallelo, il regime vara o tenta di varare leggi razziste, classiste, emergenziali, quando non direttamente "ad personam", leggi degne di una satrapia africana modello Bocassa, che sarebbe qui troppo lungo elencare.
 
Col pretesto della privacy dei cittadini l’egoarca e, in misura minore la sua corte di mafiosi, servi e puttane (in villa e in Parlamento), potranno godere di un potere assoluto, inimmaginabile in qualunque altro stato del mondo occidentale e con pochi eguali nel pianeta.
 
L’opinione pubblica sarà all’oscuro di tutto.

Sarà una CENSURA totale su ciò che più minaccia la casta ovvero la cronaca dei loro crimini.
 
Il regime la venderà al popolino nei Tg come una "legge a difesa della privacy".
 
Uno come Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e che siede stabilmente in Parlamento, una come Nicole Minetti che siede (a 25 anni) nella massima assemblea della Lombardia, sono esempi da far rimpiangere Caligola che faceva ministro il suo cavallo.
 
Eppure è questa la nostra "classe dirigente".
 
Scandali come Parmalat, Sismi, Telecom, Bankitalia (Fazio), Antonveneta (furbetti del quartierino), Protezione Civile Spa (Bertoladri), per arrivare sino al recente scandalo Scajola.
 
Semplicemente NON se ne parlerà, perché ci sarà il segreto governativo.
 
E chi ne parlerà (i pochi giornalisti non "minzolinizzati") diventerà un CRIMINALE, passibile di galera. Inizialmente sino a tre anni di carcere, poi ridotti a 12 mesi. Idem dicasi per i blogger.
 
Il popolino NON deve sapere. Perché se sa può pensare. Se può pensare può agire. E che il popolo pensi di prendere in mano i suoi affari, che pensi di impicciarsi nei lucrosi maneggi di lorsignori, è una calamità che va evitata a qualunque costo.
 
Così come ieri il sommo crimine era insegnare allo schiavo a leggere, anche oggi le masse catodicamente eterodirette devono parlare con le parole della tv governativa, con l’agenda governativa, con le parole, le categorie, le priorità governative. E silenzio dove il potere vuole silenzio.
 
Ecco a cosa serve il DDL Intercettazioni. Controllare cosa possono (NON) sapere e (NON) pensare i sudditi. Punto.
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I punti importanti del DDL bavaglio, anche se lo stanno ancora discutendo, sono sostanzialmente i seguenti.
 
Il PM potrà chiedere l’autorizzazione ad intercettare solo se ci saranno "gravi indizi di reato/colpevolezza" (è un punto tra i più controversi).
 
La richiesta per intercettare dovrà essere sottoposta ad un collegio di tre giudici del capoluogo del distretto.
 
Il PM che rilascia dichiarazioni può essere prontamente sostituito anche per il semplice fatto di essere iscritto nel registro degli indagati (per "rivelazione di segreto d’ufficio").
 
Multa da 500 a 1032 euro per i pubblici ufficiali che omettano il "controllo necessario" ad impedire la indebita cognizione o pubblicazione delle intercettazioni.
 
Divieto di pubblicazione di atti d’indagine non più coperti dal segreto istruttorio, sino alla chiusura delle indagini (ovvero anche un paio d’anni più tardi).
 
Carcere per i giornalisti. Non più 3 anni di galera come nel DDL originario, ma da sei mesi ad un anno di carcere per i giornalisti che vogliano continuare ad esercitare il diritto di cronaca, trasformabili in ammenda (da 2 a 10.000 euro).
 
Responsabilità "oggettiva" degli editori per quanto pubblicato (come se non bastase la figura censoria del "direttore responsabile" di matrice fascista); multe per gli editori sino a 500.000 euro.
 
Rettifiche senza commento (sia per cartacei che per i giornali on-line) e con l’obbligo di essere riportate nella loro interezza.
 
Da notare che il COMMA 28 del DDL bavaglio impone l’obbligo di rettifica a tutti i siti informatici entro 48 ORE e in caso di tardiva ottemperanza 13.000 euro di multa (!)
 
Ne parla estesamente Guido Scorza qui.
 
Sarà vietato rendere noti NOMI e IMMAGINI dei PM "relativamente ai procedimenti loro affidati".
 
Le intercettazioni NON potranno essere usate in procedimenti diversi da quelli per le quali erano state richieste e possono essere messe in opera solo dietro richiesta della parte offesa.
 
Avranno durata massima di 30 giorni rinnovabili di altri 30.
 
Il Ministero (a sua discrezione, ndr) stabilirà il tetto di spesa per le intercettazini. Spesa che non è, come sostenne il Guardasigilli, pari al 30% delle spese della Giustizia bensì solo al 3% (circa 20 000 utenze all’anno).
 
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Il regime, con le sue tv, spaccia questo DDL criminale come una norma tesa a salvaguardare la privacy dei cittadini.
 
E l’ennesima menzogna.
 
Il Governo, che con i suoi complici del Sismi ha fatto schedare politici, magistrati, attivisti democratici e giornalisti, adesso ha l’improntitudine di parlare di privacy senza arrossire.
 
Il regime del "più grande piazzista del mondo" (Montanelli), che ha segato le gambe a internet con l’approvazione della infame Legge 155/05 (Pisanu), una legge (antiterrorismo) liberticida che impone obblighi di data retention e controlli polizieschi sconosciuti nel resto del pianeta (nemmeno il Patriot Act del post 11/9). Una legge tanto infame quanto sempre rinnovata, anche quest’anno, forse sine die. Sic.
 
Ma la cosa più incredibile è che trovino ancora qualcuno che li chiama "onorevoli", che partecipa alle loro farse chiamate "elezioni", che compra i loro giornali, che guarda le loro tv.
 
Ma quando usi le parole e le categorie del nemico, ha già vinto lui.
 
Dovremmo spegnere la tv e cominciare a protestare a lottare a disobbedire a questo governo sempre più totalitario.
 
Io, nel mio piccolo, semmai venissi a conoscenza di fatti di cronaca NON coperti da segreto istruttorio, non esiterei ad infrangere le prescrizioni del DDL Alfano, appellandomi all’articolo 21 della Costituzione italiana e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nonché all’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo del 1948.
 
Si chiama DISOBBEDIENZA CIVILE.
 
E mi piace pensare di non essere il solo, qui in AV, che si comporterebbe in tal modo, anche se non mi sembra che si avverta il pericolo incombente.
 
In tutti i tempi i cambiamenti e i progressi sono sempre avvenuti non già grazie ai servi sciocchi e ai vili, bensì grazie a chi ha protestato, a chi si è opposto.
 
Sta ad ognuno di noi fare la sua scelta, avendo però ben chiaro che anche il NON scegliere sarà una scelta. Con le sue conseguenze.

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