E adesso? Si ripongano le bottiglie di spumante

par alessandro tantussi
martedì 14 dicembre 2010

La sinistra si è abbandonata in un abbraccio mortale con Fini. Egli, il salvatore della patria elogiato dalla sinistra, ha affossato le speranze di riscatto dell’opposizione. 

Gli accadimenti politici di questi giorni, contemporanei alle discussioni sul Risorgimento per l’approssimarsi dei 150 anni della Repubblica Italiana, mi sollecitano il vago ricordo di quei pochi frammenti di sapere che mi furono impartiti in quel liceo che terminai a spizzichi, bocconi e pedate nel sedere.

Mi sovviene, in particolare, il messaggio che Manzoni mandava agli italiani nel 1822: quel suo componimento, il Coro dell’Adelchi, che viene unanimemente riconosciuto come un forte stimolo al risveglio risorgimentale.

Il coro è la sintesi del dramma di tre popoli: quello dei Longobardi, costretti alla fuga; quello dei Franchi vittoriosi, ma a prezzo di grandi sacrifici, fatiche e pericoli; quello degli italici, volgo disperso che si illude di poter riacquistare la libertà.

Succede sempre così, qualcuno si illude che a toglier le castagne dal fuoco ci pensi qualcun altro, che ci sia chi fa il lavoro sporco. Ed in effetti, come si poteva prevedere, la lotta è stata dura, senza esclusione di colpi, forse si è fatto ricorso perfino a qualche colpo proibito ed a qualche diserzione, perché in effetti: 

si vider le lance calate sui petti,

a canto agli scudi, rasente agli elmetti,

udiron le frecce fischiando volar.

L'illuso popolo della sinistra invece di ricorrere alla forza delle proprie idee e del proprio consenso, si è abbandonato in un abbraccio mortale con un nuovo signore, convinta che lo avrebbe riscattato dalle proprie ambasce 

E il premio sperato, promesso a quei forti,

sarebbe, o delusi, rivolger le sorti,

d’un volgo straniero por fine al dolor?

Il popolo italico, accorso al rumore della battaglia, osservando pieno di ansia e speranza il TV a cristalli liquidi che trasmetteva i resoconti parlamentari, si domandava: "cadrà il tiranno?" 

Già si parlava di stappare quella bottiglia di spumante "riserva del '94" più volte riposta in cantina dopo l'infausto esito di diverse consultazioni elettorali.

Ma altro non era se non l’assurdo miraggio di un volgo disperso incapace di combattere con le proprie armi, non del popolo forte che discende dagli antichi romani.

Come poté, quel popolo di sinistra, illudersi che quei guerrieri avessero lasciato le loro case, la moglie, i figli, perfino gli agi di una presidenza della Camera, per venire a liberarlo?

Tornate alle vostre superbe ruine,

all’opere imbelli dell’arse officine,

ai solchi bagnati di servo sudor!

Ora il dramma si è compiuto in tutta la sua evidenza, il vecchio signore ha ottenuto la maggioranza sia al Senato che alla Camera e raccoglierà tra i superstiti le forze amiche che gli consentiranno di proseguire il dominio sul popolo imbelle che si era illuso di riconquistare la libertà.

Il forte si mesce col vinto nemico

Col nuovo signore rimane l’antico;

l’un popolo e l’altro sul collo vi sta:

Dividono i servi, dividon gli armenti;

si posano insieme sui campi cruenti

d’un volgo disperso che nome non ha.

Tutto ciò con una differenza di rilievo non secondario, allora le speranze di riscatto venivano affidate ad un certo Napoleone, mica uno qualunque. Aveva già esportato dalla Francia le idee di “liberté, égalité, fraternité”; idee che avevano agito da supporto ideale ai movimenti rivoluzionari del Risorgimento.

Quelli della sinistra di oggi, meschini, si erano affidati a tal Fini Gianfranco, uno come il Cerutti Gino insomma. Quello che, per intenderci, “gli amici del bar del Giambellino dicevan ch’era un mago”, ma poi non fece una bella Fine.

Povera Italia…


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