Credenti e non credenti: dove porta il dialogo Scalfari-Bergoglio (quarta parte)

par Fabio Della Pergola
giovedì 26 settembre 2013

Qui la prima parte dove si raccontava degli amorosi sensi fra l'illuministica antropologia di Eugenio Scalfari e la condiscendenza (un po' melensa) del Papa nuovo, con gli interventi suadenti del priore di Bose e l'acume dialettico del teologo Vito Mancuso, tutti in forbita tenzone a ricercar quale può essere oggi, se mai esistesse ancora, "la differenza fra credenti e non credenti".

Qui invece il link alla seconda parte, dove si parlava del deficit di intelligenza che affligge il cristianesimo fin dalle sue origini e dell'ipotesi che il misticismo cristiano - spinto verso l'oriente buddista e induista - possa risolvere la sostanziale riduzione del cristianesimo ad un insieme di credenze buone solo per chi abbia rinunciato a pensare.

E qui la terza parte, dove si parlava della conclusione assai azzardata che identificava filosofia e religione, come già proponeva il teologo Agostino, ma con l'aggiunta che il cristianesimo come religione rivelata sarebbe agli sgoccioli.

Quarto scenario: la marmellata conformista.

Sgombrato il campo dagli orpelli dei miti e delle superstizioni che costituivano il "disagio dell’intelligenza" del cristianesimo fin dall'inizio, il cerchio sembrerebbe chiudersi con la fine di ogni distinguo, di ogni possibile disputa, di ogni contrapposizione, perfino di ogni dialogo che, per definizione è dia-logòs, parola che corre dall'uno all'altro dei due dia-loganti; ma qui ormai c’è un solo monologo perché la religione è filosofia e la filosofia è religione, secondo il dettato di Agostino, filosofo, teologo vescovo, santo e padre della Chiesa (e anche quello che stabilì una volta per tutte che i bambini non battezzati erano destinati all'inferno per via della colpa originaria).

Ratzinger, il più agostiniano degli ultimi sovrani vaticani, l'aveva detto e scritto, in particolare nella sua lectio magistralis di Ratisbona, secondo cui "agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio".

Non contento scende in campo anche lui, in questa fantasmagorica estate 2013, con una del tutto inaspettata lettera aperta al più polemico dei polemisti atei, il matematico Odifreddi, a cui ricorda che "una funzione importante della teologia è quella di mantenere la religione legata alla ragione e la ragione alla religione"; oltre a sventolargli sotto il naso un'opera che dimostrerebbe senz'ombra di dubbio la veridicità del Gesù storico, come se il paradigma schweitzeriano - 'i vari Gesù storici sono lo specchio delle idee degli autori che li hanno prodotti' - che lui usa per criticare la tesi del "seminario americano" (si tratta evidentemente del 'Jesus Seminar'), non fosse utilizzabile anche per mettere in discussione sia le tesi tradizionaliste del testo citato (Hengel e Schwemer) che quelle dello stesso Ratzinger nei suoi vari libri.

Insomma credevamo che se ne fosse andato, lasciando il campo al Papa argentino, ma in realtà c'è un vero e proprio, solerte ed iperattivo, Bipapismo in campo: quello del fine teologo e quello dai gesti "umili" e popolari, come presentarsi con un inedito "buonasera", usare scarpe nere anziché rosse, portarsi la borsa come un impiegato qualsiasi, baciare i bambini, telefonare in casa della gente all’ora di cena, pagare il conto dell'albergo, volere (ma per ora è solo una dichiarazione di intenti) la Chiesa povera, maledicendo l'idolatria del denaro (meglio tardi che mai, si direbbe, ricordando che per la banca vaticana siamo ancora a generici quanto timidissimi "passi avanti nell’antiriciclaggio" e un sofferto silenzio sull'IMU).

Ma è la riscoperta dell’affermazione tranchant di Agostino - la vera filosofia è la vera religione e la vera religione è la vera filosofia - che sembra aver chiuso il dibattito, nella direzione che più ratzingeriana non potrebbe essere: creare le condizioni per trasformare il Dialogo in Monologo, in cui la voce del credente e quella del non credente siano un sola voce, originata da un pensiero unico.

Pensiero unico capace di superare ogni dicotomia - meglio sarebbe dire ogni contrapposizione ideologica - il cui superamento, nella sua forma attuale, fu inizialmente proposto (forse in risposta al discorso di Benedetto XVI del dicembre 2009 che ha ispirato il "Cortile dei Gentili" inaugurato nel febbraio 2011 dal cardinale Ravasi alla presenza, fra gli altri, dei filosofi Massimo Cacciari e Sergio Givone) dai dialoganti "marxisti-ratzingeriani" con la loro ormai famosa "lettera aperta" titolata appunto "L'emergenza antropologica: per una nuova alleanza".

Il documento fu sottoscritto da quattro firmatari tutti provenienti dalle fila di una sinistra (ormai ex) comunista: Mario Tronti (che con Cacciari condivise un'antica esperienza 'operaista' in Potere Operaio), Giuseppe Vacca, Piero Barcellona, deceduto pochi giorni fa dopo una conversione pubblica di un paio di anni addietro, e Paolo Sorbi, in gioventù militante di Lotta Continua e in età avanzata approdato a quel Movimento per la Vita che organizza i "Family Day" contro il matrimonio gay ed è in prima fila nelle politiche antiabortiste.

Ebbene, in questa lettera - pubblicata il 16 ottobre 2011 - i quattro (dell’Ave Maria) partivano dalla constatazione che “La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte ad una inedita emergenza antropologica”.

Frase che ci costringe a chiederci se con “manipolazione della vita” intendevano le trasformazioni sociali in corso nel mondo globalizzato (in cui effettivamente la vita di milioni di persone è “manipolata”) oppure la manipolazione delle cellule embrionali derivanti dagli "sviluppi della tecnica" (e quindi di quel concetto molto divisivo, relativo al tema dell’inizio della vita umana).

La loro emergenza antropologica però “germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica (...) fondata sull’alleanza di fede e ragione (...) e che la presenza in Italia "della massima autorità spirituale cattolica" può favorire il superamento del bipolarismo etico”.

Ma non basta, perché approfondendo il concetto di “valori non negoziabili” rispolverano alla fine lo stesso concetto ecclesiastico relativo alla "dignità della persona umana" che sarebbe tale "fin dal suo concepimento”. Quindi il superamento del bipolarismo etico lo si raggiungerebbe accettando totalmente e facendo propria l'ideologia stabilita dalla Dottrina di Santa Madre Chiesa, cattolica, apostolica e romana. La Dottrina della Chiesa sarebbe dunque l’unica Verità.

Si capisce ora che la dichiarata "emergenza antropologica" attiene, al di là delle elucubrazioni più o meno velate dal politichese o dal filosofese, alla definizione stessa di essere umano conseguente alla interpretazione cattolica di inizio della vita umana.

E se la "persona umana" è tale “fin dal suo concepimento” non solo non esisterebbe alcuna possibilità di difesa "laica" del tema abortivo (e la legge sull’aborto andrebbe eliminata all’istante), ma è chiaro che ogni donna che ha abortito dovrebbe essere considerata conseguentemente una omicida.

Ma mentre il Papa tedesco, teologo "rigido", l'avrebbe condannata e cacciata dal paradiso terrestre della comunità cristiana, quello argentino "umile" ed empatico sembra assumere, nella sua intervista a La Civiltà Cattolica, un amorevole atteggiamento - definito “rivoluzionario” - di misericordia (ma l'amore e la misericordia non erano già l’essenza stessa del cristianesimo? E se il tema è “rivoluzionario” che cosa ci è stato raccontato negli ultimi duemila anni?).

Misericordia che significa "sentimento generato dalla compassione per la miseria altrui, morale o spirituale"; la donna - definita perciò "miserabile" - avrà quindi per sempre l'idea di essere un'assassina che ha ucciso una vita, come ripetono ossessivamente gli antiabortisti, non la consapevolezza di aver liberamente scelto di interrompere un processo puramente biologico di sviluppo cellulare interno al suo stesso corpo, come autorizza a pensare il Codice, sulla base di un referendum in cui la popolazione italiana si espresse indiscutibilmente a favore di una visione nettamente diversa da quella della Chiesa.

E' il nuovo Pensiero Unico prossimo venturo - una sorta di cristobuddismo in salsa platonica, secondo il Vannini citato in precedenza - a cui, in epoca di Pensieri Unici (ricordate l'altro tema estivo sul superamento della contrapposizione tra destra e sinistra?), stiamo approdando grazie a Repubblica e al nuovo Papa (e c'è già chi propone di farlo "Nobel subito" ): l’essere umano è tale fin dal concepimento e lì, nel buio (dell’utero), brilla la luce divina che lo fa "persona umana".

Questo è il tema antropologico “emergenziale” attorno al quale ruota il gran pandemonio suscitato dai marxisti-ratzingeriani e proseguito poi sulle pagine di Repubblica nel corso dell’estate e nel vasto coro di inebriati entusiasti, come - sempre in prima fila - l'ormai ex direttore de L'Unità, Claudio Sardo ("La rivoluzione di Francesco"), o Nichi Vendola ("L’intervista a La Civiltà Cattolica è straordinaria, segna un varco che si allargherà") o perfino un vecchio radicale come Silvio Pergameno ("...questa Chiesa smantella oggi con papa Francesco tutte le ipocrisie, i perbenismi, i pregiudizi che si sono agitati contro il divorzio, la depenalizzazione dell’aborto, l’omosessualità").

E tanti altri ancora, che vedono nelle parole del Papa una rivoluzione che proprio non c'è. I valori non negoziabili sono e restano "non negoziabili" anche se, dice il Papa, "non è necessario parlarne in continuazione"; per poi ammettere - sempre su Civiltà Cattolica - di essere uno che “sa come muoversi”, che è “un po' furbo" (mentre molti altri, nel frattempo, stanno dimostrando di essere parecchio tonti).

L'esaltata e incomprensibile esultanza con cui è stato accolto (il dialogo) e glorificato (il Papa), mostra la corda logora del vecchio vizio di voler asservire l'umano al nulla. Chiamatelo religiosamente Dio o filosoficamente Lògos o misticamente Spirito, la sostanza non cambia: stiamo per finire tutti nella più gigantesca, melensa, ipocrita e psichicamente devastante marmellata conformizzante (e cloroformizzante) mai vista prima.

Questo pensiero unico vede la sparizione per manifesta carenza di argomentazioni di ogni cultura non religiosa fin qui conosciuta e l'aperta corresponsabilità nel dissolvimento del pensiero laico da parte di ampi strati della sinistra storica (meglio Facci su Libero, allora).

Vi si contrappone ormai solo quel Massimo Fagioli che qualcuno ha definitoun immaginifico della schiatta dei geni" e “vate di un pensiero scientifico ad alto tasso eversivo”.

Ed anche, nota bene, "un potente contravveleno nella marmellata conformista”.

Quel Massimo Fagioli, teorico, psichiatra e psicoterapeuta, che parla sì di luce quando racconta e riracconta da decenni, con la pazienza che si ha con dei bambini un po’ tardi, la sua “teoria della nascita”, ma di luce-energia, non di luce-illuminazione divina!

Luce-energia che, arrivando a colpire l’unica parte della sostanza cerebrale esposta all’esterno, cioè la rètina del nuovo nato nel suo primo apparire al mondo, sconvolge lo status fetale attivando la sostanza cerebrale (e conseguentemente, qualche attimo dopo, i muscoli toracici che permettono la respirazione e il primo vagito) e quindi la mente, trasformando così la pura biologia del feto in quello che diventa essere umano al momento stesso della nascita.

Quindi non prima della nascita, come vuole Bergoglio (e la tradizione religiosa), né dopo la nascita, come afferma Scalfari (e la ragione illuministica) con la sua "bestia" originaria dalla mente riflessiva.

Materia biologica fetale, energia luminosa, attivazione della mente, cioè formazione della psiche umana: un percorso che non lascia alcuno spazio alle plurimillenarie fantasticherie sull’esistenza di un trascendente creatore, una teoria in grado di fondare un pensiero ateo “ad alto tasso eversivo” che, come abbiamo visto in questa lunga estate calda, non è mai esistito prima.

 

(fine)


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