Countdown per il Lodo Alfano, sale la paura fra i “berluscones”

par Pietro Orsatti
venerdì 18 settembre 2009

Giustizia Se la legge venisse respinta dalla Consulta, il premier si troverebbe ad affrontare processi e indagini oggi bloccate. L’Avvocatura dice che si potrebbero rischiare le dimissioni del governo, più probabili quelle del Guardasigilli
di Pietro Orsatti su Terra

L’avvocatura dello Stato ha presentato una memoria di più di cento pagine in difesa del Lodo Alfano, che tutela da qualunque procedimento il presidente del Consiglio e le alte cariche dello Stato. In particolare, spiegano gli avvocati, una decisione negativa della Consulta sul Lodo potrebbero causare «danni alle funzioni elettive» conducendo perfino alle «dimissioni» del premier. Per questo la Corte costituzionale dovrebbe evitare di avanzare eccezioni sul provvedimento in esame. Come può una sentenza della Corte provocare addirittura danni alle funzioni elettive nel nostro Paese? Semplice, perché se il Lodo decadesse Silvio Berlusconi si troverebbe a dover affrontare da subito processi e indagini su casi gravissimi come il processo Mills e la corruzione di senatori per far cadere il governo Prodi nel corso della precedente legislatura. Senza poi parlare di quello che sta avvenendo in questi ultimi mesi a Bari.

Quindi, costretto a difendersi da questi (e altri) provvedimenti, il premier non potrebbe affrontare la guida del Paese. Siamo dunque in dirittura di arrivo per quello che viene considerato uno dei più controversi capitoli del governo Berlusconi Ter, da tempo ultimo baluardo dei “berluscones” (e non solo) contro l’avanzata e lo strapotere dei soliti “farabutti” (magistrati e giornalisti in testa). E per evitare che la Consulta bocci il salvagente confezionato a Silvio Berlusconi dal ministro Angelino Alfano, da tempo si cercherebbe con ogni mezzo di trovare un atteggiamento favorevole all’interno del consiglio dei giudici costituzionalisti. Con ogni mezzo. A giugno, tanto per fare un esempio, due giudici costituzionali, Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano, sono stati al centro di polemiche per aver partecipato a una cena a casa di Mazzella, con Silvio Berlusconi e lo stesso Nino Alfano, nonostante entrambi sapessero di dover decidere sul caso Lodo in autunno. Mazzella era stato d’altronde ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi II, e definiva Berlusconi «un vecchio amico». Ma a quanto pare affidarsi solo ai vecchi amici, per i difensori del Lodo più universalmente criticato della storia repubblicana, non basta. E quindi l’intervento dell’Avvocatura e la minaccia di una crisi politica istituzionale per una norma che, ricordiamolo, fino a due anni fa non c’era. Di certo è che Angelino Alfano, in caso di una bocciatura, si troverebbe in una situazione difficile da gestire e probabilmente, come sembra abbia già fatto trapelare a amici e compagni di partito, a dimettersi. Un’ipotesi che potrebbe, questa sì, dare il via non a un rimpasto ma a una vera e propria crisi.

BOX – CIANCIMINO NON DEVE TESTIMONIARE

Respinta, a sorpresa, l’ipotesi di una testimonianza in aula di Massimo Ciancimino nella fase conclusiva del processo di appello, a Palermo, a Marcello Dell’Utri. La richiesta del procuratore generale Antonino Gatto è stata bocciata perché i ricordi del figlio di don Vito sono stati considerati dai giudici «contraddittori» e offrirebbero «un quadro confuso». Al contrario Gatto ritiene che la testimonianza avrebbe potuto «dimostrare la continuità dei rapporti intercorsi tra l’imputato e Cosa nostra siciliana». In particolare la testimonianza richiesta dal procuratore era relativa a una lettera che sarebbe stata ritirata personalmente dal dichiarante presso il villino di San Vito Lo Capo di Pino Lipari alla presenza di Bernardo Provenzano. Lettera che doveva essere recapitata al dottore Berlusconi per il tramite di Dell’Utri, contenete richieste esplicite e anche minacce nei confronti della vita del figlio del premier.


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