Cosa succederà in Italia dopo Wikileaks?

par Giacomo Lagona
martedì 30 novembre 2010

 

All’indomani della bufera mediatica lanciata da Wikileaks in collaborazione con Der SpiegelNew York TimesLe MondeEl Pais e The Guardian, in Italia si tirano le somme su quale danno sia stato fatto e se ci possono essere gli estremi per rimediare sia politicamente che legalmente.

Da Tripoli, impegnato in un summit con Gheddafi, Berlusconi si sfoga perché «qualcuno ha pagato le ragazze che parlano di me, perché io ai festini selvaggi (quelli sbattuti in copertina dallo Spiegel, ndr) non ci sono mai stato». Il premier continua attaccando: «Voglio fare un appunto: una volta al mese offro delle cene nelle mie case, dove tutto avviene in modo corretto, dignitoso ed elegante. Le cose che vengono dette fanno male all’immagine del nostro Paese» e le fonti che hanno scritto quegli appunti sono solamente «funzionari di terzo o quarto grado» aiutati dai «giornali della sinistra». E ancora, sulle ragazze che raccontano le notti di Arcore e Palazzo Grazioli: «Mi domando perché lo facciano. Sono infondate e incredibili. Una ragazza che si dichiara prostituta di fronte al mondo si preclude tutte le strade per un lavoro futuro, per trovare un marito. Allora – conclude il presidente del Consiglio – mi domando chi le ha pagate…». Un nome per la verità io l’avrei…

In tutto il mondo nessun leader ha pensato al complotto politico fine a sé stesso, Berlusconi invece innesca una polemica tutta italiana a cui siamo ormai abituati da tempo. Il ministro Franco Frattini, il quale in un rapporto segreto nutre forti dubbi sul doppio gioco della Turchia tra Iran e Europa, in missione diplomatica nel Golfo continua con l’attacco: «Molte notizie che abbiamo letto erano già uscite sulle prime pagine dei giornali di opposizione da molto, molto tempo». Continuando sulle policy del governo, lancia un avvertimento al Partito Democratico: «Non credo affatto che a Bersani o altri convenga speculare, essendovi notizie ancora incomplete che saranno presumibilmente arricchite con elementi riguardanti altri governi, non quello di Berlusconi». E su Julian Assange: «Vuole distruggere il mondo, il suo è terrorismo».

Chi invece ha cercato di dare una spiegazione meno complottistica è Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: «Il discorso di Wikileaks va per molti aspetti rovesciato. Il problema non sono tanto i giudizi dei funzionari delle ambasciate americane su personaggi e situazioni basati su informazioni spesso opinabili e del tutto superficiali perché redatti in termini del tutto confidenziali e quindi potendo prescindere anche da solide pezze d’appoggio. Il problema autentico è costituito dalla débâcle a cui è andata incontro la struttura diplomatica statunitense che è stata bucata e per molti aspetti beffata. È ancora da capire – continua Cicchitto – se ciò è stato determinato dall’intervento di strutture significative interne o esterne alla amministrazione americana. L’episodio è molto preoccupante per la funzione decisiva che gli Stati Uniti esercitano ai fini della stabilità mondiale e della lotta al terrorismo».

Dall’altra parte della barricata non si cerca lo scontro, bensì capire in che modo si può mettere una pezza a Berlusconi. «Indubbiamente quello che sta accadendo non è, come dire, edificante per le istituzioni ma una cosa è certa: sicuramente Berlusconi e i suoi ministri temono qualcosa di più grave ancora», dice Rosy Bindi. Leoluca Orlando dell’Idv invece chiede al governo di riferire in Aula sui rapporti tra Berlusconi, Putin e Gheddafi: «L’Italia ha perso la faccia e nessuno vorrà più avere rapporti con il nostro Paese».

L’analisi che si può fare va da una sola parte: anni fa Berlusconi sentenziò «aggressione georgiana» la guerra lampo tra Russia e Georgia; all’ingresso di Obama alla Casa Bianca Berlusconi lo apostrofò “abbronzato”; all’arrivo del nuovo ambasciatore a Roma David Thorne le sue parole furono per la poca libertà di informazione che c’è in Italia e sulla dipendenza energetica dalla Russia.

Finora gli Usa hanno detto che l’Italia è utile perché è uno dei pochi governi europei ad avere un buon rapporto con il governo di Netanyahu e con Egitto, Siria e Libano. Ciò non significa che le battute del premier o i rapporti strettissimi con Putin e Gherddafi siano passati inosservati, e i rapporti riservati pubblicati da Wikileaks sono la prova che nessuno, negli States, ha pensato di sorvolare sulle stravaganze del cavaliere.

La speranza a questo punto è che finiscano qui i resoconti segreti dei diplomatici stranieri in Italia, perché se saltassero fuori altri rapporti più compromettenti non è solo l’immagine di Berlusconi ad andarci di mezzo – che tra l’altro ormai ha poco da limitare – ma tutta l’Italia. E il male che ne comporterà non basterà la caduta o le dimissioni di Berlusconi a risolverlo.


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