Cosa succede a Milano? La Lega sull’orlo di una crisi di nervi

par Voltaire
giovedì 19 maggio 2011


E’ inusuale vedere un partito risoluto e deciso spesso spavaldo, frastornato e confuso. E’ la Lega di questi giorni post elettorali. In tuttti i comuni con più di 15000 abitanti è in forte calo, ha lasciato sul campo quasi un terzo dei consensi passando dal 15,1 al 10,7. A Varese capitale del leghismo il sindaco Attilio Fontana è costretto al ballottaggio, mentre a Gallarate la corsa solitaria per misurarsi con il Pdl si è rivelata un flop. La ferita che brucia di più comunque è Milano dove il partito di Bossi è passato dal 14,5 delle regionali al 9,6 delle amministrative.

La Lega ha tentato di minimizzare l'accaduto, prendendo come capro espiatorio l'attuale sindaco Moratti tanto che Calderoli a scrutinio finito dichiarava “a parte il risultato anormale del capoluogo lombardo, nel resto del Nord siamo andati bene”, i dati però dicono ben altro. Il malessere coinvolge tutte le realà locali ed è molto più profondo di ciò che hanno descritto i dirigenti del partito.

Il vicesindaco in pectore di Milano Matteo Salvini ha dichiarato “Si è sbagliato e quindi va chiesto scusa ai milanesi perché non si è fatta la campagna su Milano e sui suoi problemi” e “parlare del tribunale e delle BR è stata una fesseria”. Parole che fanno trasparire tutta l’irritazione per l’impostazione della campagna elettorale voluta dal Pdl.

La Lega Nord si trova in un cul de sac. Ha ingoiato tutte le leggi ad personam che gli ha propinato Berlusconi, ha dovuto accettare i bonbardamenti sulla Libia anche se non li condivideva, subisce la dialettica populista anti procure, le riforme tanto agnognate stentano ad arrivare e la propria base è in subbuglio. Tutto ciò si traduce con magri risultati alle urne.

Radio Padana è diventata lo “sfogatoio” delle insofferenze del popolo leghista che chiede la fine dell’allenza con Berlusconi. Ma Bossi non può compiere questo passo. E’ troppo compromesso con il potere romano, con le banche, con gli interessi costituiti, per rompere con il Pdl.

Per questo l’Umberto nazionale è passato ad assumere una strategia politica quasi democristiana, ondivaga. Cerchiobottista ed oscura. Dice e non dice. Lancia messaggi contradditori. Un giorno vuole far cadere il governo, il giorno dopo assicura il suo appoggio.

La mattina Milano rappresenta la madre di tutte le battaglie, il pomeriggio si può continuare a governare anche se si perde il ballotaggio nel capoluogo lombardo. Ieri in un sussulto di risoluta indecisione Bossi ha tuonato: prima "Al ballottaggio non ci sono rischi"; poi "A Milano? Abbiamo perso"; in seguito "Non fatevi illusioni" sulla tenuta del governo; per concludere "Di certo non ci faremo trascinare a fondo". 

Ma Ministro Bossi cosa vuol dire? I militanti del suo partito le chiedono di farla finita con Berlusconi, senza giri di parole. Lei invece tentenna come non mai.

Seguirà il popolo padano o continuerà a scorazzare con la sua auto blu per Roma? Per quanto ancora, continuerà ad utilizzare l’unica arma spuntata che le rimane minacciando di voler spostare alcuni ministeri al nord?

E chi lo comunicherà ai ministri padani, l’intenzione di lasciare Roma quando nella capitale si sono ambientati benissimo a forza di matriciana e di vino dei castelli?

Le risposte a quanto pare arriveranno dopo i ballottagi, se non si deciderà di vivacchiare. 

La doccia per la Lega è stata comunque fredda quasi gelata sicuramente inaspettata. Da 6 mesi Bossi minacciava Berlusconi, il governo e l’intero paese di provocare elezioni anticipate in cui il carroccio avrebbe fatto incetta di voti conquistando una “golden share” ancora più incisiva nel futuro governo. Stando ai dati delle elezioni amministrative però la Lega non fa piu’ paura a nessuno, forse solo a se stessa. Se non si sbriga a farla finita col governo attuale, rischia di disperdere tutta la rendita acquisita fino ad adesso.

Un 10,7 alle elezioni amministrative si tradurebbe in un 6% o 7% alle elezioni politiche su scala nazionale, che vale quanto il minimo che può racimolare il cosidetto “Terzo Polo” che potrebbe diventare un insidioso contendente per la partnership con il PdL. Addio sogni di gloria.

Bossi forse per la prima volta ha sbagliato i suoi calcoli scommettendo sul cavallo e sul cavaliere sbagliato. 

Le elezioni politiche del 15 e del 16 maggio scorso ci lasciano una delle immagini più belle della politica degli ultimi anni: il capo della Lega asseragliato nella sede di via Bellerio a Milano che sbuffa dalle narici il fumo del suo toscano misto a rabbia e senso di sconfitta, rimanendo muto per ore dinanzi al responso dello scrutinio.

E’ il bello della democrazia. E’ il bello di aver coscienza che il popolo italiano è disposto a sopportare tutto ma non una classe dirigente che ha fatto del Parlamento e della democrazia italiana un bivacco degli interessi di un sol uomo: Silvio Berlusconi.

Milano tra meno di due settimane (ri)facci sognare.


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